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Ipasvi Bari e Firenze. "Ecco come la pensiamo su bisogni, sostenibilità e disoccupazione"


Pubblichiamo un ampio contributo inviatoci dai Collegi Ipasvi delle due province. Affrontate diverse tematiche molto attuali e legate alla crisi del sistema sanitario dopo le manovre economiche degli ultimi anni.  "Tagliare la sanità fa forse risparmiare oggi ma il prezzo, molto più alto, lo pagheremo domani".

22 NOV - Il Paese sta passando un momento di recessione particolarmente pesante e molti servizi, di particolare attenzione e rilevanza fino a poco tempo fa, stanno subendo delle importanti penalizzazioni con conseguenti possibili danni per i cittadini. Le variabili da prendere in considerazione sono principalmente due: i bisogni della gente e la sotenibilità del sistema. A queste si aggiunge un ulteriore elemento che ricorda una analoga situazione di circa quindici anni fa che si riferisce ad una ipotetica "disoccupazione infermieristica". L'analisi e l'approfondimento delle diverse situazioni può essere di aiuto per inquadrare meglio le questioni e formulare ipotesi di soluzioni e/o miglioramenti.


1. I bisogni della gente
I dati epidemiologici e demografici, gli studi sociali e "di settore", evidenziano alcuni importanti cambiamenti che in particolare riguardano:
- l'aumento della vita media  (11% di persone ricomprese nella fascia di età 65/74 anni  e  10% della popolazione con una età > di 75 anni).  Di grande interesse (e preoccupazione) sono anche i dati inerenti la proiezione dei prossimi trenta anni che evidenziano chiaranmente il significativo aumento [più del doppio] delle persone con una età maggiore di 65-80-85 anni, rispetto ai venti anni precedenti  (dati Istat);
- l'aumento delle patologie cronico degenerative (legate anche all'aumento della vita media);
- una diminuzione dei livelli di autonomia delle persone;
- un aumento delle fragilità e delle disabilità (rif. progetto "codice argento" e "rapporto sulla non autosufficienza"), con  un interessamento percentuale della popolazione di valore importante, come di seguito riportato: 70-74 aa (9,7%); 75-79 aa (17,8%); > di 80 aa (44,5%). Una famiglia su 10 ha in casa un componente con problemi di cronicità e disabilità (2.600.000 persone in condizione di disabilità che vivono in famiglia, pari al 4.8% della popolazione);
- un aumento importante della domanda da parte della popolazione.


Alri importanti cambiamenti riguardano la società e il sistema sociale, con le seguenti caratterizzazioni:
- le criticità e le instabilità nel mondo del lavoro;
- le strutture famigliari risultano meno solide e "isolate";
- i cambiamenti negli stili di vita delle persone
- la prevalenza dell'individualismo
- l'aumento delle persone sole
- la forte immigrazione (con conseguenti problemi legati all'integrazione)
- le difficoltà ad attivare forme di auto-mutuo-aiuto.

Inoltre è importante tenere conto di una serie importante di situazioni che possono influire nella condizione generale di salute di una popolazione o di un individuo, in particolare:
- le condizioni economiche del Paese possono portare molte persone a stili di vita troppo lontani dal minimo accettabile;
- la condizione economica individuale può portare le persone a delle scelte che hanno, come conseguenza, una diminuzione del livello di attenzione sulle questioni che riguardano la salute;
-  l’aumento del costo della vita genera un aumento delle difficoltà quotidiane, soprattutto per le persone anziane e sole.

2. La sostenibilità del sistema e le risorse assistenziali necessarie
Gli ultimi governi sono tutti intervenuti pesantemente sul sistema sanitario, per mezzo di norme e/o atti di indirizzo, per assicurare il funzionamento del sistema e garantire una risposta (Lea) ai bisogni della gente, attraverso forme di riorganizzazione e razionalizzazione (anche se in realtà erano prevalentemente interventi di razionamento).
Particolare attenzione è stata posta alla riduzione dei posti letto, probabilmente perchè incidente in maniera significativa sulla riduzione del costo del personale, notoriamente il più alto per il funzionamento del sistema sanitario.

