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Hiv. Simit: "In Italia pazienti con aspettativa di vita più alta al mondo"


La Società italiana di malattie infettive e tropicali ha analizzato i risultati di uno studio pubblicato al Croi di Atlanta. "Oggi l'80% delle nuove infezioni deriva da rapporti non protetti e l'età media dei pazienti si è alzata, arrivando a 30-40 anni".

13 MAG - In Italia l’aspettativa di vita per un paziente con Hiv è la più alta rispetto al resto del mondo. E’ quanto emerge da una ricerca internazionale pubblicata nel 2013 al Croi di Atlanta e dibattuta nel corso della quinta edizione della “Italian conference on Aids and retrovirus”, promosso dalla Società italiana malattie infettive e tropicali (Simit) e che si chiuderà domani a Torino.

“In Europa le differenze non sono particolarmente rilevanti: Francia, Spagna e Germania presentano dati più o meno simili - Giovanni Di Perri, presidente del Congresso e consigliere Simit – Sorprende, invece, lo scarto italiano, in positivo, con i dati degli Stati Uniti. Sono cambiati anche i costumi sociali: l’hiv si trasmette sempre di più con i rapporti sessuali, mentre negli anni Ottanta era soprattutto causata dallo scambio di siringhe infette: oggi l’80% delle nuove infezioni deriva da rapporto sessuale non protetto. L’età media dei pazienti è di 30-40anni, mentre fino al 2000 fa era tra i 20 e 30anni: un dato importante, perché sembrerebbe che i nostri pazienti stiano invecchiando naturalmente, con tutti gli acciacchi e le malattie legate all’età”.

Nel corso dei lavori ampio spazio è stato dedicato a un’importante novità in ambito scientifico: la terapia antiretrovirale. La somministrazione di questa terapia determina infatti l’inibizione della moltiplicazione del virus HIV e si associa al ripristino delle difese immunitarie. Nelle migliori condizioni di esercizio terapeutico l’aspettativa di vita di un paziente con infezione da HIV regolarmente in terapia inizia ad approssimarsi a quella della popolazione generale. E’ ovvio che se la terapia venisse interrotta l’infezione da HIV riprenderebbe il suo decorso naturale ed il paziente sarebbe nuovamente a rischio di decesso.

“La ricerca industriale porta a nuove soluzioni farmaceutiche più tollerate e più comode da assumere – ha aggiunto Di Perri - come ad esempio la disponibilità di una singola compressa contenente tre principi, e quindi l’intera terapia da assumere solo una volta al giorno. Dall’altra numerosi ricercatori clinici stanno perseguendo strategie di induzione-mantenimento, ovvero caratterizzate da un inizio di terapia regolare con tre farmaci e successivamente, una volta ottenuto un certo grado di beneficio iniziale, dalla prosecuzione con due o addirittura un solo farmaco in modo da alleggerire l’impegno terapeutico del paziente, l’eventuale tossicità a lungo termine della terapia e quindi anche riducendo i costi della stessa”.  

13 maggio 2013
© Riproduzione riservata


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