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Spesa del Ssn inferiore del 36% rispetto a quella dell’Europa occidentale. E il gap si allarga anche tra le Regioni: tra Calabria e Bolzano una forbice del 40%. Crea “Il Ssn regge ancora ma non potrà più essere l’attore unico del sistema”


La Sanità tra equilibri istituzionali e sociali questo il titolo dell'XIIª edizione del rapporto curato dal team di economisti di Tor Vergata. Il focus di quest’anno si concentra sull’equità in tempi magri di risorse. E la strada degli esperti è chiara: “Va governata la transizione del SSN, da attore unico capace di fornire una risposta globale, ad attore compartecipe e integrato di un sistema complesso composto da offerte diversificate”. SCHEDE DI SINTESI - EXECUTIVE SUMMARY

14 DIC - Si amplia il gap tra la nostra spesa sanitaria rispetto all’Europa occidentale, sia per la spesa pubblica (-36%. Nel precedente rapporto la forbice in negativo era del 28,7%) che complessiva, pubblica+privata, (-32,5%). Permane l’estrema differenza tra le Regioni (che non è però colpa del federalismo sanitario). Cresce indomita la spesa privata e aumentano le iniquità nella Penisola. Questi alcuni dei macro dati contenuti nel Rapporto Crea 2016 (giunto alla dodicesima edizione) pubblicato oggi. Ma nonostante tutto, come afferma il presidente di Crea Sanità, Federico Spandonaro “il sistema sanitario italiano è stato capace di governare la transizione, ponendosi oggi fra quelli certamente considerabili maggiormente “sostenibili”.
 
Ma non è oro tutto ciò che brilla, infatti se ad un elevato gap di spesa non corrisponde una differenza nei servizi, i segnali per il futuro sono poco incoraggianti, a partire dall’equilibrio della spesa farmaceutica che si è rotto (con tetti sfondati ogni anno per miliardi di euro) e dal calo delle vaccinazioni che rischia di farci tornare indietro di anni.   
 
Ed è proprio per questo che il Rapporto Crea mette in risalto come vi sia “la necessità di definire nuove strategie di sviluppo del SSN” anche perché in futuro sarà sempre più difficile per il Ssn “mantenere (o forse più correttamente di raggiungere) la globalità della risposta assistenziale pubblica”.
 
Le indicazioni del Rapporto. Non solo fotografia, come ogni anno il Rapporto offre anche alcuni suggerimenti. In primis “la capacità di governare la ricerca attraverso una coerenza fra aspettative e risorse, salvaguardando allo stesso tempo l’equità complessiva delle risposte pubbliche; per ottenere ciò va governata la transizione del SSN, da attore unico capace di fornire una risposta globale, ad attore compartecipe e integrato di un sistema complesso composto da offerte diversificate. Questo pone la necessità di una diversa vision sul ruolo del SSN e nuove regole per governare l’integrazione dei diversi attori che si affacciano sul mercato. Da ultimo, ma non per importanza, è poi necessario integrare nei processi decisionali le istanze di cui i diversi stakeholder del sistema sanitario sono portatori, utilizzando processi valutativi multi-prospettiva, e reintroducendo elementi di flessibilità nelle scale di valutazione della meritorietà sociale”.
 
Spesa sanitaria: sempre più bassa rispetto a quella dell’Europa occidentale
La spesa sanitaria italiana è complessivamente inferiore del 32,5% rispetto a quella dell’Europa Occidentale. In rapporto al PIL l’Italia è al 9,4%, contro il 10,4% dell’Europa Occidentale. Negli ultimi 10 anni la spesa sanitaria pubblica italiana è cresciuta dell’1% medio annuo contro il 3,8% degli altri Paesi dell’Europa Occidentale: un quarto, peraltro come il PIL; questo porta la spesa sanitaria pubblica italiana ad essere inferiore del 36% a quella degli altri Paesi considerati. La crescita della spesa privata (2,1% medio annuo) è stata invece leggermente inferiore a quella europea (2,3%), ma pari a oltre il doppio rispetto a quella pubblica.
 