Sorgono spontanee alcune riflessioni riguardanti i seguenti aspetti:
a) La riduzione dei posti letto:
- deve essere parte integrante dello sviluppo di un progetto e deve coinvolgere i livelli Istituzionali (Regione, Aree Vaste, Aziende), i cittadini e le rappresentanze sociali e gli operatori del sistema, nel rispetto delle indicazioni normative (pl 3‰ abitanti per pazienti acuti più pl 0,7‰ abitanti per lungodegenza e riabilitazione);
- deve essere funzionale al progetto della Regione cui compete la definizione dell'assetto del sistema e la distribuzione delle strutture deputate a garantire i servizi. Compete alle Aziende (singole e di Area Vasta) definire l'assetto delle strutture e le relative caratterizzazioni, l'organizzazione dei servizi, i percorsi di accesso, il sistema di follow-up, etc. etc.;
- deve tenere conto dello sviluppo scientifico, tecnologico e metodologico che ha interessato il sistema sanitario (lo sviluppo della robotica, della laparoscopia, della artroscopia, della radiologia interventistica, etc. etc. obbliga un completo ripensamento del sistema, sia in termini di "dimensionamento", sia in termini di "distribuzioni disciplinari".  E' indubbio che se il sistema di "ieri" richiedeva 14 gg di ricovero per affrontare una data situazione clinica e il sistema di "oggi" consente di realizzare una completezza di percorso in periodi molto brevi [1-2 giorni], necessitano molti meno letti [e reparti]  e anche un minore numero e tipologia di "primari" e, soprattutto, una diversa organizzazione);
- deve comunque essere in grado di assicurare l’efficacia, l’appropriatezza, l’efficienza e la sicurezza delle prestazioni sanitarie;
- deve garantire la presa in carico dell'utente, anche con l'attivazione di percorsi agevolati di accesso e di dimissioni protette e "guidate" in maniera integrata con le strutture e i servizi territoriali;
- deve favorire il ripensamento del sistema clinico assistenziale, su distribuzioni spaziali diverse, che privilegiano l’intensità di cura e la complessità assistenziale, rispetto alle vecchie logiche del “reparto”;
- deve favorire la definizione/sviluppo/ implementazione di nuovi modelli assistenziali (DH - DS - Sistema Weeck - etc.) in grado di garantire comunque l'utente, con un minore impiego di risorse e, di conseguenza, minori costi (a parità di livello di risposta ai bisogni dell'utenza);
 
b) Gli standard di riferimento e la rete del sistema
- gli standard hanno una loro importanza perchè definiscono a monte dei precisi riferimenti e le regole di funzionamento (anche se ripropositivi di concetti passati e "storici" - rif. I.Cavicchi - QS - difficilmente ripresentabili e applicabili nelle realtà di oggi);
- ancora più importante risulta essere la definizione della "rete" del sistema, sia a livello ospedaliero, sia in integrazione con le strutture e i servizi territoriali e domiciliari. Tale definizione dovrebbe definire in modo chiaro e inequivocabile i servizi erogabili in ogni singolo contesto, la tipologia e il livello delle attrezzature e delle tecnologie da rendere disponibili in ogni struttura della rete (tenuto conto sia della tipologia della struttura, sia del rapido livello di obsolescenza delle tecnologie e attrezzature sanitarie), le risorse necessarie (per tipologia e numerosità) e i percorsi. Tutto ciò a garanzia del cittadino (certezza dell'adeguatezza di strutture, tecnologie, attrezzature, prestazioni, etc. etc.) e degli operatori (adeguatezza dei saperi, abilità personali e di gruppo, appropriatezza e sicurezza delle attività e delle prestazioni);
- se le azioni "di guida e di indirizzo" assumono la caratteristica di "rigidità e di forte vincolo, indubbiamente lo strumento "incarta" e "non favorisce" e, di conseguenza, non serve!

