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La sanità di fronte al passaggio tra presente e futuro 

di Giovanni D’Angelo

Il nuovo anno, si presenta ricco di elementi innovativi in sanità, relativamente alla organizzazione, gestione e modalità comportamentale, il cui peso non sarà a carico solamente degli operatori sanitari ma anche dei cittadini e richiederà una cultura nuova

08 GEN -

In questi ultimi anni vi è stata una serie di errori nella gestione, cui si sono aggiunti i problemi indotti dalla circolazione del coronavirus nelle diverse forme, un virus “speciale”, con un comportamento in campo umano paragonabile a quello del famoso “Diabolik”, in grado di cambiare continuamente il suo volto per raggiungere gli obiettivi.

Sono stati anni difficili, nei quali è stato necessario fare leva sulla resilienza degli operatori sanitari, che hanno dimostrato una inaspettata capacità di reazione alle enormi difficoltà, legate alla non conoscenza della forza penetrativa e diffusiva del virus e alle deficienze del Sistema Sanitario, per troppo tempo attento ad una gestione dell’ordinario e quindi, impreparato di fronte ad una improvvisa pandemia, la cui estensione non era mai stata così ampia. A gennaio del 2023 l’Oms ha dichiarato “Il mondo deve essere meglio preparato e meglio coordinato per rispondere a eventuali pandemie future lungo l'intero ciclo di individuazione, allarme e risposta”.

Di qui la proposta accettata da 194 stati membri per la preparazione entro il 2024 di un Piano Pandemico Internazionale, con approccio “One Health” che collega la salute degli esseri umani a quella degli animali e del pianeta. A questa presa di posizione si è associato anche il Prof. Fauci, che ha saggiamente aggiunto: “Poiché una pandemia non è finita, finché non è finita”, avere a disposizione uno strumento unico e globale, che aiuti a prevenire un inizio con grave danno della pandemia o che possa determinare una rapida risoluzione, sarebbe davvero una grande conquista a tutela della salute universale. Questo guardare al recente passato, purtroppo ancora presente, vuole introdurre qualche riflessione sulla sanità nel nuovo anno e sulle attese degli operatori sanitari e dei cittadini.

Il “punctum dolens” più urgente è recuperare una visione programmatica della sanità per evitare il grave deficit di personale, determinatosi negli ultimi 15 anni, nei quali la mancanza di una proiezione nel tempo di personale sanitario, ma non solo, poteva, come è accaduto, prima rallentare e man mano portare quasi ad un blocco nella risposta alla domanda di salute. All’errore di carattere generale, si è poi aggiunto un principio punitivo per le regioni in piano di rientro, che è stato peggiore del male originale: il blocco della spesa per il personale, impropriamente definito temporale, ma che perdura da oltre 10 anni, con effetti devastanti sulla salute dei cittadini. Paradossale: cercare una correzione dei debiti attraverso un’azione perversa, che cerca di raggiungere un equilibrio economico riducendo la disponibilità alla cura e quindi peggiorando la salute dei cittadini, si è dimostrato essere fonte di aumento del bisogno sanitario e della spesa, con parallelo decremento del PIL.

E poiché stiamo parlando fondamentalmente delle regioni meridionali, tutto ciò ha aggravato notevolmente il divario Nord-Sud con l’effetto di una “bomba a grappolo”. Di fatti le schegge impazzite hanno colpito numerosi settori con: fuga della gente meridionale verso le regioni del centro-nord e negli stati esteri, trasferimento dei nostri medici e sanitari in Sistemi Sanitari più sicuri e retribuzioni migliori oltre che prospettive diverse per chi vi lavora, riduzione delle nascite, il bene più importante per un territorio, che sommato alla fuga degli abitanti ha determinato un vulnus profondo. Infatti alla metà del secolo precedente il 37,2% della popolazione italiana viveva nel Mezzogiorno con una natività che donava la metà delle nascite al paese, laddove nel 2022, il primo dato si è ridotto di 4 punti (33,6%) e il secondo di ben 14 punti (35,7%). Di concerto il livello di scolarità nel Meridione si è ulteriormente ridotto, e con esso il numero delle classi.

Questa fotografia in bianco e nero di un paese a due velocità dovrà necessariamente cambiare e la forza del cambiamento dovrà venir fuori dalla nostra gente abituata nella lunga storia a reagire alle avversità; basta ricordare la storia dei migranti e il successivo riscatto con la rinascita degli anni cinquanta-sessanta anche grazie ai supporti messi in campo da una politica, che , a quei tempi, aveva capito che la crescita armonizzata del paese poteva rappresentare il giusto biglietto di presentazione per sedersi nella nascente Comunità Europea, dove doveva accedere un paese e non le singole regioni.