Spesa sanitaria: grandi differenze a livello regionale
A livello regionale le differenze di spesa sono allarmanti, anche standardizzando il dato per le diverse demografie e per la mobilità dei pazienti: nel 2015, fra la Regione in cui si spende di più (Provincia Autonoma di Bolzano) e quella dove si spende meno (Calabria), il divario pro-capite ha superato il 50,0% (quasi il 40% per quanto concerne la spesa pubblica).
L’incidenza della spesa privata pro-capite su quella totale è pari al 30,5% in Valle d’Aosta e del
16,0% in Sardegna.
Le differenze di spesa sono andate progressivamente riducendosi fino al 2009, ma hanno poi
ricominciato ad allargarsi nel periodo successivo, in corrispondenza dell’azione dei Piani di Rientro e dei Commissariamenti, tesi al risanamento dei deficit.
 
Sempre maggiore la quota di spesa privata
Nel 2014 la nuova indagine Istat sulla ‘Spesa delle famiglie’ ha fatto emergere circa € 4,5 mld. di spesa sanitaria Out of Pocket (OOP - spesa sanitaria sostenuta direttamente dalle famiglie),
presumibilmente sfuggiti alla precedente modalità di rilevazione. La spesa sanitaria privata ha quindi raggiunto € 36,0 mld., di cui l’89,9% out of pocket, e solo il 10,1% intermediata dai fondi sanitari integrativi e complementari, nonché dalle Compagnie di assicurazione. Quest’ultima pur in crescita rimane marginale.
La spesa privata sanitaria rappresenta mediamente il 26,9% della spesa nel Centro-Nord (valore massimo del 30,5% in Valle d’Aosta seguita dal Veneto con il 29,5%) e solamente il 18,9% nel Sud (valore minimo del 16,0% in Sardegna).
 
Spesa sanitaria privata ed equità
Nel 2014 il 77,0% delle famiglie ha effettuato spese sanitarie OOP (58,0% nel 2013); la maggiore frequenza del ricorso a spese private, è però “compensata” dalla riduzione della spesa effettiva procapite.
 
Il 5,0% delle famiglie residenti in Italia, soprattutto quelle del Centro e del Sud, nonché quelle dei quintili di consumo medio-bassi, ha dichiarato di aver ridotto, tanto da averle annullate, le spese sanitarie private: configurando così “nuove” rinunce alle spese sanitarie. Si spende prevalentemente per farmaci, visite ed esami diagnostici (80-90% delle spese socio-sanitarie OOP). Sardegna e Sicilia risultano essere le Regioni con la maggior incidenza di disagio economico per spese sanitarie (11,0% e il 9,6% delle famiglie); all’estremo opposto troviamo l’Emilia Romagna e il Trentino Alto Adige, dove solo il 2,6% ed il 2,1% sono in condizioni di disagio economico. Sono 316.402 (1,2%) i nuclei familiari impoveritisi per spese sanitarie OOP; si tratta soprattutto di famiglie residenti nel Mezzogiorno (2,7%). Calabria, Sicilia e Abruzzo sono le Regioni più colpite (3,5%, 3,4% e 3,7%), mentre Trentino Alto Adige, Piemonte ed Emilia Romagna sono le meno esposte (0,2% le prime due e 0,3% la terza).
 
Quasi 800.000 (781.108) sono invece le famiglie soggette a spese sanitarie catastrofiche (3,1% delle residenti). Il Mezzogiorno continua ad essere la ripartizione maggiormente esposta al fenomeno (5,5% delle famiglie ivi residenti).
I fenomeni dell’impoverimento per spese sanitarie out of pocket e della catastroficità non sembrano quindi essersi modificati sostanzialmente, senza però sottovalutare che ci sono quasi 280.000 famiglie (l’1,4% di quelli che sostengono spese sanitarie OOP) ad alto rischio di impoverimento. Di conseguenza in prospettiva c’è il rischio che il fenomeno del disagio raddoppi la sua portata.
 