c) L'etica e la responsabilità nelle decisioni e l'analsi delle conseguenze  (sulla gente e sugli operatori)
Pur nella consapevolezza della necessità di un ripensamento del sistema (di cui al precedente punto 1), la presa di decisioni di così grande rilevanza dovrebbe stimolare nella politica non poche riflessioni relativamente alle possibili criticità per la popolazione, e potrebbe anche risultare utile il tentativo di risposta ad alcune domande:
- La dimunuzione di posti letto dovrà riguardare in maniera percentualmente identica tutto il territorio nazionale?
- E' possibile ipotizzare soluzioni diverse, tenuto conto dei contesti urbani, della popolazione presente (e non residente) e delle caratterizzazioni territoriali?
- Aumenterà l'accesso delle persone ai Pronto Soccorso  (con riferimento ai codici minori)?
- Quanto dovrà essere forte il potenziamento dei servizi territoriali, tenuto conto delle pesanti problematiche dei pazienti affetti da patologie cronico-degenerative?
- Quale margine di praticabilità relativamente all'attivazione di un servizio H24 dei servizi di Mmg/Pls?
- C'è stato un coinvolgimento proattivo di tutti gli stake-holder?
- Non sarebbe stato più opportuno rispettare i principi del management moderno? (prima si riorganizza e poi si razionalizza)


d) La necessità di risorse (e di investimenti)
- da un punto di vista teorico la diminuzione di posti letto e la riduzione di "strutture complesse" consente un recupero di risorse assistenziali;
- la realtà porta inevitabilmente a un risultato diverso per le seguenti motivazioni:
- gli standard di riferimento per la determinazione delle dotazioni organiche sono datati (25 anni) e certamente non rispondenti alle necessità di oggi;
- la diminuzione di posti letto porta ad una "accelerazione" dei percorsi e dei processi, con una necessità di maggiori risorse, specializzate e di competenze avanzate;
- lo sviluppo scientifico e tecnologico richiede un aumento di risorse (contrariamente ad altri settori dove l'informatizzazione consente un aumento di attività e favorisce una diminuzione di personale);
- l'aumento della cronicità richiede una implementazione di risorse e una differenziazione e una specializzazione (o specificità) di saperi;
- l'unico risultato fattibile è un ipotetico recupero di risorse per il miglioramento/adeguamento delle dotazioni organiche delle strutture ospedaliere;
-  il tentativo di sostituzione degli Infermieri con gli Operatori Socio Sanitari va bloccato e va sviluppato un nuovo progetto (di integrazione e non di sostituzione, nel pieno rispetto delle persone e riconoscimento del ruolo e della professione di Operatore Socio Sanitario).  L'azione deve essere preceduta dal ragionamento e dall'analisi. E' indubbio che "a fronte dell'avanzamento di una professione, c'è un'altra professione che nasce o che cresce" (è un principio della Sociologia moderna); il cambiamento va guidato, tenuto conto dei bisogni da assicurare, delle caratterizzazioni assistenziali, dei saperi degli operatori e delle necessità del sistema.
- il mancato recupero di risorse assistenziali dalle strutture ospedaliere, da dirottare nei servizi territoriali (come auspicato dal legislatore) non consentirà certamente le possibilità di "presa in carico" e di continuità di servizi, come raccomandato dai dettati normativi in essere, se non a fronte di importanti investimenti (assunzione di Infermieri e Operatori di Supporto) e/o di riorganizzazioni complete del sistema assistenziale e una nuova e più moderna rideterminazione delle dotazioni organiche (tipologia e numerosità di operatori).

Oltre a quanto riportato è necessario "attenzionare" altre importanti variabili:
- le dotazioni organiche delle strutture private.  Gli standard previsti dal Decreto Balduzzi avranno certamente, come diretta conseguenza, un ri-disegno di molte strutture private (di piccole e grandi dimensioni), con importanti riduzioni di personale (in particolare Infermieri e Operatori di Supporto). Per dette strutture vale lo stesso principio già espresso per il Sistema Sanitario Nazionale. I criteri e le logiche di riferimento per la determinazione delle dotazioni organiche devono essere le stesse, a tutela e garanzia degli utenti e degli operatori;
- diversi lavori di approfondimento e di ricerca hanno chiaramente evidenziato una correlazione tra "attività sulla persona" e "patologie dell'apparato muscolo-scheletrico", con conseguenti determinazioni di limitazioni da parte della "sorveglianza sanitaria" in un'alta percentuale di operatori.  Indubbiamente i problemi descritti non risultavano presenti nel passato, quando le normative consentivano il pensionamento con 19 anni, 6 mesi e 1 giorno di servizio; in pratica si iniziava a lavorare a 18 anni e si andava in pensione a 37 anni. Nessuno è malato a quella età.  Oggi si inizia a 23-24 anni e si va in pensione a 67 anni, con condizioni completamente diverse. Tali situazioni non possono essere sottovalutate e vanno studiati ed ipotizzati percorsi "ad hoc" per consentire l'adeguatezza delle collocazioni operative, nel rispetto delle condizioni di salute dei diretti interessati e delle situazioni di rischio nelle strutture di assegnazione.


