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Flop per le cure transfrontaliere. Tra ostacoli e poco sostegno politico coinvolti in Europa solo 100 mila pazienti. Il rapporto Ue

di L.F.

Informazioni carenti, differenze dei sistemi, ostacoli organizzativi e amministrativi e scarso sostegno politico sono le ragioni di una partenza a rallentatore per la direttiva Ue entrata in vigore nel 2015. Bocciata una richiesta su 2. Germania lo stato che attrae di più. Ma la Commissione rilancia: “Cooperazione, soprattutto sui dispositivi ad alto costo produce benefici. Ora più integrazione delle informazioni, Hta e supporto operativo”. IL RAPPORTO

08 NOV - “Nonostante la cooperazione transfrontaliera possa produrre vantaggi ancora poco è stato fatto dagli Stati. Le ragioni sono diverse: informazioni carenti, le differenze dei sistemi sanitari nazionali, gli ostacoli organizzativi e amministrativi e lo scarso sostegno politico”. Il giudizio ‘tranchant’ è della Commissione Salute della Commissione Ue nel report 2015, il primo vero anno di applicazione della direttiva sulla sanità transfrontaliera del 2011.
 
La fotografia di una partenza in salita della normativa negli Stati è fornita dai numeri. Numeri che però sono ancora scarsi: nel rapporto si è rilevato come solo 23 Stati abbiano fornito risposte al questionario e in molti casi non tutti i moduli sono stati completati per difficoltà nel reperire le informazioni.
 
Richieste d’informazioni. In totale, le richieste di informazioni sono state in tutta la Ue circa 60 mila. Ma la maggior parte degli Stati ha ricevuto solo poche centinaia di richieste di informazioni nel 2015 (In Italia arrivate 428 richieste di informazioni). Tra i paesi la Polonia si distingue con 31.736 richieste di informazioni ricevute, quasi quattro volte di più rispetto a qualsiasi altro Stato membro. Del resto il rapporto ricorda come anche in alcune survey sui pazienti la percentuale di conoscenze delle cure transfrontaliere è molto bassa.
 
Richieste autorizzazione. Per quanto riguarda le richieste vere e proprie di autorizzazione preventiva (adottate dalla maggior parte dei paesi tra cui l'Italia) esse sono state poco più di 1.000 in tutta Europa. La maggior parte degli Stati membri hanno ricevuto meno di 100 richieste di autorizzazione preventiva nel corso del 2015. In media il 50,2% delle richieste elaborate sono state autorizzate. I tempi medi di lavorazione relativi alle richieste di autorizzazione preventiva variano ampiamente: si parte dai 3 giorni lavorativi in ​​Romania ai 3,4 mesi in Grecia. Sulla base delle risposte ricevute, sembra essere abbastanza comune il fatto di curarsi negli stati confinanti. La maggior parte richieste di autorizzazione preventiva sono state autorizzate per i trattamenti in Germania.
 
In Italia sono state 194 autorizzazioni di cui 73 autorizzazioni concesse e 70 rifiutate (Il motivo principale del rifiuto e che le cure erano disponibili nel paese d’origine). Attesa media per l’autorizzazione tra i 15 e i 30 giorni. Per ottenere i rimborsi tempi  invece dai 19 ai 60 giorni. Il giro d’affari totale è stato di 1,5 mln (ma mancano dati per esempio di Francia e Germania ndr.). L’Italia ha rimborsato 196 mila euro.
 
Richieste rimborso per prestazioni senza autorizzazione. Il numero di richieste di rimborso relative alle cure sanitarie non soggetti invece alla preventiva autorizzazione è, anch’essa, rileva il rapporto “bassa (circa 90 mila), con un paio di eccezioni. Belgio e Danimarca dove sono state ricevute oltre 30mila richieste di rimborso. In media nel 78% dei casi elaborati sono state concesse le richieste di rimborso. La maggior parte delle richieste di rimborso sono stati concesse per i trattamenti in Germania. Il giro d’affari totale è stato di poco più di 20 mln di euro.
 
In Italia sono state presentate 127 richieste di rimborso, di cui 66 accettate e 44 rifiutate. I tempi medi per il rimborso sono stati tra i 30 e i 60 giorni. In Italia sono stati rimborsati 21 mila euro.
 
Ma per invertire la rotta la commissione europea ha fornito anche alcune raccomandazioni:
 
Mappatura del settore delle apparecchiature mediche. Il settore è caratterizzato da un alto grado di diversità – denuncia la commissione – le informazioni sono scarse e i regolamenti sono diversi”. La proposta è quella di attuare una mappatura delle attrezzature mediche, compresa una descrizione delle strutture e l'identificazione dei soggetti interessati. Attenzione dovrebbe essere posta in particolare poi su soggetti interessati alla collaborazione transfrontaliera nel campo degli investimenti ad alto costo.
 
Valutare il costo/efficacia delle attrezzature. Oltre alla valutazione della sicurezza, la commissione raccomanda di fare una valutazione economica e un’analisi di impatto prima di acquistare una ‘nuova’ tecnologia. In sostanza si chiede di dare vita ad una rete dell’Hta.
 
Supporto organizzativo e amministrativo. La commissione rileva come “le barriere organizzative e amministrative sono diverse”. Per questo occorrerà ottenere più integrazione delle informazioni nonché un supporto giuridico e organizzativo per quanto riguarda le domande di cooperazione
 
Fornitura di maggiori e migliori informazioni per Punti di contatto nazionali di assistenza sanitaria e favorire l'apprendimento da esempi di buone pratiche come la Danimarca e la Germania.
 
Sostegno politico. “In mancanza di sostegno politico – evidenzia la commissione – la questione deve essere affrontata informando circa i benefici legati alla cooperazione transfrontaliera”. Le azioni suggerite sono la “promozione di seminari e presentazioni concentrandosi sui vantaggi a livello nazionale e regionale. Queste informazioni possono essere fornite in diverse lingue dell'UE tramite il sito web della piattaforma.
 
L.F.

08 novembre 2016
© Riproduzione riservata


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