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Il Ministero e la partecipazione dei pazienti: e fu così che la montagna partorì il topolino

di Rosaria Iardino

Che un atto di indirizzo riguardi esclusivamente le procedure interne all’amministrazione che lo adotta è cosa nota, ma è altrettanto evidente che in un momento storico in cui si dibatte sulla patient centricity e a livello regionale ci sono diverse, spesso contrastanti, ricette per implementare la partecipazione nelle prassi decisionali sanitarie (e ancora più spesso, ahimè, non ve n’è alcuna) il Ministero avrebbe potuto approfittare di questa opportunità e fungere da modello di riferimento per le amministrazioni regionali

11 OTT - È cosa nota che il dibattito sulla necessità di una sempre maggiore partecipazione dei pazienti nei processi di definizione delle policy sanitarie a livello regionale sia molto acceso in questa particolare fase storica.

Io stessa mi sono pubblicamente espressa diverse volte per segnalare alcune posizioni che, dal mio punto di vista, potevano generare derive preoccupanti, ribadendo quelli che ritengo siano alcuni punti fermi da non perdere di vista, tra i quali il primato dell’associazionismo, collegato alla necessità di un’adeguata formazione dei rappresentanti chiamati a partecipare ai tavoli di confronto istituzionali.

In questo contesto, qualche giorno fa, il Segretariato Generale del Ministero della Salute ha adottato e trasmesso alle Direzioni Generali l’“Atto di indirizzo riguardante le modalità di partecipazione ai processi decisionali del Ministero della salute da parte delle associazioni o organizzazioni dei cittadini e dei pazienti impegnate su tematiche sanitarie”. Il documento è il risultato – assai scarno – di un Gruppo di studio sulla partecipazione delle Associazioni di cittadini operanti in ambito sanitario, istituito  con decreto del Capo di Gabinetto del 22 aprile 2021, presso il Ministero della Salute, con il mandato di  “definire il ruolo, le modalità e le forme di partecipazione ai processi decisionali del Ministero della Salute da parte delle Associazioni e degli Enti, con particolare riferimento a quelli attivi nella società civile, nella rappresentanza dei pazienti e dei cittadini, e impegnati, ciascuno con le finalità specificamente connesse alla propria mission, nell’ambito sanitario”. La decisione di istituire tale Gruppo scaturiva dalla volontà – alquanto tardiva – di dare corso a quanto previsto dalla scheda 14 del Patto per la salute 2019/21 in tema di partecipazione civica.

Il Gruppo di studio è stato coordinato dal Capo della Segreteria tecnica e vi hanno preso parte rappresentanti provenienti dal Segretariato Generale, dalle Direzioni Generali del Ministero, da Agenas, dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, dalla Conferenza delle Regioni e – a meno che le mie informazioni non siano errate – da una sola associazione. Un’associazione, peraltro, di cittadini e non di pazienti. Tale documento sarebbe stato poi “validato”, nel corso dell’Evento svoltosi presso il Ministero della Salute il 27 luglio 2022, da quello che il Segretariato Generale, nella nota che accompagna l’adozione dell’atto, definisce come un “ampio consesso di Associazioni più rappresentative”. 

Ma al netto della dubbia rappresentatività di tale gruppo di studio e dell’opacità con cui è stata garantita la partecipazione delle associazioni di pazienti – oltre naturalmente a quella degli altri stakeholder della società civile, che pure avrebbero potuto offrire il proprio contributo – quello che balza subito agli occhi nel prendere visione dell’Atto di indirizzo è che il Ministero della Salute ha clamorosamente mancato un’opportunità e che, dopo tanto rumore, la montagna ha partorito il topolino.

Che un atto di indirizzo riguardi esclusivamente le procedure interne all’amministrazione che lo adotta è cosa nota, ma è altrettanto evidente che in un momento storico in cui si dibatte sulla patient centricity e a livello regionale ci sono diverse, spesso contrastanti, ricette per implementare la partecipazione nelle prassi decisionali sanitarie (e ancora più spesso, ahimè, non ve n’è alcuna) il Ministero avrebbe potuto approfittare di questa opportunità e fungere da modello di riferimento per le amministrazioni regionali. Avrebbe potuto aprire un tavolo di confronto con il mondo della rappresentanza dei pazienti per comprendere le diverse posizioni, provare a tracciare una sintesi e offrire un esempio pilota per guidare le Regioni su un percorso comune. 

Al contrario, dopo aver istituito un Gruppo di lavoro nel 2021 – la cui stessa rappresentatività ci sembra discutibile – oggi il Ministero ha deciso di non decidere, attraverso un Atto di indirizzo che appare assolutamente generico, sia nella terminologia che adotta, sia nelle soluzioni procedurali a cui accenna vagamente, e di sicuro non sufficiente a rispondere agli obiettivi prefissati; un Atto che, di fatto, rimanda all’adozione di un provvedimento successivo, che chissà quando potremo vedere.

Dispiace, in sostanza, che alcune occasioni siano sprecate con una tale noncuranza, quando il tema meriterebbe una riflessione comune, evitando che si sviluppino i più disparati approcci in un contesto che richiede, al contrario, un’attenzione collaborativa e omogenea sul territorio nazionale, al fine di evitare possibili e intuibili discrepanze regionali.

È per questo motivo che, fin dal 2019, Fondazione The Bridge ha deciso di supportare un gruppo di associazioni di pazienti che ha avviato in Lombardia un’interlocuzione con le istituzioni regionali e che ha portato all’organizzazione di diversi appuntamenti di ascolto e coinvolgimento delle realtà associative territoriali.

Come naturale evoluzione di questo percorso, insieme a questo gruppo stiamo oggi lavorando al “Laboratorio nazionale delle associazioni di pazienti” in programma il 5 novembre dalle ore 9.30 alle ore 18 presso Palazzo Giureconsulti a Milano. Sarà un momento di dialogo e confronto tra organizzazioni di pazienti di diverse patologie, che favorirà lo scambio di best practice, con l’obiettivo dichiarato di presentare alle Istituzioni una posizione condivisa sul giusto ruolo della rappresentanza delle associazioni dei pazienti, chiamate ad essere, nei confronti del sistema sanitario e delle istituzioni, interlocutori attivi sempre più formati e strutturati, anche in virtù della riforma del Terzo settore. Tale coinvolgimento, infatti, sta diventando sempre più una priorità etica e strategica per l’implementazione di un modello assistenziale partecipativo ancorato al territorio.

Invito dunque tutte le associazioni di pazienti nazionali e regionali interessate a unirsi e partecipare a questo fondamentale momento di confronto così da dare un segnale importante a chi ancora ha bisogno di imparare ad ascoltare.

Per partecipare o richiedere maggiori informazioni sull’iniziativa, scrivere a: segreteria@fondazionethebridge.it

Rosaria Iardino
Presidente Fondazione The Bridge

11 ottobre 2022
© Riproduzione riservata


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