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HIV, ancora troppo alto lo stigma nelle strutture sanitarie. Il rapporto ECDC ed EACS


Un operatore sanitario su quattro non sa che le persone con Hiv che raggiungono e mantengono una carica virale non rilevabile non possono trasmettere il virus per via sessuale. Il 44% non ha conoscenze sulla PEP e quasi il 60% sulla PrEP. L’8% eviterebbe il contatto fisico con una persona affetta da Hiv e il 26% indosserebbe doppi guanti se dovesse prestargli assistenza. Teymur Noor (ECDC): “C’è un urgente bisogno di formazione e informazione”. IL RAPPORTO

23 LUG - È ancora fortissimo, in Europa e in Asia centrale, lo stigma nei confronti delle persone con Hiv da parte degli operatori sanitari. Emerge con forza dalla Relazione del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e della European AIDS Clinical Society (EACS), che hanno rivelato significative lacune nelle conoscenze sulla trasmissione e prevenzione dell’HIV tra gli operatori sanitari. “Questa mancanza di conoscenza è associata a livelli più elevati di stigma e discriminazione nei confronti delle persone che vivono con l’HIV, ostacolando gli sforzi per raggiungere l’obiettivo di sviluppo sostenibile di porre fine all’AIDS entro il 2030”, spiega l’ECDC in una nota che illustra i principali risultati emersi dall'indagine condotta in 54 paesi, Italia compresa.

In particolare, un operatore sanitario su quattro non conosce il concetto di “non rilevabile uguale non trasmissibile” (U=U), che significa che le persone con HIV che raggiungono e mantengono una carica virale non rilevabile non possono trasmettere il virus ad altri per via sessuale. Il 44% non ha conoscenze sulla profilassi post-esposizione (PEP) e quasi il sessanta% non ha conoscenze sulla profilassi pre-esposizione (PrEP). Meno di un terzo degli intervistati ha una conoscenza corretta di tutte e tre le affermazioni relative alla trasmissione e alla prevenzione dell'HIV.

“Una piccola ma notevole percentuale di operatori sanitari (8%) ha riferito che eviterebbe il contatto fisico e un quarto ha affermato che indosserebbe doppi guanti quando prestasse assistenza a una persona affetta da HIV”, fa sapere l’ECDC nella nota.

Alcuni operatori sanitari hanno anche espresso riserve sul fatto di prestare assistenza a popolazioni ritenute a più alto rischio di HIV, come le persone che si iniettano droghe, uomini che hanno rapporti sessuali con uomini, lavoratori del sesso o transgender. Secondo quanto riferito, questi atteggiamenti sono stati influenzati dalla mancanza di formazione e dalla percezione di un aumento del rischio.

“Nonostante la presenza di protocolli e linee guida per la protezione dall’infezione da HIV e la prevenzione della discriminazione in molte strutture, in alcuni contesti vi era ancora una sostanziale mancanza di consapevolezza o di attuazione di queste politiche. Sono state segnalate anche pratiche discriminatorie, con più di un intervistato su cinque che ha testimoniato la riluttanza a fornire assistenza a persone che vivono o sono a rischio di HIV. Inoltre, quasi un terzo degli intervistati ha riferito commenti discriminatori o negativi nei confronti delle persone che vivono con l'HIV e quasi il 20% ha assistito alla divulgazione dello stato di HIV senza consenso”, spiega l’ECDC. Che sottolinea come questi risultati siano particolarmente importanti poiché lo stigma dell’HIV è collegato a risultati sanitari negativi come cure ritardate, scarsa aderenza alle terapie e al ricorso alle prestazioni sanitaria, che in ultima analisi ostacolano gli sforzi di prevenzione e trattamento dell’HIV.

“Comprendere come e in quali contesti lo stigma dell’HIV si manifesta negli ambienti sanitari è necessario per intervenire e affrontare i fattori individuali e istituzionali di stigma e discriminazione nei confronti delle persone che vivono con l’HIV”.

“C’è un urgente bisogno di interventi robusti e articolati per eliminare lo stigma, migliorare la conoscenza dell’HIV tra gli operatori sanitari e garantire cure eque a tutte le persone che vivono con l’HIV. Affrontare questi problemi è essenziale per raggiungere l’obiettivo globale di porre fine all’epidemia di AIDS entro il 2030”, dichiara Teymur Noor, esperto di HIV dell’ECDC e coordinatore dello studio.

Il rapporto fa parte del lavoro che l’ECDC sta portando avanti per valutare i progressi nell’attuazione della Dichiarazione di Dublino sul partenariato per combattere l’HIV/AIDS in Europa e in Asia centrale. I risultati del rapporto saranno presentati anche alla 25a Conferenza internazionale sull’AIDS che si terrà a Monaco, in Germania, il 26 luglio 2024.

23 luglio 2024
© Riproduzione riservata

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