3. La "disoccupazione infermieristica"  (ipotetica)
Si prende atto che in molte Aziende Sanitarie presenti sul territorio nazionale sono state attivate le procedure concorsuali per l'assunzione di Infermieri (e/o o le procedure di mobilità) e che le stesse Aziende stanno manifestando una grande preoccupazione per l'alta numerosità di domande di partecipazione.
A titolo esemplificativo vengono riportati i dati relativi a due bandi di concorso pubblicati in tre Aziende dell'Italia centrale:

- circa 3.800 domande per la copertura dei 2 posti messi a bando dall'Azienda "A";
- circa 12.000 domande per la copertura dei 70 posti messi a bando dall'Azienda "B";
- circa 2.000 domande di mobilità (in entrata) per la copertura di 15 posti nell'Azienda "C";

Gli addetti ai lavori sanno perfettamente che i dati di mobilità sono molto alti e che le graduatorie scorrono in maniera molto rapida e pertanto è evidente che il numero dei posti messi a concorso è un dato puramente indicativo per la realizzazione dei relativi concorsi.
Quello che colpisce è l'alta numerosità dei candidati, quasi la replica della situazione di circa un decennio fa.

Viene naturale domandarsi:
- Come mai una partecipazione così alta di candidati?
- Cosa è cambiato rispetto al passato?
- Perchè le Aziende prevedono un numero di assunzioni di Infermieri molto basso?
- E' forse diminuta la domanda di salute da parte della popolazione?
- Sono stati formati troppi Infermieri?
- E' forse necessario ridurre i numeri dei posti disponibili presso le Università per la formazione degli Infermieri?
- Perchè ci troviamo di fronte ad un nuovo fenomeno di "disoccupazione infermieristica"?
- I candidati che aderiscono ai bandi di concorso sono "disoccupati" o risultano invece "occupati", ma in sedi lontane dai contesti famigliari di origine?

Per fotografare meglio il fenomeno necessitano alcune precisazioni:

- Non risultano evidenze scientifiche a dimostrazione di una eventuale diminuzione di domanda da parte della popolazione;
- di contro, risultano ben evidenti le aumentate necessità assistenziali, legate sia alle mutate situazioni epidemiologiche (in particolare l'andamento demografico e la cronicità), sia alle evoluzioni scientifiche, tecnologiche, clinico-assistenziali e riabilitative che richiedo maggiori risorse e più alti livelli di specializzazione;
- non sono stati formati troppi Infermieri (i numeri vengono stabiliti dai Ministeri interessati - MIUR e Sanità - in collaborazione con le Regioni e gli Ordini/Collegi interessati, tenuto conto del turnover storico, degli abbandoni della professione, degli abbandoni del percorso formativo, della sostituzione degli Infermieri Generici e Psichiatrici non ricompresi negli Albi IPASVI, dei pensionamenti, del possibile rientro di una percentuale degli Infermieri comunitari e extra-comunitari arrivati nel nostro Paese, etc. etc.);
- la programmazione dei posti a bando (di cui al punto precedente), pur in presenza di dati discordanti tra le proposte del MIUR, Ministero della Salute, Regioni e IPASVI, ha avuto un incremento continuo (da 14.000 a 16.000 posti), con la garanzia della copertura del turnover e delle necessità per il funzionamento del sistema (ad oggi);
- certamente la professione ha significativamente migliorato gli indici di attrazione (da 28.000 dell'A.A. 2007/2008 a 46.000 dell'A.A. 2012/2013);

