Sanità integrativa. Vecchietti (Rbm Salute): “Per scrivere nuove regole si devono conoscere quelle vecchie”
di Marco Vecchietti
Una Riforma della Sanità Integrativa può schiudere importanti prospettive per il mantenimento della sostenibilità e della qualità delle cure per tutti i cittadini italiani. Bisognerebbe riorientare la Sanità Integrativa a partire dai bisogni effettivi dei cittadini, collegando il campo di azione delle Forme Sanitarie Integrative all’intero perimetro della spesa sanitaria privata di tasca propria e non solo alla cosiddette prestazioni integrative
02 OTT - Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Decreto Amato) ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento i Fondi Sanitari come enti destinati a perseguire finalità assistenziali integrative e complementari al Servizio Sanitario Nazionale. Tutti i Fondi, sia quelli istituiti dalle Parti Sociali o dalle Aziende che poi si avvalgono nella stragrande maggioranza dei casi di polizze assicurative per garantire la sostenibilità dei loro Piani Sanitari, sia quelli istituiti direttamente dalle Compagnie Assicurative per la propria clientela, sono enti che statutariamente non possono perseguire scopi di lucro.
Sulla base di tali evidenze è importante sfatare, quindi,
3 tabù che possono fuorviare chi analizza questo settore, chiarendo che attualmente non esiste alcuna:
1) competizione tra Fondi Sanitari “no profit” e Compagnie Assicurative “for profit”;
2) dicotomia tra Forme Sanitarie Collettive (“secondo pilastro”) e Forme Sanitarie Individuali (“terzo pilastro”)
3) deregolamentazione rispetto alle Polizze Sanitarie. I Fondi Sanitari, istituiti in particolare dalle Parti Sociali o dalle Aziende utilizzano quasi sempre Polizze Assicurative per garantire ai propri Assistiti il pagamento delle prestazioni oggetto dei propri Piani Sanitari.
Le stesse Compagnie Assicurative gestiscono la propria clientela collegata a gruppi omogenei (c.d. “collettive”, ad adesione obbligatoria o individuale) attraverso Fondi Sanitari che esse stesse, proprio in base al d.lgs. 502/92 hanno direttamente costituito. I Fondi Sanitari nel loro complesso, a prescindere da chi li abbia istituiti, rimangono sempre enti no profit; tali enti, peraltro, non operano selezione del rischio perché tecnicamente operando in un ambito collettivo non ne hanno bisogno.
Per quanto concerne invece la presunta dicotomia tra Forme Sanitarie Collettive (“secondo pilastro”) e Forme Sanitarie Individuali (“terzo pilastro”) è essenziale sapere che le Polizze Sanitarie Individuali operano al di fuori del settore dei Fondi Sanitari e, quindi, anche della disciplina del D.lgs. 502. Questo, tuttavia, non vuol dire che si tratti di prodotti deregolamentati, anzi. Le Polizze Sanitarie, come del resto tutti i Prodotti Assicurativi, sono soggette ad una normativa assolutamente rigorosa e, ben più stringente di quella destinata ai Fondi Sanitari (cfr. Direttive Comunitarie in Materia di Assicurazione, Codice delle Assicurazioni e relativi Regolamenti attuativi).
Diversamente da quanto avviene nel settore dei Fondi Sanitari, che ad oggi hanno esclusivamente un mero obbligo di registrazione all’Anagrafe istituita presso il Ministero della Salute, tutte le Compagnie Assicurative sono soggette alla vigilanza e al controllo dell’IVASS. Ne deriva, pertanto, che contrariamente a quanto diffuso nella vulgata corrente è proprio la vigilanza sulle Compagnie che assicura i Fondi Sanitari a rendere attualmente sicura e solida la Sanità Integrativa.
Le Polizze Sanitarie Individuali, sono attualmente sottoscritte prevalentemente da tutti quei cittadini che non dispongono di un Fondo Sanitario collegato alla propria occupazione o che necessitano di livelli di copertura superiori a quelli garantiti dal proprio Fondo Sanitario di riferimento. Ai premi pagati direttamente dal cittadino per una Polizza Sanitaria è bene ricordare che, diversamente da quanto avviene per i Fondi Sanitari, non sono mai stati riconosciuti benefici fiscali ma anzi viene applicata una tassa del 2,5% sull’entità di ciascun versamento. Ciò nonostante le prestazioni assicurate dai Fondi Sanitari sono assolutamente identiche a quelle garantite dalle Polizze Individuali.
Fondi DOC, Fondi non DOC e regime fiscale
Con il Decreto Legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Decreto Bindi) il quadro descritto ha subito una prima modifica attraverso la distinzione, nell’ambito del genus dei Fondi Sanitari (e, quindi, senza alcun impatto sulle Polizze Sanitarie Individuali), dei Fondi Sanitari in Fondi DOC, aperti a tutti i cittadini, e i Fondi NON DOC, attivabili esclusivamente attraverso Contratti Collettivi, Accordi o Regolamenti Aziendali. A tali enti era stato riservato un trattamento fiscale più generoso proprio in ragione della operatività esclusivamente integrativa del Servizio Sanitario Nazionale. Ai Fondi NON DOC, che possono erogare qualsiasi tipologia di prestazione sanitaria, invece originariamente era stato assegnato un beneficio fiscale più contenuto.
Con i Decreti Turco prima, e Sacconi poi, dopo un lungo periodo fatto di deroghe annuali in sede di approvazione della legge finanziaria, ai Fondi NON DOC è stato strutturalmente riconosciuto il medesimo regime fiscale dei Fondi DOC a condizione però che almeno il 20% delle proprie prestazioni sia di natura esclusivamente integrativa (cure odontoiatriche, prestazioni socio-sanitarie, etc.).
