Cronicità, performance, ricerca. Le tre grandi sfide del sistema sanitario italiano
di Michela Perrone
La gestione dei pazienti cronici, la sperimentazione clinica come portatrice di valore all’interno delle aziende sanitarie e la misurazione delle performance degli ospedali e delle strutture sanitarie. Se ne è parlato al quinto convegno nazionale dell’Academy of Health Care Management and Economics
23 MAG - Misurare i diversi aspetti del Sistema sanitario nazionale è utile e necessario, per ottimizzare le risorse e generare valore. È questo l’ambizioso messaggio lanciato oggi in occasione al quinto convegno nazionale dell’
Academy of Health Care Management and Economics, che si è tenuto all’Università Bocconi di Milano.
Sono tre le linee di ricerca avviate negli ultimi anni dall’Academy, che corrispondono ad altrettante sfide presenti nella sanità: la gestione dei pazienti cronici, la sperimentazione clinica come portatrice di valore all’interno delle aziende sanitarie e la misurazione delle performance degli ospedali e delle strutture sanitarie. In questi anni, la partnership tra Novartis, Cergas (Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale) e Sda Bocconi ha coinvolto oltre 20 aziende sanitarie e ospedaliere di 10 Regioni, per sperimentare concretamente gli strumenti studiati.
“Per affrontare con successo le sfide della sanità italiana tutti gli attori del sistema devono poter esprimere al meglio, collaborando tra loro, le proprie potenzialità - ha affermato dal palco
Georg Schroeckenfuchs, Country President di Novartis Italia - Il modello Academy identifica un percorso virtuoso che va esattamente in questa direzione, ponendo le premesse per forme di cooperazione sempre più efficaci, a ogni livello. Per questa ragione Novartis continua a sostenere con convinzione il progetto, con l’auspicio che il suo lavoro sia di aiuto alle aziende sanitarie nel loro servizio ai pazienti,e offra un utile contributo ai sistemi regionali e nazionali nella definizione delle proprie politiche sanitarie”.
La gestione della cronicità
Per quanto riguarda la cronicità, il lavoro degli esperti si è concentrato sulla BPCO (Broncopneumopatia cronico ostruttiva), una patologia cronica che colpisce il 10°% della popolazione italiana.
I risultati della ricerca hanno dimostrato che, facendo ricorso ai dati già in possesso delle aziende sanitarie, si possono costruire efficaci modelli di presa in carico dei pazienti. È stato infatti costruito un algoritmo a partire dai big data amministrativi, che ha permesso di identificare la coorte di pazienti più a rischio. I malati di BPCO sono anche stati segmentati in base alla diversa severità della malattia, con un livello di dettaglio mai raggiunto finora.
“Nell’analisi abbiamo dimostrato come l’utilizzo dei database amministrativi possa essere di grande utilità nella gestione della cronicità respiratoria - spiega al nostro giornale
Francesco Blasi, ordinario all’Università degli Studi di Milano - In particolare, attraverso i database delle Asl si possono identificare i pazienti a rischio, quelli che hanno un maggior numero di riacutizzazioni e di ospedalizzazioni e che quindi vanno visti con più frequenza dallo specialista e dal medico di medicina generale e dove gli interventi devono essere più mirati”.
La parte delle sperimentazioni cliniche ha invece coinvolto direttamente 13 aziende sanitarie di tutta Italia e ha valutato l’efficacia delle modalità organizzative relative alla gestione delle sperimentazioni stesse, mettendo a punto uno strumento per stimare i costi e i ricavi connessi.
“Dalle evidenze emerse dallo studio, un aspetto che le aziende sanitarie dovrebbero considerare è quello di rafforzare le proprie esperienze organizzativo-gestionali sulle sperimentazioni, un punto di debolezza del nostro Paese, che per il resto non sfigura nel contesto europeo - afferma
Claudio Jommi, Sda Professor e professore associato all’università del Piemonte Orientale - Per farlo occorre rafforzare e sostenere la presenza di Clinical Trial Unit, ciascuna con i propri modelli di riferimento, e in secondo luogo misurare, come abbiamo cercato di fare, il margine che la sperimentazione fornisce, per cercare di capire quanto effettivamente i proventi della sperimentazione clinica vadano a coprire i costi della sperimentazione stessa e quanti invece vadano a favore di altre attività aziendali”.
Le performance aziendali
Infine, è stato presentato un modello di “cruscotto multidimensionale manageriale”, da sempre obiettivo prioritario per l’Academy. Si tratta di un esempio utile a monitorare le performance nelle aree chiave dell’attività aziendale.
Questo modello è stato messo a punto, sperimentato e affinato attraverso un intenso lavoro all’interno di sei realtà aziendali, in collaborazione con direzioni strategiche e staff, in Lombardia e Piemonte.
“Il progetto Academy ci ha permesso di andare a vedere in profondità dentro le aziende sanitarie quali sono le misure che servono davvero per garantire alle direzioni aziendali una gestione delle proprie organizzazioni - afferma
Federico Lega, Sda Professor e professore associato all’Università Bocconi - Questo ci ha anche permesso di capire quale set di indicatori deve essere tenuto dalle direzioni, per permettere loro di guidare l’organizzazione, di identificare le misure che possono essere portate all’esterno per permettere ai cittadini di capire la qualità della gestione sanitaria e per garantire alle Regioni un controllo delle aziende”.
La ricerca. Una questione di ricettività
Fulvio Luccini, direttore Patient Access Novartis Farma, porta il punto di vista delle case farmaceutiche: “Le richieste dell’azienda per quanto riguarda la possibilità di portare più ricerca in questo Paese sono dettate da molto pragmatismo: la ricerca clinica come l’economia oggi è globale, quindi siamo in un mondo di competizione. Questa spesso non è fatta sulla qualità, che in molti Paesi, Italia compresa, è buona. Sovente l’elemento discriminante è la ricettività del Paese. In una Nazione come la nostra, dove per ottenere l’inizio di una ricerca clinica ci vogliono dai 6 agli 8 mesi, è molto difficile fare ricerca. In altri Paesi, anche europei, i tempi medi di attuazione delle ricerche variano tra i 2 e i 4 mesi. Siccome il tempo è un fattore critico per l’accesso al mercato, è chiaro che la ricerca va dove i tempi sono più brevi”.
“Concretamente questo si può fare, abbiamo esempi virtuosi in Sicilia e in Piemonte, dove l’attuazione di percorsi privilegiati puramente amministrativi hanno portato i tempi di concessione di un’autorizzazione per la ricerca da 8 a 3 mesi. Questo da solo consente probabilmente di raddoppiare la quantità di ricerca clinica investita nel nostro Paese”, conclude il manager.
Michela Perrone
23 maggio 2016
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