Anche il consenso informato al vaccino Covid è un atto medico
di A.Coluccia, M.Gabbrielli, G.Gualteri
Tuttavia, sia nella prima che seconda versione del modulo di consenso si parla genericamente di professionisti o personale sanitario ma senza mai specificare che ci debba essere un medico a raccogliere l’avvenuto consenso. Una lacuna da colmare
02 FEB - La legge 219/17 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” nel rispetto dei principi di cui agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e della convenzione di Oviedo, tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all'autodeterminazione della persona e recita che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.
Al comma 2 la legge promuove e valorizza la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico basata sul consenso informato, punto di incontro tra l’autodeterminazione del paziente e l'autonomia professionale e la responsabilità del medico, riconoscendo il contributo alla relazione di cura degli altri esercenti una professione sanitaria che compongono l'equipe sanitaria. Viene perseguito il fine che ogni persona conosca le proprie condizioni di salute e sia informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché, riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell'eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell'accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi.
La normativa è quindi chiara nella suddivisione delle competenze: riconosce il ruolo imprescindibile del medico nella informazione, nella raccolta e nella documentazione del consenso e dell’iter diagnostico-terapeutico, riconoscendo il ruolo degli altri esercenti una professione sanitaria che, a vario titolo e con differenti competenze, intervengono nel processo di cura (quasi sempre attività non di un singolo, ma di una equipe).
Il Ministero della Salute nell’affrontare la questione vaccinazione antiCOVID19 ha giustamente posto in primo piano il tema della informazione (prima) e della acquisizione del consenso (dopo) del vaccinando, ma non ha riconosciuto il ruolo imprescindibile del medico il solo soggetto giuridico legittimato a firmare il consenso insieme al paziente.
Il Ministero della Salute ha elaborato due versioni del modulo di consenso per l’impiego del vaccino Pzifer-Biontech COVID-19, la prima datata
24.12.2020, la seconda
13.01.2021.
In entrambi i moduli di consenso ministeriale si parla infatti genericamente di professionisti sanitari. A pag. 5 della prima versione è riportato “In presenza di due Professionisti Sanitari addetti alla vaccinazione ho posto domande in merito al vaccino e al mio stato di salute ottenendo risposte esaurienti e da me comprese” e a pag. 7 sotto la voce “Personale Sanitario che ha effettuato la vaccinazione” sono previsti due spazi per la firma del personale sanitario, senza che sia esplicitata la necessità che una delle due firme sia di un medico.
Nella seconda versione del modulo di consenso, a pag. 7, la voce “Personale Sanitario che ha effettuato la vaccinazione” è stata sostituita con “professionisti sanitari dell’equipe vaccinale”.
Come si vede, il modulo di consenso, in nessuna delle due versioni, prevede quindi uno spazio specificatamente dedicato alla firma di un medico come tale, essendo riportata la dizione generica di personale sanitario o di professionisti sanitari.
Questo significa che seguendo le indicazioni del modulo di consenso ministeriale, lo stesso potrebbe essere firmato da due professionisti sanitari non medici. Si tratta di un vizio non solo formale, ma sostanziale, in assenza della firma del medico il consenso non presenterebbe le qualità richieste dalla legge 219/17 per essere riconosciuto giuridicamente valido, in quanto il medico ha specifiche competenze nella prescrizione a fini di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione che, come previsto dall’articolo 13 del codice di deontologia medica, rappresentano una diretta, specifica, esclusiva e non delegabile competenza del medico.
Il vaccino, difatti, è un farmaco, la cui prescrizione, così come la valutazione di eventuali controindicazioni, è un atto medico. L’articolo Art. 35, sempre del codice di deontologia medica, recita che “L’acquisizione del consenso o del dissenso è un atto di specifica ed esclusiva competenza del medico, non delegabile. Il medico non intraprende né prosegue in procedure diagnostiche e/o interventi terapeutici senza la preliminare acquisizione del consenso informato o in presenza di dissenso informato. Il medico acquisisce, in forma scritta e sottoscritta o con altre modalità di pari efficacia documentale, il consenso o il dissenso del paziente, nei casi previsti dall’ordinamento e dal Codice e in quelli prevedibilmente gravati da elevato rischio di mortalità o da esiti che incidano in modo rilevante sull’integrità psico-fisica”.
