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Cure palliative. Agenas: il 47,5% delle Ucp soddisfa tutti i parametri. Ma ci sono ancora ritardi in molte aree del Paese. Il Rapporto

di Gennaro Barbieri

L'Osservatorio per le buone pratiche nelle Cure Palliative ha radiografato 118 Unità di cure palliative corrispondenti a 185 equipe. Resta più critica la situzione delle Ucp dell’arco alpino, della Sardegna, di gran parte della dorsale adriatica del centro e di quella tirrenica del centro-nord. I DATI IN SINTESI

26 MAR - La legge 38/2010 e la successiva Intesa Stato-Regioni del 25 luglio 2012 hanno stabilito che l’organizzazione delle reti locali di cure palliative entrasse nel processo di accreditamento istituzionale valido per tutte le altre strutture del Ssn. E’ proprio all’interno di questo percorso che si inserisce l’operato dell’Osservatorio per le buone pratiche nelle Cure Palliative: “Si tratta di uno strumento – ha sottolineato in una nota il direttore generale dell’Agenas, Francesco Bevere - per la verifica dell'applicazione di una legge tra le più avanzate d'Europa e che assicura il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona, il bisogno di salute, l'equità, l'appropriatezza, la tutela e la promozione della qualità della vita in ogni fase della malattia, in particolare in quella terminale".

Gli ultimi risultati (dati complessivi disponibili dal 30 marzo) registrati dall’Osservatorio sono stati illustrati nel corso di un convegno svoltosi presso la sede Enpam di Roma. Il monitoraggio del 2014 ha coinvolto tutte le Regioni e le Province Autonome, con 118 Unità di cure palliative (Ucp) corrispondenti a 185 equipe. “Abbiamo effettuato uno studio osservazionale – ha spiegato Gian Lorenzo Scaccabarozzi, direttore scientifico dell’Osservatorio – per verificare lo sviluppo delle reti locali di cure palliative e il processo di accreditamento delle strutture che le compongono”. Strutture che possono configurarsi come: cure palliative in ospedale attraverso le attività di consulenza specialistica di day hospital e ambulatoriali nell’ambito della degenza per i malati; cure palliative a domicilio attraverso unità che devono essere in grado di erogare sia prestazioni di base che prestazioni specialistiche; cure palliative in hospice di tipo residenziale perché non è sempre possibile tenere il malato a casa per ragioni soprattutto di natura sociale. “Queste ultime strutture – ha sottolineato Scaccabarozzi – rappresentano un autentico fiore all’occhiello per la sanità del nostro Paese”.

L’Osservatorio ha quindi verificato quali Ucp abbiano soddisfatto alcuni criteri essenziali: di carattere normativo, riguardanti la certificazione e il calcolo dei dati di attività, relativi gli accessi settimanali e legati alla soglia di numerosità dei malati oncologici deceduti assistiti. Sulla base di questi parametri, delle 118 Ucp che hanno dato l’assenso e che hanno concluso le tre schede (anagrafica, scheda Ucp e dati di attività), vengono ammesse in 56 (pari al 47,5%) mentre 83 sono classificate semplicemente come “eligibili”.

Una volta superato il primo criterio (minimo di possesso di requisiti normativi), il meccanismo di reclutamento dell’Osservatorio si basa sulla congruità del dato di una Ucp con altre potenziali Ucp “eligibili”; ovvero si permette che le Ucp con dati omogenei tra loro si autoselezionino, “escludendo” comportamenti palesemente fuori scala.

Passando a un’analisi geografica delle 56 Ucp ammesse - si sottoliena nel rapporto - emerge che restano scoperti praticamente tutto l’arco alpino, la Sardegna, gran parte della dorsale adriatica del centro e di quella tirrenica del centro-nord. 
 
Le strutture ammesse sono quindi state sottoposte a 14 indicatori per valutare le buone pratiche: Presenza della rete locale di cure palliative; Assistenza h24 e 7 su 7; assistenza di base; assistenza specialistica; sostegno psicologico; colloquio strutturato con i familiari; Formazione permanente del personale; Tempistica presa in carico malati oncologici deceduti; Fornitura farmaci a domicilio; Numero di malati oncologici assistiti per anno; Numero posti letto domiciliari equivalenti; Supporto di Onp; Coefficiente intensità assistenziale; Percentuale malati oncologici deceduti a domicilio.

I parametri soddisfatti con maggiore frequenza sono stati: colloquio familiare strutturato (100%); assistenza specialistica (98,2%) e Formazione Ecm (96,4%). I più difficili da soddisfare risultano: decessi a domicilio (50%) e coefficiente intensità assistenziale medio (44,6%). Nel 2013, quando le Ucp ammesse alla valutazione erano state 31, quest’ultimo dato era nettamente migliore (71%). “Non tutti i dati sono però confrontabili – ha precisato Scaccabarozzi – perché è cambiato l’approccio delle strutture. Abbiamo innanzitutto registrato una più convinta adesione del sistema professionale che ha fornito risposte con maggior accuratezza, determinando una migliore aderenza alle finalità nel 2014 rispetto al 2013. Nella curva di quest’anno siamo stati più rigorosi in relazione ai criteri di inclusività e siamo quindi soddisfatti di un lavoro compiuto in piena sintonia con le Regioni. I dati dovranno quindi costituire un’importante spunto per le politiche da mettere in campo sui territori”.

Obiettivo primario dell’Osservatorio resta comunque garantire un pieno e organico coinvolgimento dei cittadini. “Non a caso – sottolinea Scaccabarozzi – le attività dell’Osservatorio sono finanziate anche attraverso i fondi del 5 per mille: è una scelta emblematica della nostra volontà di fornire un servizio alla cittadinanza. Il punto di partenza è infatti divulgare un’informazione corretta e noi lavoriamo proprio in questo senso. Nei prossimi appuntamenti coinvolgeremo rappresentanze dei cittadini che saranno poi inserite anche all’interno del nostro board scientifico”.
 
Gennaro Barbieri

26 marzo 2015
© Riproduzione riservata


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