Il giorno 8 settembre si è svolto in Roma un incontro, promosso dall’Alleanza per la Riforma delle Cure Primarie in Italia con altre Associazioni e Fondazioni, con i rappresentanti delle coalizioni elettorali principali presso la sede ACLI in Roma. Il tema dell’incontro era “Le proposte per la sanità pubblica nei programmi elettorali”. Sull’esito dell’incontro ha riferito ampiamente “Quotidiano Sanità”.
Esponiamo invece qui, in sintesi, le valutazioni dall’angolatura dell’Alleanza.
Chi siamo?
La Campagna “Primary Health Care Now or Never“ è un movimento nazionale di professionisti socio-sanitari, prevalentemente under 40, cui aderiscono molti MMG. La Campagna è iniziata nel 2017 a Ferrara per approfondire il modello delle Case della Salute, per capire come si poteva cambiare il modo di lavorare degli operatori sanitari e sociali, per rispondere a evidenze concrete quali le transizioni demografica, epidemiologica e sociale, che stanno mettendo in crisi il SSN, che non riesce a rispondere in modo adeguato ai bisogni di salute della popolazione.
Fin da subito e per i successivi 3 anni sono state sviluppate attività di formazione, divulgazione, studio rivolte a tutti gli operatori del settore al fine di promuoverne un rinnovamento culturale per sviluppare i Servizi di Cure Primarie in Italia. Pensiamo infatti che questi debbano essere orientati ai principi operativi e concettuali della “Primary Health Care” così come viene definita e raccomandata dall'OMS.
La “Primary Health Care” (PHC) è un sistema di assistenza nel quale l’oggetto dell’azione non è limitato al trattamento delle patologie, ma si concentra sulla promozione e tutela della salute nelle sue dimensioni biologiche, sociali, psicologiche, ambientali, esistenziali; è centrata sui bisogni reali delle persone che devono venire intercettati nei contesti in cui le persone vivono; e richiede quindi un approccio multidisciplinare, intersettoriale e proattivo; l'attuazione della PHC è quindi interconnessa con l’adozione di politiche per la salute che guardino oltre la dimensione bio-medica ma incidano sui determinanti sociali e ambientali di salute e malattia, interessando quindi ambiti come il lavoro, i trasporti, la cultura, l’alimentazione, l’ecologia, l’educazione, l’abitare, lo sport, le attività di aggregazione sociale e spirituale, ecc.
Sulla base dei contenuti del Libro Azzurro per la Riforma delle Cure Primarie in Italia, promosso dalla Campagna Primary Health Care Now or Never attraverso un percorso di scrittura collettiva, è nata l’Allenza. Obiettivo: ripensare, valorizzare e riprogettare la medicina di prossimità, territoriale e di comunità, anche a fronte del PNRR e dei suoi DM attuativi.
I partner dell’Alleanza ritengono che, dopo la pandemia:
Aderiscono oggi all’alleanza:
Campagna Primary Health Care Now or Never, ACLI - Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani, AICP - Accademia Italiana Cure Primarie, AsIQuAS - Associazione Italiana per la Qualità della Assistenza Sanitaria e Sociale, AIFeC – Associazione Infermieri di Famiglia e di Comunità, Associazione APRIRE – Assistenza Primaria In Rete, Associazione La Bottega del Possibile, Associazione Prima la Comunità, Associazione Salute Diritto Fondamentale, Associazione Salute Internazionale, CARD - Confederazione delle Associazioni Regionali di Distretto, EURIPA Italia - European Rural and Isolated Practitioners Association, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri – IRCCS, Movimento Giotto, SItI - Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica, Slow Medicine ETS.
La nostra lettera aperta ai Partiti e alle loro coalizioni verso le elezioni del 25 settembre
A seguito della caduta del Governo Draghi l’Alleanza ha inviato una Lettera Aperta ai Segretari-Presidenti delle Forze Politiche nella quale si affermava:
“Riteniamo che la Sanità Pubblica nell’ambito di un’idea di salute come progetto sociale trasversale stia a cuore a tutti e riteniamo strategico l’intervento riformatore per potenziare i Servizi Sanitari Territoriali ed in particolare il riordino delle Cure Primarie, con al centro la Casa della Comunità quale luogo di partecipazione diretta dei cittadini/persone di quel territorio e all’interno delle quali venga portato avanti il lavoro in equipe interdisciplinari e in rete con territorio e ospedale, riconoscendo nel Distretto Sociale e Sanitario la cornice istituzionale-organizzativa vincolante e rigorosamente pubblica. Ciò dovrebbe rappresentare una priorità programmatica dei candidati al Parlamento”.