Inoltre, far precedere la firma dei due sanitari dalla dizione “Personale Sanitario che ha effettuato la vaccinazione” potrebbe indurre alla erronea interpretazione operativa che tali firme possano essere apposte anche dopo che il personale sanitario ha effettuato la vaccinazione quando, invece, dovrebbero essere precedenti a tale atto attestando l’acquisizione di un valido consenso.
Tale dicitura nella seconda versione è stata sostituita con “professionisti sanitari dell’equipe vaccinale” superando la possibilità di un atto postumo, ma non sono stati chiariti i ruoli all’interno dell’equipe vaccinale, lasciando di nuovo dedurre che sia indifferente il ruolo del professionista che raccoglie il consenso del vaccinando.
Effettivamente anche la dizione “Confermo che il Vaccinando ha espresso il suo consenso alla vaccinazione, dopo essere stato adeguatamente informato” fa pensare che si sia più alla ricerca di testimoni che dell’intervento di un medico con la collaborazione degli altri esercenti la professione sanitaria, garantisca una corretta informazione riguardo ai benefici e ai rischi dei trattamenti sanitari, nonché' riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze di un eventuale rifiuto degli stessi, come invece recita la legge.
Lo stesso uso generico del termine sanitari è presente al punto 4 dell'Allegato 1 "Vaccinazione anti-COVID 19 Nota Informativa" che, nella prima versione, riporta “
Il vaccino non può essere somministrato alle donne in gravidanza e in fase di allattamento”, mentre nella seconda
, “in base alle attuali conoscenze scientifiche la somministrazione del vaccino non può essere raccomandata né controindicata alle donne in gravidanza e in fase di allattamento. La somministrazione del vaccino potrà essere effettuata solo successivamente all'analisi, caso per caso con la figura professionale sanitaria di riferimento, dei potenziali rischi e dei potenziali benefici per la madre, il feto e il neonato.” Quale dovrebbe essere la figura professionale di riferimento se non un medico?
Infine, lascia perplessi che nella scheda anamnestica, prevista quale allegato 2 del consenso, non sia prevista la firma del vaccinando e del medico che ha raccolto l’anamnesi.
Non appare appropriato l’utilizzo generico del termine professionista sanitario all’interno di procedure operative in cui siano richieste specifiche ed esclusive competenze professionali: in tali casi deve essere specificato il ruolo del professionista sanitario coinvolto identificando così le sue competenze, momento fondamentale per chiarire le relazioni professionali e le conseguenti responsabilità dei professionisti sanitari nel contesto organizzativo entro il quale gli attori del processo clinico-assistenziale sono chiamati ad operare.
Le evidenti criticità presentate dai consensi informati ministeriali ribadiscono l’importanza della presenza della medicina legale all’interno dei processi di management sanitario, per il suo fondamentale contributo nell'interpretazione delle norme e nella loro applicabilità dal punto di vista medico a garanzia della legittimità degli atti sanitari e quindi della sicurezza del paziente.
Al livello locale sarebbe opportuna, in attesa che il Ministero provveda alle auspicate modifiche, una attivazione da parte degli enti somministratori; in questa direzione ha operato la Azienda Ospedaliera Universitaria Senese che ha provveduto a fornire ai professionisti sanitari impegnati nella vaccinazione le indicazioni per una corretta compilazione dei moduli di consenso.
Anna Coluccia e Mario Gabbrielli
Professori ordinari di Medicina legale, Università di Siena
Giacomo Gualteri
Dirigente medico, AOU Senese
02 febbraio 2021
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