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La "Casa della salute". Riflessioni su un modello sempre attuale. Anche nel Lazio

di Roberto Polillo

Il modello di assistenza per le cure primarie nato da un progetto dell Cgil e poi fatto proprio dall'ex ministro della Salute Livia Turco nel 2006 è ormai sviluppato in diverse realtà del Paese. Esso resta più attuale che mai e dovrebbe essere adottato anche nel Lazio, per superare una organizzazione ancora troppo ospedalocentrica

14 GEN - Quando a metà degli anni 2000 cominciammo a ragionare con Bruno Benigni dello SPI nazionale e Nicola Preiti della CGIL Medici di come riorganizzare sistema di cure primarie ponemmo come obiettivi primari l’integrazione dei diversi professionisti della salute del territorio e il superamento di quella condizione di separatezza che caratterizzava il lavoro del medico di medicina generale (MMG).Il lavoro continuò negli anni successivi e il modello di “Casa della salute” che mettemmo definitivamente a punto con Bruno Benigni era pronto  giusto in tempo perché l’On. Livia Turco , di lì a poco Ministro della Salute del governo Prodi, la assumesse come obbiettivo programmatico per la sua riforma della assistenza territoriale.
 
A distanza di 5 anni,  quella idea di aggregare in uno spazio condiviso servizi e professionisti dispersi in quella che è ancora la prateria disabitata del territorio,  sta diventando un punto di riferimento per quasi tutte le regioni d’Italia. Per chi ha lavorato a quel progetto e credo anche per l’ex Ministro Livia Turco, che con grande lungimiranza lo seppe valorizzare e trasformare in concreta proposta politica,  è un momento di grande soddisfazione che lo ripaga della eccessiva cautela   di alcuni settori dello stesso nostro sindacato e di alcuni importanti Assessori alla sanità del tempo  che quel progetto apprezzarono solo successivamente.
 
Ed ora  la più grande soddisfazione è aver visto come in aggiunta alla Toscana, che da subito assunse (grazie a Enrico Rossi, allora Assessore alla salute) il progetto e lo realizzò concretamente  (Castiglion Fiorentino in primis e subito dopo Empoli), altre regioni come l’Emilia Romagna ( punta di eccellenza tra i servizi sanitari regionali) fecero proprio il progetto migliorandolo e implementandolo con propri atti deliberativi . Nel frattempo altre regioni si erano   mosse tra cui  il Piemonte, la Puglia, la Sicilia, la Sardegna ed oggi  si aggiunge la Calabria che, anche grazie ai fondi europei, ha messo in cantiere la costituzione di ben  sette case della salute a partire da ospedali dismessi perché obsoleti  .
 
Anche nel Lazio la “Casa della Salute può essere un modo per riprogrammare il territorio implementando concretamente il sistema di cure primarie e superando l’ospedalocentrismo mix ( 23 mila PL secondo il Ministero della salute di cui oltre 4000 privati accreditati) che caratterizza il suo sistema di cure e che è una, ma non certo unica,  delle cause degli spaventosi disavanzi della regione e della scarsa qualità delle cure.
 
La “Casa della Salute” tuttavia non può essere o restare un semplice slogan, un modo per annunciare una riforma scritta solo sulla carta o sulla sabbia. Vi sono infatti alcuni principi costitutivi concernenti il setting assistenziale e i modelli operativi da adottare (basati sul lavoro in team e - professionale) che, seppure modulari e incrementabili a seconda del bacino  di utenza, delle dimensioni della struttura ed altro,  rappresentano tratti comuni  che vanno necessariamente richiamati.
 

1.     L’aggregazione nello stesso spazio fisico dei MMG del ruolo unico (ex medici di assistenza primaria e continuità assistenziale) che vi eleggono il proprio studio professionale, (non necessariamente l’unico)  e che, ai fini della continuità delle cure per l’arco delle 24 ore,  mettono in comune i propri assistiti grazie alle opportunità offerte dalla rivoluzione digitale (cartelle cliniche informatizzate , registri di patologia, ricette elettroniche, prenotazioni CUP online etc)

2.     Co-presenza nella struttura degli specialisti ambulatoriali (SA) delle principali branche che, previa definizione di specifico protocollo,  forniscono ai MMG consulenza in tempo reale, in aggiunta  alle consuete attività programmate.

