Il nostro Ssn: orgoglio, pregiudizi e fake news
di Carlo Palermo
Siamo di fronte ad un vero e proprio secondo miracolo economico: abbiamo una spesa che è al di sotto della media OECD con esiti clinici e organizzativi tra i migliori, anche in confronto con Paesi che investono in sanità il 40-50% in più dell’Italia. Un sistema di cui dovremmo essere orgogliosi, ma su cui purtroppo vengono fatti prosperare pregiudizi e fake news. Al nuovo Governo chiediamo di rilanciare il ruolo del Ssn, finanziare la sanità pubblica ma anche di ri-capitalizzare il lavoro
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dati OECD Health Statistic 2018 confermano una condizione nota da tempo: la spesa sanitaria italiana è tra le più basse dei paesi occidentali. Normalizzando in Dollari PPP, il totale della spesa pubblica e privata pro capite si ferma a 3571 $, ben lontano da quella della Germania (5728), della Francia (4902), dell’Austria (5440), dell’Olanda (5385), della Gran Bretagna (4264), lontanissimo da quella della Svizzera (8009) o del Lussemburgo (7048) per non parlare degli Stati Uniti (10.209).
Eppure non mancano allarmismi sulla sostenibilità economica futura di questo settore importante del nostro welfare. In realtà, come affermava
Roy Romanow, la sostenibilità di un sistema sanitario è una questione essenzialmente culturale e civile più che economica e “La scelta riflette la storia, i valori e le priorità di ciascuno, pertanto il sistema è tanto più sostenibile quanto noi vogliamo che lo sia”.
Se dall’analisi economica ci spostiamo sullo stato di salute della popolazione e sugli esiti delle cure, non mancano sorprese. L’aspettativa di vita in Italia rimane tra le più alte al mondo (85,6 anni per le donne, 81 per i maschi). La mortalità a 30 giorni per infarto miocardico acuto, emorragia cerebrale e infarto cerebrale è tra le più basse e anche la mortalità a 5 anni per le principali neoplasie è comparabile a quella di paesi come Francia, Germania e Olanda, anche se in questo campo esistono certamente margini di miglioramento, in particolare nelle regioni del sud. Se ci spostiamo sul piano dell’appropriatezza, i tassi di ospedalizzazione per mille abitanti sono bassi e quelli per malattie come asma, Bpco e diabete mellito bassissimi se confrontati con quelli degli altri paesi OECD, indice di una adeguata presa in carico dei pazienti sul territorio e di una elevata appropriatezza nei percorsi di cura.
Siamo di fronte ad un vero e proprio secondo miracolo economico: abbiamo una spesa che è al di sotto della media OECD con esiti clinici e organizzativi tra i migliori, anche in confronto con Paesi che investono in sanità il 40-50% in più dell’Italia. Ci sarebbe da esportare questo modello insegnandolo all’estero, in particolare ai paesi in via di sviluppo ma anche a quelli la cui spesa sanitaria aumenterà in modo esponenziale nei prossimi anni per le dinamiche demografiche. Un sistema di cui dovremmo essere orgogliosi, ma su cui purtroppo vengono fatti prosperare pregiudizi e fake news.
Indubbiamente i sistemi universalistici sono caratterizzati da una elevata efficienza. Le cure vengono erogate direttamente, non vi sono i meccanismi legati all’intermediazione finanziaria, come costi amministrativi e riserve finanziarie per la copertura dei rischi, né utili da garantire a proprietari e gestori di fondi sostitutivi e assicurazioni. Il percorso di cura non è frammentato ed è governato dal medico con una presa in carico dei problemi di salute del cittadino che riduce il rischio di inappropriatezza, di overdiagnosis e overtreatment.
Anche gli interventi di prevenzione delle malattie, si pensi ai vaccini e agli screening, necessitano di interventi organizzati sulle comunità per avere risultati efficaci, sostenibili ed equi. Certo rimangono sprechi e fenomeni di corruzione, soprattutto nel settore degli acquisti di beni e servizi, che vanno combattuti con un impegno anche dei professionisti, ma nonostante tutto il nostro SSN rimane uno dei meno costosi e più efficienti al mondo nell’utilizzo delle scarse risorse messe a disposizione.
La sanità pubblica costituisce la più grande infrastruttura sociale, civile e professionale del Paese, chiamata a tutelare un bene prezioso e costituzionalmente protetto come la salute, uno di quei diritti sociali troppo spesso tralasciati in questi anni di neoliberismo forsennato, la cui ragion d’essere è una ragione egualitaria. Amartya Sen affermava che “la distribuzione delle risorse per essere effettivamente corretta ed equa, dovrebbe tener conto delle differenze di salute, di capacità economica, di bisogni e di vulnerabilità dei diversi soggetti, perseguendo così la ricerca di "esiti" che siano i più omogenei possibili”. Solo un sistema universalistico e solidaristico permette questo trasferimento di ricchezza.
Un sistema complesso che, dopo anni di feroce definanziamento, è oggi in involuzione recessiva, espulso dal radar della politica e dall’agenda dei Governi, se non come puro costo da abbattere, condannato a non reggere le sfide epocali che abbiamo di fronte (transizione demografica ed epidemiologica, aumento delle malattie croniche e della non autosufficienza, accesso ai nuovi e costosi farmaci e dispositivi medici, crescita delle diseguaglianze con frattura netta tra Nord e Sud, carenza strutturale di medici).
Se il sistema sanitario regge e se il fondamentale diritto alla salute è ancora esigibile senza carta di credito, è solo perché chi è rimasto in corsia continua a dar prova di grande senso del dovere, tutti i giorni e tutte le notti, facendo fronte con risorse taglieggiate ad una domanda di salute crescente e complessa, esposto alla delegittimazione sociale ed alla aggressione verbale, mediatica e fisica. In attesa ancora, soli nel mondo della sanità e del pubblico impiego, di un rinnovo del contratto di lavoro dopo 9 anni di un blocco lineare che ne ha peggiorato le condizioni di lavoro, di vita familiare e sociale e falcidiato le retribuzioni.
Al nuovo Governo chiediamo di rilanciare il ruolo del SSN, preservarne l’universalismo e la sicurezza delle cure, arrestare la crescita delle diseguaglianze restituendo unitarietà ad una sanità a pezzi ed ad un diritto alla salute che è uno ed indivisibile. Il che richiede di rafforzare il finanziamento della sanità pubblica, che non è un pozzo senza fondo come dimostrano i dati OECD, ma anche di ri-capitalizzare il lavoro che ne è valore fondante, e sostenere le professionalità degli operatori per cambiare i modelli organizzativi, migliorare l'appropriatezza delle prestazioni e gli esiti delle cure, controllare la crescita dei costi. In sostanza, garantire il diritto alla cura per i cittadini e insieme il diritto a curare per i medici.
Carlo Palermo
Segretario Nazionale Anaao Assomed
16 luglio 2018
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