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Dispositivi medici. Assobiomedica: “Nessun aumento reale della spesa. Italia maglia nera in Europa per numero apparecchiature obsolete” 


Dopo la pubblicazione del report del ministero della Salute, Assobiomedica invita ad una lettura attenta delle percentuali: se la spesa totale risulta aumentata è solo perché è cresciuto il numero di strutture sanitarie che hanno fornito i loro dati. Il commento del presidente Luigi Boggio e i dettagli dello studio di Assobiomedica sui dispositivi medici e sulla condizione delle apparecchiature diagnostiche troppo obsolete. IL RAPPORTO SUI DISPOSITIVI MEDICI.

20 DIC - I dispositivi medici prodotti in Italia sono sempre più richiesti all’estero: dal 2014 al 2015 le esportazioni sono aumentate dell’8%, per un giro di soldi pari a 7 miliardi di euro. Una cifra, però, che fa chiudere, anche se di poco, il bilancio tra import ed export con un segno negativo: l’Italia ha acquistato all’estero dispositivi medici per un totale di 7 miliardi e 300 mila euro.

Ecco alcuni dati della quinta edizione del “rapporto su produzione, ricerca e innovazione nel settore dei dispositivi medici in Italia, curato dal centro studi di Assobiomedica , in collaborazione con il centro Europa Ricerche. Lo studio completa così la fotografia scattata, in occasione della IX Conferenza sui dispositivi medici, dal Ministero della Salute, un report che ha immediatamente scatenato il dibattito tra gli addetti ai lavori.
 
Assobiomedica, infatti, ha precisato che la spesa per l’acquisto di dispositivi medici in Italia non è aumentata. “Se il ministero ha rilevato una crescita in termini percentuali - ha spiegato il presidente Luigi Boggio - è soltanto perché un numero maggiore di strutture sanitarie ha fornito i dati relativi a questo comparto. Parliamo di una spesa che rappresenta solo il 5% del Fondo sanitario nazionale - ha continuato il presidente di Assobiomedica - nonostante le tecnologie mediche siano strumenti fondamentali per realizzare percorsi diagnostici e terapeutici di qualità e nonostante le innovazioni tecnologiche consentano non solo migliori cure, ma spesso la loro adozione contribuisce a generare risparmi. La centralizzazione degli acquisti e il consistente calo dei prezzi di acquisto sono elementi già sufficienti per il controllo della spesa che, se ben utilizzati, si sono rivelati efficaci”. 

Lo studio di Assobiomedica ha messo sotto la lente sia il mercato italiano, tra imprese esistenti e start up, che quello internazionale.
 
Il settore dei dispositivi medici in Italia.
Si tratta soprattutto di micro e piccole imprese e start-up tecnologiche. La loro produzione è destinata per il 70% alla sanità pubblica, ma la vendita ai privati si sta facendo strada. Infatti, pur crescendo sia la domanda pubblica che privata, è quest’ultima ad aver avuto un incremento più che sostanziale passando da -1,4 a 19,5 punti percentuali.

Le start-up.
Sono soprattutto imprese che puntano allo sviluppo tecnologico, ma che, allo stesso tempo, non hanno maturato ancora tutti processi organizzativi necessari per restare sul mercato. Assobiomedica ha censito il numero di start up attive fino a giugno 2016, rilevando la presenza di 328 imprese. La distribuzione sul territorio nazionale non è affatto omogenea, il 58% si concentra in sole quattro regioni: Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Toscana.


Uno sguardo ai flussi commerciali mondiali.
Gli Stati uniti sono i leader assoluti per le esportazioni di dispositivi medici: governano il 13,5% del mercato, seguiti da Germania e Paesi Bassi, con una quota, rispettivamente, del 13,4 e 8,3%. Pur rimanendo questi paesi in testa al commercio internazionale, la loro attività non è cresciuta nell'ultimo anno, a differenza di realtà come quella di Hong Kong o del Belgio che, invece, hanno visto un aumento rispettivamente di 1 e 0,3 punti percentuali. Gli Stati Uniti restano in prima linea anche per le importazioni a livello mondiale di dispositivi medici, registrando anche un aumento di 0,3 punti percentuali, su una cifra pari al 18,1% dell'anno precedente. Osservando la situazione delle economie emergenti si nota come la quota sulle esportazioni mondiali sia cresciuta e, contemporaneamente, si sia ridotta quella delle importazioni.


 
L'Italia e l'estero.
I dati più recenti risalgono all'anno 2014, periodo in cui sia l'esportazione che le importazioni, in Italia, non hanno variato il loro peso, restando al 3,5 e 3,7 % del totale del mercato mondiale. Gli italiani vedono soprattutto negli Stati Uniti: il 15,4% delle esportazioni del paese sono finite oltreoceano. Acquistano dall'Italia anch la Francia, la Germania , la Spagna e il Regno Unito, per un giro di soldi pari a 2 miliardi di euro. In totale il denaro mosso dall'economia dell'export, dall'Italia verso l'estero, ammonta a 7 miliardi di euro con un aumento dell'8,1% rispetto all'anno precedente. Il saldo resta comunque negativo: il reso tra import ed export è di 300 milioni di euro.

Investimenti produzione, ricerca e innovazione.
Sono stati analizzati investimenti di alcune imprese ed è emerso che in media queste utilizzano il 5,1% del loro fatturato per la ricerca. Tradotto in cifre sarebbe circa di un miliardo l'investimento fatto per migliorare l'innovazione dei prodotti. In generale, emerge nel mondo della produzione di dispositivi medici c'è una certa mobilità di investimenti in ricerca e innovazione, soprattutto per quanto riguarda gli studi clinici, che sembrano essere diventati una corsia preferenziale soprattutto per le multinazionali commerciali. Una ulteriore prova sono il numero degli occupati laureati: se in una media generale nazionale rappresentano il 17%, questa quota per il comparto dei dispositivi medici raggiunge il 42% .

Da Assobiomedica arriva anche la ricetta per dare una spinta decisiva al settore verso l’innovazione: “Ci sarebbe bisogno di politiche di investimento per il servizio sanitario, che incentivino le imprese a considerare il nostro paese - ha concluso il Presidente Boggio - come un partner strategico per sperimentare e sviluppare attività di ricerca e innovazione”.

20 dicembre 2016
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