Oltre le RSA: come colmare gap tra domanda e risposta assistenziale
di G.Liotta, L.Palombi, M.C.Marazzi
L'esperienza del programma “Viva gli Anziani” della Comunità di Sant'Egidio che segue in Italia oltre 20.000 anziani. La novità è anzitutto nell’approccio universalistico e pro-attivo: tutti gli anziani ultra80enni residenti nell’area nella quale il programma sceglie di operare, in accordo con l’amministrazione municipale di riferimento, vengono contattati per sapere se desiderino essere coinvolti
22 MAG - L’epidemia da COVID-19 ha messo in luce le difficoltà del nostro sistema assistenziale ancora troppo centrato sulle strutture residenziali o ospedaliere e poco incline a sviluppare interventi territoriali. Emerge infatti in maniera sempre più circostanziata che le strutture territoriali per eccellenza, le Residenze Sanitarie Assistenziali, hanno mostrato una allarmante inadeguatezza a fronteggiare la crisi, favorendo, invece di contrastare, la diffusione dell’epidemia sia tra gli ospiti che tra il personale.
Il Ministro Speranza ha annunciato l’assunzione di poco meno di 10.000 infermieri di comunità per sviluppare un intervento di monitoraggio territoriale, un provvedimento realmente innovativo che si propone di riportare il contrasto all’epidemia più vicino ai luoghi della vita quotidiana. E’ fortemente auspicabile che questo gruppo di infermieri di comunità, una volta conclusa l’emergenza, trovi collocazione definitiva negli organici ed avvii una riforma dell’assistenza territoriale dal basso, incidendo sulla valutazione ed il controllo dei principali fattori di rischio per la crescita della domanda assistenziale quali la fragilità, la malnutrizione, la polifarmacoterapia, il rischio di incidenti domestici, il declino funzionale. Tuttavia, proprio nella prospettiva di dare incisività a questa presenza è necessario chiarire che anche la figura dell’infermiere di comunità, pur essendo profondamente innovativa, può non essere sufficiente a colmare il gap tra domanda e risposta assistenziale.
In particolare va tenuto presente il rischio di isolamento sociale che grava su una percentuale non indifferente della popolazione anziana del nostro paese. Nel 2018 oltre il 25% degli ultra65enni ha dichiarato di non avere nessuno su cui contare in caso di necessità (1). E’ evidente che in questi casi qualsiasi supporto rischia di essere vanificato da questo vuoto di reti che rende difficile qualsiasi processo assistenziale, che non sia accompagnato dalla presa in carico del paziente, cioè dal farsi carico in toto dei suoi problemi assistenziali, senza sostituirsi al paziente stesso, ma assicurandosi che si trovi per ogni problema una risposta, o almeno una proposta di risposta.
La carenza di risorse sociali si accompagna ad un aumento di circa 12 volte del rischio di ricorrere ai servizi ospedalieri (ricovero o accesso al Pronto Soccorso) a parità di condizioni cliniche (2). La carenza di risorse economiche e l’isolamento sociale negli anziani sono stati associati ad un aumento della mortalità in particolare durante le ondate di calore (3). Anche in questa ultima crisi legata alla pandemia da COVID-19 la frammentazione sociale è stata associata ad una maggiore diffusione dell’infezione tra gli ultra80enni (4) e ad una più alta mortalità.
Molto opportunamente il Ministero della salute ha previsto di integrare gli infermieri di comunità con un gruppo di assistenti sociali. Anche in questo caso è auspicabile una stabilizzazione di questi inserimenti che prefigurano una collaborazione sul territorio opportuna e necessaria. L’approccio contiene in sé ottime possibilità di successo: di integrazione socio-sanitaria si parla da decenni senza che se ne sia vista una realizzazione efficace, fatte salve poche, lodevoli quanto isolate, eccezioni. Partire dal basso, dalla collaborazione sul campo nella speranza di poter estendere tale approccio oltre l’emergenza appare una via ragionevolmente percorribile.
Tuttavia si vuole qui porre l’attenzione sulla necessità di sviluppare un modello replicabile, appunto, al di la della crisi epidemica, che abbia in sé le potenzialità per generare, quando ve ne sia bisogno, o semplicemente sostenere, reti sociali intorno agli individui più fragili ed alle loro famiglie.