Questo breve ma necessario, quand’anche non esaustivo flash nel recente passato, è stato necessario per incamminarsi nel nuovo anno, che si presenta ricco di elementi innovativi in sanità, relativamente alla organizzazione, gestione e modalità comportamentale, il cui peso non sarà a carico solamente degli operatori sanitari ma anche dei cittadini e richiederà una cultura nuova, per certi versi rivoluzionaria, che, come sempre accade in questi casi, agita tutte le componenti chiamate a implementare il nuovo che avanza, politici, tecnici, amministratori, stackeholder e i diversi operatori sanitari, in particolare i medici.

Il 2024 sarà un anno di preparazione alla “nuova sanità”, scandito dalle realizzazioni di progetti elaborati nel 2023, per quanto riguarda il Pnrr, finanziato dal programma della Unione europea “Next Generation Europe”, che destina alla Missione Salute 15,63 miliardi di euro, per sostenere importanti riforme e investimenti a beneficio del Servizio Sanitario Nazionale, da realizzare entro il 2026. A questa somma si aggiungono 2,89 miliardi di euro versati dal nostro stato e altri investimenti per un totale di 20 miliardi.

Gli obiettivi affidati al PNRR sono di fatto due:

1) ridisegnare la rete di assistenza sanitaria territoriale per una sanità di prossimità;

2) innovare il parco tecnologico ospedaliero, digitalizzare il Servizio sanitario nazionale, investire in ricerca e formazione del personale sanitario per una sanità più sicura, equa e sostenibile.

Come tutti i processi di rielaborazione prevalentemente di tipo tecnologico, occorre predisporsi positivamente di fronte al nuovo che avanza, un nuovo particolarmente complesso, fatto da strumentazione tecnologica ma anche da necessità inderogabile di aggiornamento culturale sul modo con il quale si eserciterà la professione nella consapevolezza, che coloro i quali rifiutano questo processo di adeguamento, saranno destinati a collocarsi su un livello professionale diverso e con minore spazio occupazionale, con le relative conseguenze di carattere socio-economico.

Sullo sfondo l’ingresso dirompente della Intelligenza Artificiale (A.I.), che in realtà già da alcuni anni è presente nel mondo industriale e finanziario, di cui abbiamo ancora scarsa conoscenza ma che ha conquistato silenziosamente il grande mercato sanitario, partendo dai paesi più avanzati nel settore, quali America, Cina, Giappone e oggi ben presente e in maniera autorevole anche in alcuni centri piloti italiani, soprattutto grazie alla forte preparazione nel settore ingegneristico, informatico e biomedico. Infatti da alcuni anni sono “in servizio” in un buon numero di ospedali italiani i robot “Leonardo da Vinci”, il cui primo esemplare è stato presentato nel Gennaio 2018 presso il Policlinico San Martino in Liguria. Questo robot permette movimenti più precisi e veloci con migliori risultati chirurgici anche su parti anatomiche molto piccole: una integrazione tra capacità umana e tecnologia, applicabile in diversi campi chirurgici: genito urinari, chirurgia addominale, chirurgia vascolare, chirurgia toracica ecc.. I tempi di recupero del paziente così operato sono molto brevi e le complicanze più rare.

Un altro campo di applicazione della I.A. in medicina è la così detta Telemedicina, realizzante il controllo a distanza di pazienti, particolarmente indicato in quelli che hanno difficoltà a spostarsi da casa o nei portatori di device, quali i diversi modelli di stimolatore cardiaco, che necessitano di controlli periodici. Questi controlli oggi sono possibili senza spostamento del paziente e senza il necessario impegno di familiari per il trasposto con conseguente assenza sul lavoro e magari con perdita di risorse economiche.

Teniamo conto che sono utilizzabili a distanza sistemi audio-visivi per teleconsulto con malati e familiari e/o caregiver. Inoltre, con il supporto della figura prevista dell’infermiere di famiglia o MMG, possiamo monitorizzare molti parametri bio-umorali e altri parametri vitali quali pressione arteriosa, saturazione, frequenza cardiaca, ECG, atti respiratori, stato febbrile, magari registrazioni ecocardiografiche ecc. ecc., così da ottenere una curva nel tempo di diversi indicatori, associata alla valutazione visiva e al colloquio con il malato e/o con chi lo assiste.

E’ chiaro che questo prezioso avanzamento tecnologico non deve ridurre la possibilità e la opportunità di un rapporto umano con il paziente; considerato il risparmio di tempo per il controllo dei parametri, la disponibilità per un colloquio empatico aumenta, e con esso il feeling tra medico e paziente. Così pure si potrà migliorare l’aderenza e la sorveglianza terapeutica. Tutto però dipende comunque dai nostri atteggiamenti e dalla nostra etica comportamentale.

Dott. Giovanni D’Angelo

Presidente dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri della Provincia di Salerno



08 gennaio 2024
© Riproduzione riservata


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