Oltre a quanto evidenziato è necessario prendere in considerazione altre variabili, in particolare:
- Le manovre delle Regioni, in applicazione delle diverse finanziarie, degli indirizzi del governo centrale (tetto di spesa fissato all'impegno dell'anno 2004, meno l'1,4% ), nonchè della "spending review", hanno inciso in manera molto forte (anzi, quasi in maniera esclusiva) sulla popolazione infermieristica e sul personale di supporto;
- i fatti evidenziano che non si è dato seguito (se non in maniera molto ridotta) alle sostituzione dei pensionamenti, del turnover legato alle mobilità, non sono state garantite le sostituzione delle assenze per gravidanza e di altri benefici di legge (es. 104);
- In pratica si è razionalizzato (forse è meglio dire "razionato") e non sono stati realizzati interventi di tipo riorganizzativo.

Ulteriori approfondimenti:
- Le indicazioni del governo centrale e gli indirizzi normativi prendono in considerazione "il mantenimento della spesa dell'anno 2004, meno l'1,4% dei costi sostenuti nello stesso anno" ... che non significa diminuire gli Infermieri e il personale di supporto ma semplicemente avere un "tetto" di riferimento per la spesa del personale (tutto);
- Anche alcune normative precedenti, es. la L. 133/2008 (Brunetta) prevedeva regole innovative per il contenimento della spesa, quali la riduzione dei posti letto (con risultati importanti, anche se parziali e a "macchia di leopardo" sul territorio nazionale), l'accorpamento delle Unità Operative, nuovi criteri per la determinazione delle strutture semplici e delle strutture complesse, nonchè nuvi criteri per l'assegnazione delle funzioni di coordinamento e delle Posizioni Organizzative;
- è vero che sono stati "tagliati" anche molti ruoli dirigenziali (nella realtà in troppi casi si è trattatodella mancata sostituzione dei pensionati e pensionandi), ma forse è anche vero che si era esagerato nel passato;
- recenti studi (Saiani et. al.) hanno evidenziato l'assoluta inadeguatezza degli standard assistenziali in essere (datati 1988) rispetto alle complessità assistenziali di oggi. Gli stessi studi, pur nella consapevolezza della "vetustà" del metodo, al fine di assicurare l'appropriatezza, l'adeguatezza e la continuità dei sevizi e delle prestazioni assistenziali, hanno determinato una necessità di implementazione di circa 80minuti/giorno/paziente nei contesti assistenziali classificati come "strutture di base" (medicine, chirurgie, etc.), con evidenti necessità di integrazione di operatori e di diversa distribuzione degli stessi (Infermieri e OSS).


Considerazioni conclusive
Sulla base delle argomentazioni affrontate (i bisogni della gente - la sostenibilità del sistema) è possibile affermare quanto segue:
- diminuire i servizi alle persone con problemi di salute ed abbattere gli standard assistenziali potrebbe significare un contenimento della spesa nell'immediato, per diventare poi un "pesante innalzamento" della stessa spesa, subito dopo, quale conseguenza di un naturale aggravamento, stante l'inadeguatezza dell'intervento precedente;
- la "disoccupazione" (presunta) è da legare al fatto che non sono diminuiti i bisogni delle persone ma sono diminuiti i finanziamenti disponibili per la garanzia dell'assistenza alle persone;
- gli Infermieri non vengono assunti semplicemente perchè non ci sono i finanziamenti necessari  (però vengono mantenute strutture complesse inutili e vengono mantenuti reparti con 7-10 pl);
- il sistema è al collasso e gli Infermieri non sono più in grado di reggere alla attuale domanda della popolazione (pesantemente aumentata di complessità e quantità);
- non è una questione di posti di lavoro, ma di garanzia per la popolazione e di tutela dei diritti.
 
E' giunto il momento che la politica acquisisca piena consapevolezza della realtà della situazione, così come è giunto il momento di informare in maniera dettagliata tutti coloro che sono committenti e finanziatori dell'intero sistema (i cittadini).
 
A cura dei Collegi IPASVI delle Province di Bari e Firenze
 

22 novembre 2012
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