“L’Istituto Superiore di Sanità ha stimato che in media, nel periodo 2016-2019, l’esposizione a lungo termine al PM2,5 è stata di 20,5 μg/m3 al Nord contro 14,5 al Centro e 12,6 nel Mezzogiorno. Il conseguente impatto si stima in 50.856 decessi prematuri all’anno, nettamente differenziato tra il Nord e il resto del Paese, sia in termini assoluti, sia in termini di incidenza sul totale dei decessi per cause naturali. In questo periodo, si stima che ogni anno, in media l’8,3 per cento dei decessi per cause naturali siano attribuibili all’esposizione a lungo termine al PM2,5, quota che al Nord sale al 10,9 per cento”. È quanto evidenzia l’Istat in un capitolo ad hoc del suo rapporto annuale 2023 che ha toccato la questione della Qualità dell’aria e della salute dei cittadini
“Secondo una ricerca pubblicata dall’Agenzia europea dell’ambiente – evidenzia il rapporto -, più della metà delle città europee è ancora esposta ad alte concentrazioni di polveri sottili, nonostante le riduzioni delle emissioni dovute al traffico durante le restrizioni alla circolazione del 2020. Nella classifica, che tiene conto dei dati misurati tra il 2021 e il 2022, delle dieci città più inquinate d’Europa, due sono italiane, entrambe situate nella Pianura Padana. Cremona si è classificata al quarto posto e Padova al nono. Peggiori di Cremona risultano due città polacche, Nowy Sacz e Piotrków Tribunalski e, all’ultimo posto, Slavonski Brod in Croazia: città dove il carbone è ancora una delle principali fonti di energia. Le tre località meno inquinate sono Faro in Portogallo e Umeå e Uppsala in Svezia. Nella classifica delle città con l’aria più pulita, la prima italiana è Sassari che si colloca al sedicesimo posto. L’esposizione della popolazione agli inquinanti in aria produce impatti di diversa intensità, a seconda del periodo di esposizione (a breve o a lungo termine) e del tipo di sostanza nociva. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) considera il particolato (PM10 e PM2,5) l’inquinante maggiormente associato ai rischi per la salute, perché riesce a penetrare in profondità nei polmoni e, nel caso del PM2,5, addirittura a entrare nel flusso sanguigno, provocando problemi cardiovascolari e respiratori”.
Esposizione a particolato Pm 2,5 diminuisce ma in Italia meno che in altri paesi Ue
Nell’Ue27, l’esposizione a lungo termine ponderata con la popolazione (Population Weighted Exposure - PWE) al particolato PM2,5 ha registrato una diminuzione graduale, ma rilevante, tra il 2006 e il 2020 (-39,5 per cento), raggiungendo 11,2 μg/m3 nel 2020, anno condizionato dalla pandemia, un valore di poco superiore all’Interim Target (IT) di 10 μg/m3 (IT4) stabilito dall’OMS. Un andamento simile si osserva in Germania, Francia e Spagna, che ottengono valori anche migliori della media Ue27. In Italia, invece, dove fino al 2011 si rilevavano valori di esposizione addirittura superiori a 25 μg/m3 (IT2), il miglioramento è stato più lento e nel 2020 si è arrivati a 15 μg/m3. L’andamento dell’esposizione a lungo termine spiega ampiamente le differenze tra l’Italia e gli altri maggiori paesi europei in termini di mortalità connessa al PM2,5.
Tra il 2005 e il 2020, infatti, mentre in Germania, Francia e Spagna le stime dei decessi prematuri da PM2,5 sono più che dimezzate (passando, rispettivamente, da 81 a 35, da 64 a 25 e da 82 a 38 decessi per 100 mila abitanti), i progressi dell’Italia sono stati molto più lenti (da 124 a 88 morti prematuri per 100 mila abitanti). Nel nostro Paese, si stima che la mortalità associata all’esposizione al PM2,5 abbia comportato nel 2020 una perdita complessiva di circa 462 mila anni di vita. In altre parole, i residenti in Italia morti prematuramente hanno subito una riduzione media di 9 anni nella speranza di vita rispetto alla media dei residenti nei paesi considerati. L’esposizione al PM2,5 e i principali effetti negativi sulla salute sono maggiori al Nord. L’Istituto Superiore di Sanità ha stimato che in media, nel periodo 2016-2019, l’esposizione a lungo termine al PM2,5 è stata di 20,5 μg/m3 al Nord contro 14,5 al Centro e 12,6 nel Mezzogiorno. Il conseguente impatto si stima in 50.856 decessi prematuri all’anno, nettamente differenziato tra il Nord e il resto del Paese, sia in termini assoluti, sia in termini di incidenza sul totale dei decessi per cause naturali. In questo periodo, si stima che ogni anno, in media l’8,3 per cento dei decessi per cause naturali siano attribuibili all’esposizione a lungo termine al PM2,5, quota che al Nord sale al 10,9 per cento.