È stato presentato oggi il Rapporto sui Servizi socio-sanitari dei Comuni italiani (cfr sintesi), elaborato da Federsanità e Ifel (Istituto per la Finanza e l’Economia Locale), sulla base dei dati Istat 2023, relativi all’anno 2020. Il rapporto mette in evidenza una serie di dati preoccupanti sul versante dell’integrazione socio-sanitaria. Ci apprestiamo a mettere in campo gli strumenti previsti dal DM 77 sulla nuova sanità territoriale, seppure rivisti numericamente al ribasso a causa della rimodulazione del PNRR, che presuppongono una forte integrazione con l’assistenza sociale offerta dai Comuni. Infatti, per evitare il fenomeno delle sliding doors della fragilità sociale verso l’assistenza sanitaria che, comunque, non è in grado di fornire una presa in carico integrale, allargata alle esigenze sociali del paziente fragile, occorrono processi integrati e finanziamenti dedicati alla non autosufficienza e alla disabilità.
Il DM 77, prevede strumenti nuovi di integrazione: il Punto Unico di Accesso presso le Case di comunità, dove avverrà la valutazione multidimensionale congiunta tra aziende sanitarie ed enti locali per le persone non autosufficienti; le Centrali Operative Territoriali, strumento fondamentale di coordinamento della presa in carico della persona e raccordo tra servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali, sanitari e sociosanitari, in dialogo con la rete dell’emergenza urgenza; il 116117, per ogni esigenza sanitaria e socio-sanitaria a bassa intensità assistenziale; l’assistenza domiciliare integrata e la teleassistenza, i cui fondi sono stati incrementati a seguito della rimodulazione del PNRR, vero punto di svolta verso la sostenibilità del sistema.
L’integrazione sociosanitaria si avvarrà’ di questi strumenti e processi innovativi, orientata da logiche di integrazione e multiprofessionalità, ma non potrà prescindere dall’entità dei finanziamenti disponibili sui territori. Dal 2013 al 2020 la spesa sociale dei comuni, pari nel 2020 a 7,85 mld, cresciuta solo di 1 mld, nonostante l’invecchiamento progressivo della popolazione italiana. Nel 2020 (ultimo dato disponibile) la spesa dei comuni per i servizi sociali per abitante è stata pari a 132 euro (era di 114 euro pro capite nel 2013), con differenze molto ampie a livello di ripartizione geografica: nel Mezzogiorno è pari a 87 euro, circa la metà del dato registrato al Nord (161 euro).
In particolare, scendendo a livello regionale, si riscontrano dati davvero eterogenei: dai 28 euro pro capite della Calabria ai 413 euro per abitante del Trentino-Alto Adige, con l’unica eccezione per il sud rappresentata dalla Sardegna che, con 283 euro di uscite per cittadino, è stata seconda a livello nazionale. E’ indispensabile arrivare, quanto prima, alla definizione dei Livelli Essenziali di Prestazioni sociali, al loro fabbisogno e ai costi standard, soprattutto per dare omogeneità alla presa in carico e alla programmazione in ambito sociale, che incide pesantemente sui determinanti .
Esiste, infatti, una preoccupante simmetria tra indicatori del Nuovo sistema di garanzia e spesa sociale dei Comuni, nel senso che di massima si registra un Livello Essenziale di Assistenza inferiore dove inferiori sono i finanziamenti per la spesa sociale dei Comuni.I dati del rapporto mettono in luce come, nell’arco di un decennio, sia variata la componente di spesa sociale: a livello complessivo la variazione percentuale della spesa è pari al 14,4% (rispetto al 2013), ma varia da un minimo del -33,5%, rispetto al 2013, nel caso delle dipendenze da alcol e droga, fino ad un massimo di circa il +95% per la povertà ed il disagio di adulti e senza dimora, Si rileva, invece, un preoccupante decremento della spesa per anziani pari al -7,1%, un dato in controtendenza con il progressivo invecchiamento della popolazione in Italia.
La fetta più importante della spesa è assorbita da famiglia e minori, seguita dalla disabilità.
Il dato preoccupante riguarda la grande disequità degli interventi nelle aree che maggiormente incidono sull’assistenza, per le quali la Missione 5 del Pnrr ha previsto due riforme strutturali: la disabilità ( emanati due nuovi decreti legislativi, ma il fondo in legge di bilancio potrebbe essere ridotto di 400 ml rispetto a quello dello scorso anno) e la non autosufficienza ( realizzata con la legge 33 del 2023, per la quale si attendono a gennaio i decreti attuativi, sforniti, tuttavia, di finanziamenti dedicati).
Altro dato interessante riguarda l’ente gestore delle spese sociali, che vede impegnate (su delega) le aziende sanitarie per una percentuale bassissima (1%), che non consente, ad esempio, di realizzare sinergie su economie di scala (si pensi all’assistenza domiciliare, dove si potrebbero progettare cumulativamente interventi sociali e sanitari).
Analizzando la distribuzione delle spese sociali per aree di utenza tra le diverse tipologie di enti gestori, appare rilevante quello dei distretti/ambiti/zone sociali per l’area disabili (19,6%), le dipendenze (16,4%) e gli anziani (14,8%).
A maggior ragione appare indispensabile una coincidenza tra Ambiti/zona sociale e distretti sociosanitari delle Asl, per programmare insieme politiche di presa in carico dei soggetti fragili dal punto di vista sanitario e sociale. Il rapporto cita ottimi esempi di presa in carico integrata, soprattutto in aree interne che costituiscono esempi da replicare (Asl 3 di Genova per area interna Valtrebbia, Azienda Usl Toscana Nord Ovest per i comuni della Garfagnana, Media Valle del Serchio, Alta Versilia, Asl Rieti )
Per quanto concerne l’assistenza domiciliare, la quota di spese sociali dei comuni impiegata per assistenza domiciliare socio-assitenziale rispetto al altre modalità di assistenza ai non autosufficienti è pari al 60% ( in alcune regioni si utilizza di più il voucher, assegno di cura, buono socio sanitario) e quella per assistenza domiciliare integrata con i servizi sanitari è pari al 10,2, mentre la spesa per telesoccorso e teleassistenza è dello 0,6 per cento.
Ma se si analizza in termini assoluto il numero di pazienti presi in carico, il dato diventa davvero preoccupante.
(b) Percentuale di comuni in cui è attivo il servizio. Per il Trentino-Alto Adige, il Nord-est e per il totale Italia l'indicatore è calcolato al netto della provincia di Bolzano.
(c) Utenti sul totale della popolazione di riferimento della regione o della ripartizione. Popolazione di riferimento: persone con età maggiore o uguale a 65 anni.
Proprio su questi strumenti, l’assistenza domiciliare integrata e la teleassistenza, bisognerà puntare per assicurare un sistema sostenibile ed efficace.
Ovviamente, obiettivo imprescindibile rimane progettare e gestire le città in ottica One health, pensate in funzione del benessere sociale, per affrontare le grandi sfide dell’invecchiamento della popolazione, della denatalità, del climate change
Tiziana Frittelli
Presidente di Federsanità-Confederazione delle Federsanità Anci regionali