Speciale. Relazione stato sanitario. Ecco l'identikit della salute italiana. Le luci e le ombre nel rapporto presentato da Balduzzi
Siamo un paese longevo, anche se in alcune Regioni, Campania in testa, l'aspettativa di vita è più bassa della media. Malattie cardiovascolari e cancro le prime due cause di morte. Preoccupa la crescita del diabete. Si diventa mamma dopo i 30 anni. Siamo troppo sedentari e con il vizio del fumo. Ecco la relazione.
13 DIC - L’Italia continua a mantenere il primato di Paese più longevo. Siamo in buona salute e sempre più anziani. Nel 2008, la speranza di vita alla nascita, è arrivata a ben 78,8 anni per gli uomini e a 84,1 per le donne. Un ulteriore piccolo passo in avanti rispetto al 2006 quanto questa si attestava a 78,4 e 84 anni. Un grande balzo in avanti rispetto agli anni ’90 quando le speranze di vita erano di 74 anni per i maschi e di 80 per le femmine.
Un miglioramento evidente dello stato di salute degli italiani quindi, che si accompagna all'inevitabile crescita dell’indice di vecchiaia, ossia al rapporto tra popolazione di over65 e quella con meno di 15 anni: il 1° gennaio 2011 era pari al 144,5 %, con un incremento di circa l’1,5% rispetto al 2010 quando era al 143%. E così gli over 65 hanno raggiunto il 20,3% della popolazione, mentre gli under 14 sono soltanto il 14%. Nessuna Regione è esente, il processo di invecchiamento interessa, infatti, tutte le realtà locali in particolare quelle settentrionali e centrali.
Del resto due indicatori danno il senso di questo progresso: dal 1980 ad oggi la mortalità generale si è dimezzata e quella infantile (già bassa) si è ulteriormente ridotta del 22% per i maschi e del 24% per le femmine.
A scattare la fotografia della salute del Bel Paese è la
Relazione sullo stato sanitario del Paese 2009-2010, presentata questa mattina al ministero della Salute.
La Relazione conferma un’Italia sostanzialmente in buona salute. E anche per merito del suo sistema sanitario. Che continua a ricevere l’apprezzamento degli italiani. Le esperienze raccolte tra i cittadini che nell’ultimo anno hanno ricevuto cure ospedaliere in regime di ricovero indicano che in larghissima maggioranza i pazienti sono soddisfatti. Rimane il nodo delle Regioni meridionali in termini di presenza degli ospedali e dei pronto soccorso e di quelle del Centro quanto concerne i tempi di attesa ai servizi ospedalieri e di emergenza. Decisamente più critiche le valutazioni rispetto ai nuovi servizi territoriali, e in particolare alle aree di integrazione sociosanitaria e di sostegno alle cronicità.
Ecco in sintesi i punti più qualificanti della Relazione.
Struttura demografica
La popolazione italiana ha superato al 1° gennaio 2011 il traguardo storico dei 60 milioni di abitanti, esattamente 60 milioni e 626.442 unità. Il Nord è il più popolato con, 27 milioni e 700mila residenti, pari al 45,8% del totale. Al Centro sono, invece, quasi 12 milioni, il 19,7%, mentre nel Mezzogiorno sono quasi 21 milioni, pari al 34,5%. Gli stranieri residenti nel nostro Paese sono circa 4 mln e 500 mila, con un incremento di 335.258mila persone rispetto all’anno precedente e rappresentano il 7,5% della popolazione totale.
Aspettativa di vita e indice di vecchiaia
In Italia si vive sempre di più: la speranza di vita alla nascita nel 2008 è di circa 78,8 anni per gli uomini e di 84,1 per le donne (era di 74 anni per gli uomini e di 80 per le donne nei primi anni ’90, a 78,4 e 84 anni, rispettivamente per gli uomini e per le donne, nel 2006). Mentre a 65 anni si stima una sopravvivenza di 17,9 per gli uomini e 21,6 anni per le donne. Il divario tra uomini e donne, rimane quindi elevato e pari a 6 anni. Un differenziale che tuttavia si riduce quando si ragiona in termini di qualità della vita. E così nel 2007, sebbene le donne abbiano una vita media di 5,5 anni più elevata degli uomini (84,2 anni rispetto ai 78,7), hanno in media 6,4 anni in più da vivere con disabilità (22,3 anni rispetto ai 15,9).
Comunque le donne italiane sono tra le più longeve d’Europa: il valore di 84,2 anni è di pochissimo più basso di quello delle spagnole (84,3 anni) e della francesi (84,9 anni). Gli uomini invece sono terzi solo agli islandesi e agli svedesi.
Nel 2010 la differenza tra nascite e decessi ha registrato un saldo negativo di 25.544 unità. Il numero dei nati vivi nel 2010 è di 562mila bambini per un tasso di natalità pari a 9,3 per mille abitanti. I decessi sono 587.488 per un tasso di mortalità pari a 9,7 per mille abitanti. Dal secondo dopoguerra a oggi, è il livello di mortalità più alto dopo il 2009 a conferma del profondo processo di invecchiamento della popolazione italiana.
