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Quale sanità, quale medicina/3. Brandi (Asl FI): “Alla medicina serve una filosofia”


Dopo Benato (Fnomceo) e Delvecchio, (Asl BG), un altro contributo sulla lettera di Firenze. Per Gemma Brandi (Resp. Salute Mentale Adulti), "il futuro è un’arte medica ampliata a partire dalla forza di un sapere solido, appannaggio di chi non perde cinicamente la speranza e sa infonderla”.

06 FEB - C’è da essere grati al Centro Oncologico Fiorentino per avere colto il rilievo della parola salute che inscrive nel suo logo. Credo che stia in questo termine la chiave di volta dei problemi oggi qui sollevati più che opportunamente, per quanto la doxa rischi di svuotare di significato un significante così denso, proprio per ripeterlo senza catturarne il potenziale rivoluzionario.

Non senza avere chiamato a mio angelo custode Leon Battista Alberti e quel suo felice simbolo - un occhio alato che poggia su un quesito mai pago: Quid tum? - provo a rispondere agli interrogativi che la tavola rotonda pone: le aspettative in divenire dell’esigente e il dafarsi sostenibile.

Sono dell’idea che questa sia la posizione del cittadino rispetto alla medicina da una parte, alla sanità dall’altra, intesa come insieme di operatori sanitari: sfiducia sul fronte del sistema pubblico, con meraviglia per la occasionale qualità incontrata, delusione sul fronte privato, per lo scarto tra annunci e risultati. È, l’esigente, un uomo cui abbiamo tolto l’ingenuità, l’essere nella genuinità, e dunque la fiducia negli organi della cura.

Cosa vorrebbe questo personaggio disilluso e deluso?

1) Qualità. Robert Pirsig, nel suo Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, introduce al concetto di qualità, un insieme di entusiasmo e di modesto apprendistato, un cammino che conduce al to be competent/to be respondent, all’essere competenti per rispondere delle proprie azioni terapeutiche, per essere di fatto responsabili.

2) Ascolto che curi. George Dumezil ha teorizzato l’esistenza di una struttura tripartita, trifunzionale, autoriproducentesi alla base di ogni attività umana. I tre rami che la sostengono sono sovranità e sacro, forza e violenza, le virtù delle piante. All’interno dell’agire medico la sovranità e il sacro sono rappresentate dalla parola che cura, la forza e la violenza trovano espressione nella chirurgia, le virtù delle piante stanno dietro a pozioni e unguenti. La psichiatria, figlia della medicina e della giustizia, si è appropriata della parola come strumento terapeutico, depauperando involontariamente gli altri ambiti del sapere medico, ma a distanza di due secoli dalla sua alba, sembra andare perdendo anch’essa la fiducia nella parola che cura. Proprio per questo teme l’avvento della filosofia negli spazi sanitari, quando invece la filosofia potrebbe salvare la salute mentale dal rischio di essere riassorbita nel biologismo che ha investito l’intera medicina occidentale.

3) Guida. La triturazione del sapere medico in specialismi che non comunicano e la perdita di una visione solipsistica della cura hanno creato un incolmato vuoto proprio laddove l’esigente reclama un terapeuta in grado di disegnare il percorso in uscita dalla malattia.

4) Individualizzazione. Il protocollo validato da un apparentemente rassicurante Evidence Based Medicine è di aiuto più al medico che al malato, visto che curare tutti allo stesso modo non coincide con il dare a tutti la stessa cura.

5) Attivazione. La passivizzazione dell’esigente non paga, non persuade un soggetto sempre più informato e in cerca di indicazioni non superficiali e approssimative.

6) Sanitarizzazione necessaria. Filtrare la domanda di salute è un bisogno sia degli organismi sanitari che dell’esigente, il quale ha imparato a giovarsi anche del rifiuto della domanda di cura, quando questa appare superflua o dannosa secondo il competente che risponde alla sua richiesta.

7) Prevenzione. Sono stati costruiti monumenti alla prevenzione, i cosiddetti Dipartimenti di Prevenzione, il cui carattere generico, protocollare, scollato dalla attività clinica ha determinato un impoverimento progressivo della capacità di prevenire la malattia propria di colui che ne ha una conoscenza sperimentale.