Il governo della spesa privata e la sanità integrativa. La spesa sanitaria privata intermediata rappresenta solo il 10,1 % della spesa privata: una quota inferiore alle medie europee, che implica forti sperequazioni nelle possibilità di accesso.
Per il 4,0% si tratta di spesa per polizze individuali e il restante 6,1% per polizze collettive (Fondi sanitari integrativi e complementari, Società di Mutuo Soccorso, etc.).
Cresce la diffusione delle polizze collettive, inserite ormai nella maggior parte dei rinnovi
contrattuali aziendali: sebbene ciò determini una maggiore equità, in assenza di una vision nazionale sul tema della Sanità integrativa e complementare, il minore svilu ppo di tale componente nelle Regioni del Mezzogiorno rischia di esasperare ulteriormente le differenze già esistenti. Infatti, mentre la componente intermediata rappresenta il 13,4% della spesa privata nel Nord (17,3% nel Nord Ovest e 8,0% nel Nord Est), e il 10,7% nel Centro, nel Sud e Isole è appena il 3,3% (ovvero circa un quarto di quella delle altre ripartizioni).
Il Meridione, in assenza di politiche di sensibilizzazione e incentivazione, rischia quindi di rimanere escluso dallo sviluppo del secondo pilastro di Welfare sanitario, rendendo sempre meno sostenibile l’assistenza.
 
Finanziamento dei Ssr e demografia. Le previsioni sull’evoluzione della struttura per età della popolazione al 2035 indicano che le Regioni del Sud diventeranno presto più vecchie di quelle del Nord: questo implica che in prospettiva riceveranno, in costanza delle normative attuali, un finanziamento pro-capite maggiore. Ma contemporaneamente l’incremento della popolazione sarà molto più rilevante nel Nord e, come conseguenza, il finanziamento si sposterà ulteriormente verso il Nord: dalle simulazioni effettuate, la quota delle risorse per la Sanità attribuita al Nord, che attualmente è pari al 46,1%, raggiungerà il 47,8%; di contro, quella del Sud dal 33,8% si contrarrà al 31,7%.
Senza, quindi, una ulteriore drastica riallocazione dell’offerta, o in alternativa una rivisitazione delle regole di riparto, non sarà possibile mantenere gli attuali equilibri di bilancio.
 
Federalismo e risanamento finanziario. Il disavanzo sanitario, dopo l’intervento dei Piani di Rientro regionali, si è ridotto di circa il 78,0%, realizzando di fatto il risanamento finanziario che era il primo obiettivo delle riforme in senso federalista dello Stato. Essendo anche in miglioramento gli indici di adempimento regionale sui LEA, il giudizio sugli effetti del Federalismo in Sanità è tendenzialmente positivo.
 
La fine dell’equilibrio nella farmaceutica. Con il 2015 si è rotto l’equilibrio che ha permesso anni di sostanziale costanza della spesa
farmaceutica: equilibrio finora garantito dalla compensazione degli incrementi della spesa ospedaliera, con la riduzione di quella territoriale. La spesa pro-capite per farmaci in Italia, nel 2015, è risultata pari a € 475,8 (ovvero all’1,9% del PIL), con un incremento di € 37,6 (+8,6%) rispetto al 2014. Sul fronte ospedaliero, dove si concentra ormai l’impatto economico dell’accesso dei farmaci innovativi, la spesa è aumentata del 9,3%. Rispettano il tetto di spesa solamente le due Province Autonome di Trento e Bolzano, la Valle d’Aosta e il Veneto; lo sforano maggiormente, Sardegna di € 104,6 pro-capite, e Puglia di € 71,6 procapite.
 