E infatti è cresciuto l’indice di vecchiaia (rapporto tra popolazione di over65 e quella con meno di 15 anni): il 1° gennaio 2011 è del 144,5 %, con un incremento di circa l’1,5% rispetto al 2010 (era al 143%). Il processo di invecchiamento interessa tutte le Regioni, particolarmente quelle settentrionali e centrali. Gli over 65 hanno raggiunto il 20,3% della popolazione, mentre gli under 14 sono soltanto il 14%.
Le Regioni dove si vive di più …
I miglioramenti delle aspettative di vita ci sono stati, seppure con entità diverse, in tutte le Regioni e sono stati generalmente più alti nelle Regioni inizialmente più svantaggiate e, anche se rimane una forte cograduazione tra il 2008 e il 2001, diminuisce la forbice tra gli estremi.
Il quadro migliore è quello della regione Marche, con un tasso di mortalità più basso per entrambi i sessi. Per le sole donne è comunque Bolzano a presentare il dato migliore con una speranza di vita femminile di 85,2 anni. Tra le Regioni che hanno avuto miglioramenti importanti per entrambi i sessi c’è la Regione Sardegna.
… e di meno.
Spetta invece alla Campania il titolo di Regione con la più alta mortalità d’Italia sia per gli uomini sia per le donne. Tradotto in termini di speranza di vita vuol dire che un uomo campano vive 1,6 anni in meno della media italiana ma 2,6 anni in meno di un marchigiano e una donna campana 1,5 anni in meno rispetto alla media nazionale ma ben 2,6 in meno rispetto a una donna di Bolzano.
Cause di morte e malattie
Il 70% dei decessi (396.692 nel 2008) sono dovuti a tumori e patologie cardiovascolari.
E per la prima volta nel 2008, le malattie cardiovascolari diventano per gli uomini la prima causa di morte (97.953 decessi su 281.824 totali), superando i tumori (97.441). Mentre per le donne le patologie circolatorie sono la causa preminente (43%), i tumori invece si attestano sul 25%. La terza causa di morte è rappresentata dalle malattie dell’apparato respiratorio: al 7% tra gli uomini (dato in leggera flessione rispetto alla relazione 2008-2009), e al 6% tra le donne in leggero aumento rispetto al passato ( 5,4) ). Gli uomini muoiono poi per cause violente (5%) le donne per malattie endocrine e del metabolismo (5%), in particolare per diabete mellito responsabile da solo del 4% dei decessi femminili. La mortalità per tumori e quella per malattie del sistema circolatorio è più evidente nelle Regioni più industrializzate del Paese in termini di mortalità per tumori e a sfavore delle Regioni meridionali in termini di mortalità per malattie cardiovascolari. E così in Campania si registra il tasso più alto di mortalità degli uomini per tumore del polmone.
La prima causa di morte nella fascia d’età 1-14 anni sono le condizioni morbose di origine perinatale (40%) e malformazioni congenite e anormalità cromosomiche (22%); i tumori rappresentano la terza causa di morte più frequente (10%).
I ricoveri impropri. Con più prevenzione si potrebbero evitare quasi 940 mila ricoveri all’anno
Nel 2008, su circa 12 milioni di dimissioni ospedaliere registrate, poco meno di 940mila riportavano come diagnosi principale una delle patologie del gruppo di cause prevenibili con interventi di prevenzione primaria. Anche per le ospedalizzazioni, come per la mortalità, si evidenziano importanti differenze di genere; l’ospedalizzazione definita “prevenibile” pesa per il 4,8% sul totale delle ospedalizzazioni femminili e per l’11,3% su quelle maschili e, se si considera solo la popolazione sotto i 75 anni di età, le percentuali salgono a 14,2% per gli uomini e a 6,1% per le donne.
La componente maggiore del gruppo di cause di ospedalizzazione contrastabili con interventi di prevenzione primaria è costituita dalle cause “esterne” e cioè gli avvelenamenti e i traumatismi, che rappresentano complessivamente il 62,6% del gruppo di cause considerato, ma arrivano a rappresentare ben il 73,2% tra le donne (contro il 57,6% tra gli uomini); al secondo posto, in termini percentuali, vi sono le malattie ischemiche del cuore (che rappresentano il 27,7% del totale fra gli uomini e il 18,1% fra le donne), infine il gruppo dei tumori (12,1% tra gli uomini e 6,6% tra le donne).
Le principali malattie
Le malattie cardiovascolari nel 2008 hanno causato 224.482 morti: 97.952 uomini e 126.530 donne, pari al 38,8% del totale dei decessi (erano 240.253 nel 2003, 140.987 uomini e 135.266 donne, pari al 41,1% dei decessi totali. E la mortalità totale per queste patologie negli ultimi 40 anni si è dimezzata (-53% tra il 1970 e il 2008) influendo positivamente sul trend in discesa della mortalità generale.