La lettera è stata sottoscritta anche da ulteriori 14 organizzazioni: Cittadinanzattiva, Rete Salute Welfare Territorio, ISDE Italia - Associazione Medici per l'Ambiente, Medicina Democratica, Movimento NoGrazie, SOS Sanità, Forum Salute Mentale, Con/F/Basaglia, Coordinamento nazionale per la Salute Mentale, Fondazione Franca e Franco Basaglia, Psichiatria Democratica, SIEP Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica, UNASAM - Unione Nazionale Associazioni per la Salute Mentale, Lisbon Institute of Global Mental Health
Siamo arrivati all’incontro dell’8 settembre, promosso insieme all’Alleanza e ai sottoscrittori della lettera aperta, anche con la partecipazione di “Cittadinanzattiva” e “Forum Disuguaglianze & Diversità”.
Tutti insieme rappresentiamo più di 200 associazioni, società professionali e società scientifiche.
Nei diversi programmi elettorali abbiamo trovato solo in parte i contenuti da noi proposti nella lettera aperta e per questo nel confronto dell’8 settembre abbiamo chiesto a ciascuna Forza Politica di indicare le motivazioni delle loro scelte e quali sono gli impegni che intendono assumere sui punti da noi proposti. Purtroppo abbiamo ricevuto risposte differenziate e non esplicite su punti per noi essenziali.
DM 77 e ruolo dei Distretti e della medicina territoriale
Il DM 77/2022 dovrebbe essere la linea guida per l’implementazione dei progetti per accedere ai fondi del PNRR e dovrebbe dare un particolare impulso alla uniformazione in tutte le Regioni dei Distretti, in rapporto ed integrazione con gli Ambiti Territoriali Sociali dei Comuni, delle COT, delle Centrali Operative Territoriali, delle Case della Comunità (hub & spoke), degli Ospedali di Comunità, delle UCA, dell’ADI e degli infermieri di Famiglia e Comunità.
Come il DM 77 stesso afferma c’è la necessità di un nuovo impegno per orientare una applicazione prescrittiva dell’intero Decreto, la cui efficacia sarebbe compromessa qualora si affermasse la contrapposizione fra poteri regionali e nazionale o addirittura venisse proposto un modello di regionalismo differenziato anche per la Sanità.
Ci preoccupano la scomparsa del ruolo del Distretto come agenzia di salute del suo territorio (l’allegato 2 del DM77 non riporta tra i criteri vincolanti l’attuazione del Distretto) e il rischio per mancanza di personale di aprire la gestione delle strutture e dei servizi territoriali per la salute, realizzate con investimenti pubblici, a presenze terze non pubbliche.
Per questo abbiamo chiesto quindi alle Forze politiche quali impegni e azioni intendono adottare in merito a:
Circa il Distretto le risposte che abbiamo avuto sono state non uniformi. Il centrodestra non ha ribadito il ruolo per il Distretto previsto nell’Allegato 1 del DM77. Movimento 5 Stelle a PD sono stati maggiormente precisi e circostanziati. Sulla coincidenza tra ambiti distrettuali e ambiti sociali sembra esserci una maggiore e trasversale convergenza.
Sul ruolo del Distretto come Agenzia di salute, ovvero come soggetto gestore pubblico delle policy di comunità, riteniamo si giochi e si ipotechi la gestione dei nuovi modelli di medicina di prossimità, territoriale e di comunità.
Lasciare i Distretti all’attuale prevalente ruolo di governo amministrativo dei servizi day after day apre la strada inevitabilmente alla presenza di altri soggetti non pubblici che possono muoversi con più agilità e meno vincoli delle ASL e possono integrare presenze terze in base a logiche di mercato, non di salute di comunità.
Per questo ribadiamo la nostra proposta di avere Distretti delle ASL pesanti, vedi le buone pratiche in specie del Veneto, dell’Emila Romagna e della Toscana.
Distretti e stratificazione dei bisogni delle popolazioni
I Distretti dovrebbero anche gestire informazioni sui bisogni delle popolazioni, non solo quelli storici, utilizzando piattaforme, archivi e metodologie informatiche in grado di effettuare la stratificazione della popolazione per bisogno/rischio, in modo da consentire una presa in carico tempestiva e proattiva del singolo assistito, sia nei PDTA che nei PAC o PIC, attivando continuità assistenziale, continuità relazionale e continuità informativa.
Le nuove piattaforme digitali 4.0 consentono questi livelli di integrazione e mettono gli operatori pubblici in grado di disporre e gestire database in progress sui bisogni dei pazienti singoli o per target di patologia o di bisogno.
Per costruire progetti di salute di comunità bisogna anche mettere in grado la componente pubblica di coordinare l’apporto dei servizi e degli operatori del privato, riconoscendone gli interessi ma disponendo che si rendano compatibili con progetti di salute integrati e sostenibili.
