Scrivo oggi per salutare un grande amico: Cesare Fassari. Abbandona il campo della direzione della Rivista per lasciarlo a suo figlio Luciano, una altrettanto bella penna. Non potevo fare a meno di scriverlo.
Colgo l’occasione per affermare che ho trovato apprezzabile l’intervento del segretario dell’Anaao (cfr. ivi il 30 gennaio scorso) relativamente alla problematica generata nel Paese a causa del proliferare di aziende ospedaliere integrate con l’università (aggiungo io!) senza percorrere l’iter legislativo tracciato dal legislatore del 1999.
Ciò perché ritenuto per lo più funzionale a conseguire una «strisciante “clinicizzazione” degli ospedali italiani», con contenziosi al seguito ma soprattutto con profondi malcontenti del personale ospedaliero.
Pierino Di Silverio non lo manda a dire, lo scrive. Asserisce la disillusione dei medici ospedalieri causata dallo «utilizzo della didattica come grimaldello per l’accesso alla direzione delle strutture assistenziali». Un modo per essere «strumentalmente utilizzata per affidare a personale universitario ……. posti apicali che la normativa assegna al SSN».
Insomma, da più parti giungono sollecitazioni a modificare gli attuali assetti del sistema della salute, aggiustato via via attraverso provvedimenti tampone che produrranno poco o nulla (uno è il DM77) ed esasperato da dimenticanze strumentali a fare passare di tutto e di più, meglio a cristallizzare illegittimità.
D’altronde, la rigenerazione e l’efficientismo, rispettivamente, del modello organizzativo e nell’erogazione delle prestazioni essenziali erogative dei Lea, per essere tale, deve avvenire con il consenso degli operatori sociosanitari impegnati nel percorso salutare. Guai a dividere e produrre conflittualità, specie determinate da errate e ingiustificate difficoltà di carriera determinate da una sorta di meccanismo non affatto basato sul merito, la dedizione, la capacità reale e la predisposizione ad assistere la persona.
Invero, il ricorso eccessivo alla creazione di aziende ospedaliere integrate con l’università risulta per molti versi non direttamente proteso a migliorare le prestazioni ospedaliere.
Al di là degli IRCCS, impegnati in un tale percorso integrativo ma con obbligo di conferma periodica dello status, non sono stati interessati dal “fascino” delle Aziende Ospedaliere Universitarie tante importanti strutture ospedaliere e altrettante università. Basti pensare che Padova, culla della medicina e dell’accademia impegnata nelle arti mediche non ha mai mostrato alcun interesse alla generazione di aziende ospedaliere universitarie. Come Padova anche altre, tra le quali Genova, nonostante imponenti strutture ospedaliere del tipo il Gaslini e il San Martino. Mentre altre (Mater Domini di Catanzaro) hanno preteso - ma senza essere mai riconosciute come tali per oltre un ventennio (seppure meritandolo per efficienza nelle prestazioni rese!) – di esserlo senza neppure garantire il pronto soccorso e il più complessivo DEA.
Le AA.OO.UU. sono trenta in tutto, concentrate in dieci regioni, comprese le due aziende sanitarie universitarie istituite nel Friuli Venezia Giulia con l’esercizio legislativo di Regione a statuto speciale. Per il resto, tre in Campania, quattro in Emilia-Romagna, cinque nel Lazio, una nella Marche, tre in Piemonte, due in Puglia, quattro in Toscana, due in Sardegna, due in Sicilia e una, per l’appunto quella di Verona, in Veneto.
Il tutto, senza l’ossequio delle procedure fissate dal legislatore nazionale (art. 8, d.lgs. 517/1999). Il tutto, con Regioni che hanno abusato di assunzioni di attribuzioni esclusive dello Stato. Il tutto, con una giurisprudenza amministrativa, divenuta definitiva, che ha sancito correttamente l’esistenza giuridica dell’azienda ospedaliero-universitaria “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona – Scuola Medica Salernitana”, l’unica ad essere correttamente funzionante in tal senso.
Il tutto, ed è gravissimo senza un DPCM costitutivo, fatta eccezione per quest’ultima. Il tutto, e finisco, sottolineando che nessuna di esse ha supposto tuttavia di tutelare il futuro, con la caratterizzazione di privilegiare la didattica e la ricerca applicata all’assistenza attraverso l’intelligenza artificiale nella medicina. Un utile e oramai indispensabile strumento di affiancamento professionale funzionale alla assistenza sociosanitaria del domani oramai alle porte.
Ettore Jorio