Le neoplasie rappresentano la seconda causa di morte nel nostro Paese: la prima era gli adulti e la seconda tra gli anziani. Ma tra il 1998 e il 2005 la mortalità è diminuita soprattutto per effetto della migliore sopravvivenza dei malati: alla fine degli anni ‘70 la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di cancro era del 33% ed è salita al 47% nei primi anni ’90. Tuttavia i nuovi casi di tumore diagnosticati in Italia nel 2008 sono stimati in circa 254.000, 132mila fra gli uomini e 122mila fra le donne (fascia di età 0-84 anni), in aumento rispetto agli anni precedenti.
Tra le donne, la diagnosi più frequente (42%, oltre mezzo milione di italiane) è rappresentata dal tumore della mammella, seguito da colon-retto (12%), endometrio (7%) e tiroide (5%). Tra gli uomini, il 22% dei casi prevalenti (quasi 220mila) è costituito da pazienti con tumore della prostata, 18% della vescica e 15% del colon-retto.
Quasi milione e 300mila italiani (2,2% della popolazione) sono lungo-sopravviventi, hanno cioè avuto una diagnosi di tumore da più di 5 anni. E sono spesso liberi da malattia e da trattamenti antitumorali. Quasi 800mila persone (l’1,5% della popolazione) sono vive dopo oltre 10 anni dalla diagnosi di tumore.
Trend in continuo aumento per il diabete come conseguenza dell’epidemia di obesità legata a modificazioni degli stili di vita: nel 2010 era diabetico circa il 4,9% della popolazione paria circa 3 milioni le persone colpite. Le percentuali relative alla prevalenza del 4,4% al Nord (era al 3,9 nella Relazione 200-2009), del 4,8% al Centro (era al 4,1) e del 5,6% al Sud (era al 4,6) in linea con un analogo gradiente Nord-Sud di prevalenza di obesità.
Salute materna e neonatale
L’età media delle mamme italiane è di 32,4 anni, mentre scende a 28,9 anni per le cittadine straniere. Ma continua l’invecchiamento delle mamme italiane, il 5,7% dei nati ha una madre con almeno 40 anni, e prosegue la diminuzione dei nati da madri di età inferiore a 25 anni.
Il tasso di natalità varia da 7,7 nati per mille in Liguria a 11,0 nella Provincia Autonoma di Bolzano rispetto ad una media nazionale di 9,6 per 1.000.
Dall’entrata in vigore della Legge 40 è in aumento costante il numero delle coppie che accedono alle tecniche di PMA, dei cicli iniziati, delle gravidanze ottenute e dei bambini nati. Nel 2009 i nati a seguito della PMA sono stati 8.043 contro 7.492 nel 2008. Secondo i dati del Certificato di assistenza al parto, nel 2008, sono stati realizzati 511.436 parti. Nell’84,60% delle gravidanze state effettuate più di 4 visite di controllo; in media sono state eseguite più di 3 ecografie nel 73,2% delle gravidanze. Il 16,9% dei parti riguarda madri straniere
Il 67,0% dei parti avviene in 210 strutture con almeno mille parti annui (sono il 37,3% dei punti nascita totali). Il 9,1% dei parti accade, invece, in strutture che accolgono meno di 500 parti annui (il 30,2% delle strutture).
Dai dati CeDAP si rileva che il 37,8% dei parti avviene con taglio cesareo (38,4% è il dato delle Sdo), con notevoli differenze regionali, e con un ricorso più elevato nelle case di cura accreditate (60,5% dei parti contro il 34,8% negli ospedali pubblici). Il parto cesareo è più frequente nelle donne con cittadinanza italiana rispetto a quelle straniere; la percentuale è del 39,8% nelle madri italiane e del 28,4% nelle madri straniere.
Stili di vita
La pigrizia uccide quanto molte patologie: l’inattività fisica è al quarto posto tra le principali cause di morte dovute a malattie croniche, quali disturbi cardiaci, ictus, diabete e cancro, contribuendo ad oltre 3 milioni di morti evitabili l’anno a livello mondiale. E sempre alla mancanza di attività fisica è correlato l’aumento dei livelli di obesità infantile e adulta .
E anche il fumo continua mietere vittime: si stima siano attribuibili al fumo di tabacco dalle 70mila alle 83mila morti l’anno, con oltre il 25% di questi decessi compreso tra i 35 e i 65 anni di età.
Tuttavia nel 2010, secondo i dati Istat, la percentuale dei fumatori, pressoché costante da diversi anni, è pari al 22,8% (maschi 29,2%, femmine 16,9%), in leggero calo rispetto al 2009. Nel 2003, prima della Legge 3/2003, la prevalenza era del 23,8% (maschi 31%, femmine 17,4%).
Nel periodo 2000-2009, la prevalenza ha continuato a scendere negli uomini ad un ritmo dello 0,9% annuo, arrivando, nel 2009, al 29,5%. Nelle donne, dal 2000 in poi, si è assestata intorno al 17%.
Aumenta il numero delle persone che hanno provato a smettere di fumare e ci sono riuscite: secondo la Doxa sono passati dal 17,5% del 2009 al 18,4% nel 2010. Nell’ultimo anno si stima che abbiano smesso di fumare più di 560mila fumatori.
13 dicembre 2011
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