Il rispetto dei tetti, però, è reso possibile dalla crescente quota di farmaci rimborsabili che le famiglie decidono di pagare di tasca propria: qualora considerassimo tale spesa, anche il Veneto sforerebbe il tetto, la Provincia Autonoma di Bolzano andrebbe a pareggio e quella di Trento si manterrebbe comunque al di sotto. Liguria, Lazio e Friuli Venezia Giulia sono le Regioni che vedrebbero aumentare maggiormente il proprio sforamento.
Serve quindi una nuova governance per il settore, ed è auspicabile un superamento degli attuali tetti (al di là delle proposte di rimodulazione in discussione), che appaiono ormai non più sostenibili.
 
Spesa farmaceutica privata. La spesa farmaceutica a carico dei cittadini ha registrato un incremento del 2,8% rispetto al 2014. Crescono tutte le voci della farmaceutica privata: spesa per i medicinali di automedicazione +4,7%, medicinali di fascia A acquistati direttamente +3,1%, medicinali di classe C con ricetta +2,0%, e compartecipazione da parte del cittadino +1,4%. Si evidenzia quindi una crescente complementazione a carico delle famiglie della spesa farmaceutica, non più riferibile tanto all’inasprimento dei ticket, quanto al ricorso a farmaci non inclusi nei LEA o alla decisione di non avvalersi del rimborso da parte del SSN.
 
La spesa per la prevenzione. Il dato sulla spesa per programmi di prevenzione pubblica in Italia fornito dall’OECD cambia ancora una volta: secondo le ultime stime, per l’anno 2014 siamo al 4,9% della spesa pubblica corrente, un valore molto prossimo al 5%, quota attribuita al LEA dell’Assistenza collettiva. Sebbene il dato sia da considerarsi con le dovute cautele (per problemi di confrontabilità fra i Paesi e anche per discontinuità nella serie storica), l’Italia sembrerebbe investire in prevenzione una quota maggiore rispetto agli altri Paesi dell’Europa Occidentale: ma in termini pro-capite, la spesa (€ 88,9) resta inferiore a quella di altri Paesi quali Regno Unito, Germania, Lussemburgo, Danimarca, Olanda e Svezia.
 
Con riferimento alla spesa per vaccini, secondo OsMed, in Italia nel 2015 sono stati spesi € 317,9 mln., pari a € 5,2 pro-capite: in leggero aumento rispetto al 2014 (€ 4,8). Per confronto a livello internazionale (osservando i dati, provenienti da varie fonti, con le dovute cautele), si va da € 19 procapite della Svezia (dato 2013) a € 2,3 dell’Ungheria.
 
Il problema delle coperture vaccinali. I dati sulle coperture vaccinali pediatriche diffusi dal Ministero della Salute confermano, per il 2015, una diminuzione sia delle vaccinazioni obbligatorie sia di quelle raccomandate; tuttavia, in queste ultime il calo è meno marcato rispetto a quanto registrato nei due anni precedenti. Le uniche coperture vaccinali a mostrare un incremento sono quelle contro pneumococco e meningococco C. A livello nazionale per nessun antigene le coperture a 24 mesi raggiungono la soglia del 95,0%.
A livello territoriale, raggiungono e superano il 95,0% di copertura contro Polio, Difterite, Tetano, Pertosse, Epatite B, Hib solo Lazio, Abruzzo, Basilicata, Calabria e Sardegna. Sono invece 14 le Regioni con una copertura inferiore al 95,0% per tutti gli antigeni.
Con riferimento alle coperture vaccinali contro l’influenza stagionale negli anziani over65, nella stagione 2015-2016 si registra a livello nazionale un aumento di 1,3 punti percentuali (arrivando a 49,9%) rispetto alla stagione precedente, valore ancora distante dal 55,4% registrato nel 2013-2014. Nessuna Regione raggiunge comunque la soglia di copertura minima perseguibile del 75,0%.

14 dicembre 2016
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