In particolare si desidera fare riferimento al modello di integrazione socio-sanitaria territoriale portato avanti dal Programma “Viva gli Anziani!” della Comunità di Sant’Egidio. Si tratta di un programma di monitoraggio attivo della popolazione ultra80enne residente al proprio domicilio, che è attualmente operante a Roma, Novara, Genova, Napoli, Brindisi, Sassari, Amatrice e Civitavecchia. Il programma segue in Italia oltre 20.000 anziani e rappresenta dal 2003 una consolidata quanto innovativa realtà del panorama assistenziale italiano. La novità è anzitutto nell’approccio universalistico e pro-attivo: tutti gli anziani ultra80enni residenti nell’area nella quale il programma sceglie di operare, in accordo con l’amministrazione municipale di riferimento, vengono contattati per sapere se desiderino essere coinvolti.
Si riesce cosi a raggiungere tutti, prevenendo quelle problematiche degli anziani che per anni non si rivolgono ai servizi pur avendone necessità e che poi improvvisamente manifestano un bisogno di assistenza cosi complesso e profondo da non poter essere risolto in pochi giorni. Ad esempio questo succede quando un anziano ricoverato in ospedale deve essere dimesso e non può tornare a casa a causa di difficoltà nelle attività della vita quotidiana e contemporanea scarsezza di supporto sociale. Si apre cosi la strada ad un’istituzionalizzazione costosa per il sistema pubblico quanto sgradita al cittadino.
L’approccio pro-attivo permette di avere notizia di queste situazioni quando sono ancora in equilibrio, seppur precario, in modo da poter creare le condizioni che rafforzino l’equilibrio stesso, prevenendone la perdita. Al primo contatto, in caso di accettazione, fanno seguito:
1. la valutazione multidimensionale della fragilità che stabilisce la frequenza dei successivi contatti
3. la stesura di un piano di assistenza individualizzato per trovare soluzioni sia ai problemi più urgenti che a quelli a lungo termine, siano essi sanitari, sociali, economici o di altro genere.
4. l’implementazione del suddetto piano accompagnata dalla misurazione dell’efficacia dei risultati
5. la rivalutazione periodica della domanda e della risposta assistenziale che permette di modificare con flessibilità l’impegno del programma nei confronti del singolo cittadino.
In ognuna di queste 4 fasi è previsto l’intervento dell’infermiere di comunità se appropriato, come pure dei servizi di telemedicina supportati da un programma informatico che facilita la gestione delle attività quotidiane.
Il programma inoltre svolge altre due funzioni: la prima e quella che riguarda le reti sociali che vengono generate intorno agli individui più fragili ed isolati attraverso l’attivazione di tutte le risorse disponibili: si tratta di negozianti o vicini di casa che danno la loro disponibilità a collaborare con il programma in modo volontario e che si affiancano agli operatori del programma avviando relazioni amicali e talvolta intervenendo in emergenza (una febbre che non permette all’anziano di uscire, di cucinare, di rispettare una scadenza di pagamento etc).
Si riesce cosi in molti casi a creare una rete di protezione anche intorno a soggetti definibili ‘hard to reach’ perché profondamente isolati ed invisibili ai servizi tradizionali. La seconda è quella che si svolge nel quartiere dove opera il programma: gli operatori sono riconoscibili nella loro attività attraverso un tesserino, sono conosciuti e conoscono le risorse ed i servizi disponibili per gli anziani e spesso suscitano ulteriori disponibilità nell’incontro con gli abitanti ed i commercianti del quartiere. Nel periodo dell’emergenza covid-19 gli interventi si sono moltiplicati e adattati proprio per venire incontro alla necessità di tanti anziani di rimanere a casa per proteggersi meglio dall’infezione (ad esempio la spesa a domicilio).
D’altra parte “Viva gli Anziani!” è un programma particolarmente efficace proprio nelle emergenze essendo nato in risposta alle ondate di calore estive per contrastare l’isolamento sociale, ed avendo esteso poi la propria azione a tutto l’anno in modo da accompagnare le situazioni di fragilità, per ridurre i fattori di rischio di eventi negativi. Ancora oggi durante le ondate di calore vengono contattati tutti gli anziani proprio per poter intercettare chi ha maggiormente bisogno, con un modello di intervento durante le emergenze che ha mostrato efficacia nell’assorbire l’impatto dovuto alle crisi di varia origine.