3.     Co-presenza dell’altro personale afferente alle diverse professioni sanitarie in primis infermieri, fisioterapisti, riabilitatori , etc. responsabili del processo assistenziale che acquisiscono, in accordo con il MMG,  il ruolo di case manager e disease menager per i pazienti complessi e affetti da pluri-patologie e per le loro famiglie

4.     Partecipazione attiva  del personale adibito alla  assistenza sociale , alla educazione sanitaria e alla prevenzione che integra le attività sanitarie con quelle socio assistenziali e di educazione ai corretti stili di vita secondo le logiche insite nell’ expanded chronic care model in cui acquistano grande valenza l’ implementazione delle risorse della comunità e l’adeguamento dell’ambiente di vita quotidiano 

5.     Presenza di personale amministrativo del distretto a cui viene demandata l’organizzazione funzionale della struttura, la tenuta dei registri dei pazienti e le incombenze burocratiche di vario genere (rendicontazione per la ASL, refertazione, assistenza sociale propriamente detta anche economica)

6.     Setting assistenziale a complessità crescente: laboratorio analisi, radiologia convenzionale e per immagini, centro di salute mentale, RSA, postazione del 118, ambulatorio infermieristico, ospedale di comunità a gestione infermieristica, centro di riabilitazione etc. , punto unico di accesso (PUA o similari) CUP

7.     Adozione del “Chronic care model” per la presa in carico dei pazienti  affetti dalle principali patologie croniche (Diabete, scompenso cardiaco, BPCO, Asma e ipertensione) che a sua volta comporta:

a.     Definizione di registri di patologia (la lista dei pazienti affetti da quella/quelle determinata/e malattia/e) e della relativa cartella clinica informatizzata

b.     Programmazione per ciascuna lista di patologia degli accertamenti strumentali e /o laboratoristici e dei controlli  clinici periodici necessari al corretto monitoraggio della patologia e alla prevenzione terziaria delle complicanze e delle ospedalizzazioni evitabili

c.     Uso di sistemi intelligenti (linee guida, consulenza on-line) di supporto al lavoro professionale del medico  e  alert automatici di segnalazione di eventuali scostamenti quali- quantitativi dei pazienti dallo specifico protocollo diagnostico- terapeutico. 

d.     Potenziamento della assistenza domiciliare ( come da bozza dei LEA) a diversa intensità assistenziale e della ospedalizzazione a domicilio attraverso l’implementazione della telemedicina per il controllo clinico a-remoto e della domotica per la messa in sicurezza della casa

e.     Implementazione delle pratiche di self-help  e di family learning con valutazione periodica della corretta operativa nei confronti dei pazienti affetti da patologie croniche e dei loro familiari

8.     Collegamento funzionale con l’ospedale di riferimento   e le strutture di riabilitazione e di lungo degenza attraverso al definizione di specifici protocolli validi ai fini  della dimissione dall’ospedale o in caso di ricovero programmato o facilitato (con superamento della fase del triage).

9.     Adeguamento del sistema premiante del personale sia dipendente che a rapporto convenzionale (MMG e SA) passando da un modello basato sul numero di prestazioni effettuate (spesso ad alto tasso di in appropriatezza) a un modello che assume come riferimento gli outcomes di salute raggiunti (controllo pressorio, controllo metabolico nel caso di pazienti affetti da dismetabolismi, grado di aderenza dei pazienti ai protocolli previsti per ciascuna patologia cronica, numero di episodi di riacutizzazione e di accesso alla struttura ospedaliera)

10.   Implementazione di sistemi di partecipazione dei cittadini alle scelte pubbliche e finalizzate non solo alla definizione di bisogni e alla implementazione delle attività socio-sanitarie calibrate allo specifico contesto socio-epidemiologico di riferimento, ma soprattutto alla valutazione degli esiti del servizio reso e (sperando presto) degli stessi professionisti

Sono questi gli elementi di contesto che possono fare della Casa della Salute un reale punto di riferimento per una efficace implementazione di un “modello distribuito” di servizi territoriali che si assume per intero la gestione delle patologie croniche. Un nuovo modello organizzativo (ad alto valore aggiunto come le eccellenze ospedaliere)  ma soprattutto culturale che dovrà essere condiviso da operatori provenienti da contesti organizzativi e regimi contrattuali diversi (spesso portati alla difesa dello status-quo) ma che richiede anche convinzione e determinazione  da parte del decisore politico.

Roberto Polillo

14 gennaio 2013
© Riproduzione riservata


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