8) Salute. Il concetto di salute va ben oltre quello di sanità, che aveva superato quello di medicina. La salute è un soggetto ancor più interdisciplinare della sanità, che pure aveva chiamato in causa la multiprofessionalità in luogo della sola figura del medico quale detentore della cura. E’ stata la salute mentale ad usare per prima il concetto di salute, proprio perché la forza della rivoluzione basagliana consisteva nel comprendere che, un problema complesso come la malattia mentale, non si poteva affrontarlo in maniera semplificata. E l’Ospedale Psichiatrico, fatto di medici e infermieri, era appunto un risposta semplificata a un problema complesso.

Come rispondere alle esigenze dell’esigente, tenendo presente l’attuale impossibilità di spreco?

1) Confucio sosteneva che il Paese in decadenza deve fare appello ai suoi talenti migliori. Del pari Marco Aurelio sosteneva che quello che non è utile all’alveare non può esserlo neppure all’ape. I tempi sono maturi perché si opti per forme diverse di reclutamento del personale sanitario, specie nei ruoli apicali: una scelta che comporterebbe un lauto risparmio di risorse e di vite. All’etica del reclutamento dovrebbe fare eco la rinuncia alla promozione pubblicitaria dei sistemi sanitari, che soddisfa questa o quella ideologia.

2) E’ tempo di valorizzare contributi provenienti da altre culture, occidentali e orientali, che abbiano mantenuto un rapporto stenico con la parola.

3) Occorre costruire checklist integrate che rassicurino anche il medico protocollare. Si risponde alla complessità con la composizione e non con la triturazione del sapere o la oversemplification. D’altra parte, il principio precauzionale dovrebbe indurre il medico a non disdegnare metodi di cura, ancorché questi non abbiano superato la barriera degli studi clinici controllati, ma abbiano dimostrato di essere potenzialmente utili e non dannosi, ricordando che anche i protocolli più controllati funzionano solo in un numero percentuale di casi.

4) Vanno costruite équipes di orientamento personalizzato alla cura, attente alle conoscenze che puntano alla modifica del terreno, essendo le terapie lente assai più utili nelle malattie croniche di quanto non siano le pratiche di intervento occidentali, assolutamente efficienti per le forme acute di sofferenza, ma deboli nella gestione della cronicità.

5) Il consenso informato deve diventare uno strumento di emancipazione dei malati da forme passivizzanti della cura. Serve una informazione che arricchisca l’operatore e l’esigente, allargando le pretese di salute dell’uno e dell’altro e orientando l’uno e l’altro verso campi meno sanitari della costruzione di salute, aiutandoli ad emanciparsi da dipendenze che danneggiano il terreno più che nutrirlo, favorendo la attivazione di chi si trova in desease, di chi non è at ease, da rendere progressivamente capace di occuparsi della propria salute sotto la guida di un team  sanitario. E’ indispensabile ricominciare a credere nelle potenzialità di guarigione dell’individuo, per ridurre un assistenzialismo che deprime questa energia intrinseca da suscitare e coltivare.

6) Promuovere un lavoro di équipe che filtri e orienti la domanda di salute, sanitarizzando il minimo indispensabile, anziché moltiplicare la domanda di cura attraverso promesse politiche di circostanza.
   1) Favorire il ritorno a forme di prevenzione non centralizzate.
   2) Sviluppare gli interventi interdisciplinari a tutti i livelli e optare per la territorializzazione della cura, a scapito della costruzione a oltranza di quei mausolei alla malattia che sono gli ospedali.

Il futuro è un’arte medica ampliata a partire dalla forza del late style di un sapere solido, appannaggio di chi non perde cinicamente la speranza e sa infonderla, non la speranza in una vita eterna, ma in una vita buona anche se si fosse portatori di una diagnosi agghiacciante, la speranza di riuscire a trasformare un handicap in un vantaggio, la speranza di riguadagnare la smarrita quanto salutare fiducia nel curante.


Gemma Brandi
Responsabile della Salute Mentale Adulti Firenze 4
Direttore della rivista Il reo e il folle


 

06 febbraio 2012
© Riproduzione riservata


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