A causa del mantenimento dell’originaria limitazione di accesso ai Fondi NON DOC solo il 55% dei lavoratori dipendenti già beneficiano di una Forma di Sanità Integrativa a fronte di una percentuale di cittadini assistiti del 20%.
I LEA, l’intermediazione della spesa privata e la mission delle Forme Sanitarie Integrative
In quest’ottica bisognerebbe riorientare la Sanità Integrativa a partire dai bisogni effettivi dei cittadini, collegando il campo di azione delle Forme Sanitarie Integrative all’intero perimetro della spesa sanitaria privata Out of Pocket. Un approccio di questo tipo, infatti, nascendo direttamente dalla richiesta assistenziale, riuscirebbe a delimitare in modo più efficace la reale necessità di “integrazione sanitaria” in capo alle famiglie, senza richiedere alcuna rivalutazione dei L.E.A. garantiti dal S.S.N.
Si tratterebbe di far funzionare “il privato” attraverso un sistema strutturato ed accessibile, come la Sanità Integrativa, in modo realmente sinergico e complementare al Servizio Sanitario Nazionale, amplificando i pregi di entrambi. Come emerge chiaramente dai trend consolidati degli ultimi anni la spesa sanitaria privata che i cittadini sostengono è molto elevata: in rapporto a quella pubblica è una delle quote più elevate nell’OCSE (37 miliardi vs. 112 miliardi) ed è per lo più Out of Pocket e per prestazioni sostitutive, non integrative.
Questa situazione, e non la diffusione delle Polizze Sanitarie Individuali (che oggi corrispondono a solo il 25% delle risorse complessivamente gestite dal settore assicurativo per la Sanità Integrativa), mina alla base l’universalismo e l’equità del nostro sistema di sicurezza sociale. Attraverso un Secondo Pilastro Sanitario queste risorse aggiuntive potrebbero essere canalizzate in modo strutturato ed integrato nel Sistema Sanitario, con obiettivi di miglioramento della sua efficienza e riducendo l’impatto sull’equità distributiva.
Per una possibile Riforma della Sanità Integrativa
In quest’ottica bisognerebbe improntare una possibile Riforma della Sanità Integrativa alle seguenti priorità:
• Effettività delle prestazioni: la diffusione della sanità integrativa non può limitarsi esclusivamente alla dimensione della numerosità degli Assistiti ma deve avere come focus le prestazioni sanitarie garantite dalle Forme Sanitarie Integrative
• Intermediazione della spesa sanitaria privata: la Sanità Integrativa andrebbe riorientata a partire dai bisogni effettivi dei cittadini ampliando il campo di azione delle Forme Sanitarie Integrative all’intero perimetro della spesa sanitaria privata
• Territorio: se la mission delle Forme Sanitarie è integrativa non si può prescindere dal rapporto con il Territorio (S.S.R.) nel quale vivono gli assistiti. Andrebbe valutata una declinazione territoriale delle policy assistenziali delle Forme Sanitarie Integrative
• Nucleo familiare e ciclo di vita: fondamentale recuperare la dimensione del Nucleo Familiare e del ciclo di vita anche per la Sanità Integrativa
• Flessibilità: inserire elementi di maggiore flessibilità nelle Forme Sanitarie Integrative per consentire agli assistiti di adeguare ai propri bisogni di cura il livello di copertura garantito dai Piani Sanitari collettivi
• Livellare il campo di gioco: sono sempre più necessarie regole omogenee che disciplinino il settore intervenendo sulle modalità di gestione del rischio, sulla governance, sugli assetti organizzativi, sulle regole bilancistiche e di solvibilità delle Forme Sanitarie Integrative
• Fiscalità:
o rimuovere la penalizzazione di natura fiscale che riguarda i versamenti effettuati alle Forme Sanitarie Integrative da parte dei soggetti aventi un reddito diverso da quello di lavoro dipendente perché il Secondo Pilastro in Sanità è un’esigenza per tutti
o collegare i benefici fiscali alla capacità di intermediazione effettiva della spesa sanitaria da parte delle Forme Sanitarie Integrative
Conclusioni
Una Riforma della Sanità Integrativa può schiudere importanti prospettive per il mantenimento della sostenibilità e della qualità delle cure per tutti i cittadini italiani. È fondamentale che questo percorso sia promosso a partire dagli effettivi bisogni delle persone abbandonando impostazioni anacronistiche che per anni non hanno consentito al nostro Paese, tra i pochi in Europa e tra i Paesi OCSE, di ribilanciare il proprio Sistema Sanitario su di un modello multipilastro.
In questa prospettiva bisognerebbe riorientare la Sanità Integrativa a partire dai bisogni effettivi dei cittadini, collegando il campo di azione delle Forme Sanitarie Integrative (Fondi Sanitari e Polizze Assicurative) all’intero perimetro della spesa sanitaria privata di tasca propria e non solo alla cosiddette prestazioni integrative. Si tratterebbe di recuperare una dimensione collettiva anche alla spesa sanitaria privata, per sua natura più iniqua ed individualista, facendo funzionare il privato attraverso un sistema strutturato ed accessibile, come la Sanità Integrativa, in modo realmente sinergico con il Servizio Sanitario Nazionale, amplificando i pregi di entrambi.
Marco Vecchietti
Consigliere Delegato di RBM Assicurazione Salute
02 ottobre 2017
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