Distretti e nuovi modelli di integrazione informativa: COT, CUP, CPA, PUA
Relativamente alle COT che si aggiungono ai già esistenti CUP Regionali e/o Aziendali, alle CAO e ai PUA di primo o secondo livello, riteniamo che debbano costituire uno strumento di gestione delle relazioni fra strutture e professionisti, detenendo la regia del processi di presa in carico e del lorio monitoraggio e verifica, complementare con i servizi di primo contatto sociosanitario (PUA dei Distretti, progressivamente inseriti nelle Case della Comunità) e di chiamata a distanza (116117).
Devono tutti facilitare e governare l’accesso ai servizi sanitari e sociali e lavorare su database comuni (anagrafe assistiti, anagrafe servizi, offerta territoriale terza, storico dati per paziente, etc.), al fine di evitare la frammentazione e la compartimentazione a silos dei servizi che lasciano al cittadini il compito di ricomposizione del proprio percorso di cure.
Distretti e Casa della Comunità: occasione per un welfare partecipativo di comunità, non solo erogazione di prestazioni
Con la pubblicazione del DM77 le Case della Comunità diventano uno standard per l’assistenza territoriale socio-sanitaria. Ma al di là della struttura fisica è necessario chiedersi quale debba essere il loro contenuto e la loro funzione realizzando una concreta evoluzione verso le Case delle Comunità. Pensiamo che queste debbano essere il dispositivo territoriale delle cure primarie, a coordinamento e finanziamento pubblico. In primis un luogo aperto di accoglienza e primo contatto con il servizio sanitario per i cittadini. Dove ci siano sia le competenze, che l'organizzazione, che gli strumenti per prendere in carico e fornire una risposta risolutiva alla gran parte di bisogni di salute.
Bisogni che sappiamo non essere solo di carattere sanitario ma molto spesso di tipo psico-sociale o assistenziale. Per fare degli esempi concreti: presenza di barriere ed esclusione linguistica o culturale; difficoltà economiche nel provvedere alle proprie cure; necessità di assistenza alla persona, soprattutto se con perdita dell'auto-sufficienza; necessità di un assistente familiare; disoccupazione; assenza di fissa dimora; status di immigrato senza permesso di soggiorno, etc.
La Casa della Comunità deve diventare un nodo fondamentale della rete assistenziale, riconoscibile e accessibile per tutti, prossimo ai contesti di vita delle persone ma in costante dialogo con tutti gli altri nodi della rete: tutti i servizi di salute del Distretto, i servizi ospedalieri e di cure intermedie, i servizi sociali, le farmacie, la circoscrizione e/o il Comune, tutti gli enti e le associazioni di rilievo del territorio. Riteniamo debba essere un luogo di costruzione e inclusione sociale, motore di un nuovo welfare generativo, luogo di promozione della giustizia sociale e garante dell’equità nell’accesso a diritti di base.
Per realizzare questo modello abbiamo bisogno delle strutture, di strumenti informatici condivisi, di presidi diagnostico-terapeutici di primo livello e sopra ogni cosa abbiamo bisogno che nelle Case della Comunità lavorino in modo coordinato e collaborativo professionisti sanitari e sociali con competenze complementari: infermieri di famiglia e comunità; medici di medicina generale, cure primarie e comunità; pediatri di libera scelta; amministrativi; OSS; assistenti sociali, professionisti della salute mentale; educatori; mediatori culturali; fisioterapisti; ostetriche; medici specialisti per i problemi di salute più comuni ed altri professionisti che posso essere richiesti in base alla rilevazione dei bisogni.
Le Case della Comunità devono essere i luoghi fisici della connessione e dell’integrazione. Per questo chiediamo alle forze politiche di impegnarsi, con questo approccio, all’implementazione di questo modello innovativo.
Distretti e Ospedali di Comunità
Gli Ospedali di Comunità sono una modalità organizzative per gestire assistiti in dimissione protetta o non critici al punto da necessitare del ricovero in ospedale; dove già realizzati, hanno dato un contributo importante alla integrazione ospedale-territorio.
Devono essere strutture territoriali che si integrano con le altre tipologie di strutture, residenziali e soprattutto con la rete territoriale.
Riteniamo che il loro ruolo abbia dimostrato un importante recupero di appropriatezza di setting, di continuità e di efficienza assistenziale e di efficacia terapeutica.
Vanno implementati in tutto il Paese e integrati, tramite la governance dei Distretti, nelle reti cliniche e nelle reti territoriali.
Distretti e UCA, Infermieri di Famiglia e Comunità, Farmacie di servizi
Le UCA devono potersi relazionare, coordinare e integrare con I Distretti presso le Case della Comunità.