Infatti ”Viva gli Anziani!” ha dimostrato di ottenere risultati significativi in termini di contenimento degli incrementi di mortalità in corso di ondata di calore (5); riduzione dei ricoveri ospedalieri siano essi singoli o multipli (6); riduzione dei ricoveri in RSA/casa di riposo (7), riduzione della mortalità da COVID (8). Proprio la sinergia tra sociale e sanitario rappresenta la chiave per l’efficacia del programma garantendo a qualsiasi intervento una matrice fatta di rapporti sociali che incrementa la resilienza dell’anziano e dei curatori formali ed informali. La sua adattabilità a contesti diversi (inclusa l’esperienza post-terremoto ad Amatrice) è stata testata in città di diverse dimensioni con risultati analoghi.
Oggi il bisogno di un modello nuovo di gestione dell’assistenza territoriale è particolarmente sentito dopo la dolorosa esperienza dell’epidemia COVID-19. La sinergia tra sociale e sanitario si propone come un asse portante di questo nuovo modello a patto che esso sia sviluppato a partire dall’esperienza sul campo prima che da complessi accordi normativi spesso privi di aderenza alla realtà.
Il programma “Viva gli Anziani!” ne propone uno, che ha già mostrato efficacia a costi particolarmente contenuti: 81 euro per persona per anno, cioè poco più i 20 centesimi al giorno (7). Ve ne sono sicuramente altri, si tratta di implementarli allo scopo di migliorare la qualità della vita dei cittadini e la sostenibilità del sistema dell’assistenza nel medio-lungo termine. La questione emersa drammaticamente in questi mesi a causa dell’infezione COVID-19 offre una possibilità di cambiamento del modello di assistenza territoriale che può coinvolgere pubblico e privato in uno sviluppo anche economicamente promettente per l’impiego di nuova occupazione e tecnologia nei servizi di sostegno alla fragilità.
Giuseppe Liotta1, Leonardo Palombi2, Maria Cristina Marazzi3
1Programma “Viva gli Anziani! – Comunità di Sant’Egidio
2 Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
3Università LUMSA, Roma
Bibliografia
1. ISTAT. Rapporto annuale 2018 - La situazione del paese. disponibile all’indirizzo: https://www.istat.it/it/archivio/214230
2. F Gilardi, P Scarcella, MG Proietti et al. Frailty as a predictor of mortality and hospital services use in older adults: a cluster analysis in a cohort study. European journal of public health 28 (5), 842-846
3. DEP-Lazio. Effetti sulla salute della temperatura e delle ondate di calore. Disponibile all’indirizzo file:///D:/Users/Giovani/Downloads/Piano_Operativo_Regionale_caldo_e_salute_Regione_Lazio_2008.pdf
4. Liotta G, Marazzi MC, Orlando S, Palombi L (2020) Is social connectedness a risk factor for the spreading of COVID-19 among older adults? The Italian paradox. PLoS ONE 15(5): e0233329. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0233329
5. Liotta, G.; Inzerilli, M.C.; Palombi, L.; Madaro, O.; Orlando, S.; Scarcella, P.; Betti, D.; Marazzi M.C. Social Interventions to Prevent Heat-Related Mortality in the Older Adult in Rome, Italy: A Quasi-Experimental Study. Int. J. Environ. Res. Public Health 2018, 15, E715.
6. G Liotta, MC Inzerilli, L Palombi, A Bianchini, L Di Gennaro, O Madaro, et al Impact of social care on Hospital Admissions in a sample of community-dwelling older adults: Results of a quasi-experimental study. Ann. Ig 30, 378-386
7. MC Marazzi, MC Inzerilli, O Madaro, L Palombi, P Scarcella, Orlando S, Maurici M, Liotta G. Impact of the Community-Based Active Monitoring Program on the Long Term Care Services Use and In-Patient Admissions of the Over-74 Population. Advances in Aging Research 2015, 4, 187-194
8. Palombi L, Liotta G, Emberti Gialloreti L, Marazzi MC. Does the COVID-19 pandemic call for a new model of elderly care? Frontiers, in corso di pubblicazione.
22 maggio 2020
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