Solo così sarà possibile attivarle in modo utile e mirato su bisogni specifici al loro ruolo e funzione.
Gli Infermieri di Famiglia e Comunità possono essere una figura trasversale nella medicina di prossimità, territoriale e di comunità”. Il loro ruolo di prossimità ai cittadini e ai loro luoghi di vita e lavoro e la loro conoscenza dei contesti economici e relazionali, in collaborazione con gli operatori sociali dei Comuni e con le forze attive presenti nella comunità (volontari, vicinato, reti amicali, ecc.), diventa fondamentale per la “presa in carico dei pazienti” e per la ottimizzazione nell’uso dei servizi sanitari e sociali per la realizzazione dei principi della welfare community.
Devono partecipare come care-manager alle UMDV e essere gli operatori che garantiscono la continuità relazionale con gli assistiti.
Le Farmacie dei servizi possono essere presidi sanitari di prossimità: ma è necessario che siano organicamente connesse alle attività delle Case della Comunità.
Libro Azzurro: quale riforma per la Medicina Generale, quale ruolo e rapporto di lavoro
Nel modello che immaginiamo e proponiamo il Medico di Medicina Generale è uno dei professionisti imprescindibili dell’equipe multidisciplinare di cure primarie; ma perché questo possa concretamente realizzarsi, la Medicina Generale italiana deve essere riformata sotto due fondamentali aspetti: quello organizzativo/contrattuale e quello culturale/scientifico. A nostro avviso il secondo aspetto deve guidare il primo, ovvero: l’organizzazione del lavoro e la forma contrattuale devono essere funzionali alla realizzazione del modello di cure primarie desiderato e non il contrario.
Attualmente abbiamo un contratto di lavoro libero professionale convenzionato che non solo non favorisce ma in molti casi ostacola l’integrazione del MMG all’interno della rete assistenziale permettendo che questi professionisti rimangano isolati, finendo per svolgere una funzione poco o per nulla integrata nel processo di presa in carico di medio e lungo termine, soprattutto degli assistiti in condizioni più difficili.
L’integrazione delle UCCP dei MMG nelle Case della Comunità è una indicazione forte di integrazione e inter professionalità.
Dal punto di vista culturale/scientifico invece ci troviamo di fronte all’unico professionista dell’ambito socio-sanitario la cui formazione specifica non si svolge all’interno dell’Università bensì attraverso Corsi di Formazione Regionali, in cui le competenze non sono definite da un Core Curriculum nazionale e sono del tutto assenti non sottoposti ad alcun monitoraggio che aiutino a definire e valutare indicatori e standard di qualità. Pertanto sono tra i professionisti medici, gli unici la cui formazione non ha i requisiti per essere Specialistica.
Siamo convinti quindi che per sostenere una reale riforma del sistema di Cure Primarie, così come auspicato dal PNRR e dal DM77, sia necessario contemporaneamente:
Siamo consapevoli che questo processo non possa essere immediato e sarà necessaria una fase di transizione anche lunga, ma quello che ci chiediamo è che le forze politiche si impegnino a procedere in questa direzione puntando non solo a risultati di breve termine, imposti dal PNRR, ma anche ad una evoluzione più compiuta e solida, nel medio e lungo termine, del Servizio Socio-Sanitario Territoriale.
È dimostrato infatti da un’ampia letteratura scientifica che investire nelle cure primarie non solo porta ad un miglioramento della salute delle persone, ma riduce la spesa sanitaria globale poiché contiene il numero di trattamenti sanitari inappropriati e costosi, gli accessi in pronto soccorso e i ricoveri ospedalieri. Questi risultati sono tanto più evidenti e comprovati, quanto più attendono alle fasce di popolazione portatrici dei maggior bisogni di assistenza (polipatologia cronica, disabilità e non autosufficienza, fragilità, malattie rare, terminalità) che rappresentano il segmento di popolazione in cui si concentra il massimo livello di sofferenza e che assorbe la maggior quantità di risorse economiche, con ampi margini di inappropriatezza e inefficacia.
Conclusioni
Siamo consapevoli che le dinamiche della campagna elettorale di poche settimane e con date molto ravvicinate per il voto non aiutano una riflessione di merito e un confronto circostanziato.
Però riteniamo di riproporre le nostre proposte come occasioni di confronto e discussione.
Chiunque governerà il Paese dovrà affrontare le criticità denunciate in questo nostro contributo.
Se ci sarà interesse al confronto e alla partecipazione e condivisione siamo e saremo sempre disponibili.
Coordinamento nazionale dell’Alleanza per la Riforma delle Cure Primarie in Italia