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Con il Covid differite 1,9 milioni di prestazioni ospedaliere non urgenti che ora pesano sul sistema. Il Report Istat e Agenas


Lo rileva uno studio Istat-Agenas che per la prima volta ha analizzato l'impatto della pandemia sul sistema ospedaliero. Nel 2020, si sono registrati circa 6,5 milioni di dimissioni ospedaliere (al netto dei neonati sani), rispetto a una media di 8,4 milioni nel triennio precedente (-22,1%). L’80,4% è stato effettuato in regime ordinario e il 19,6% in regime diurno (day hospital). IL RAPPORTO.

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È confermato, il Covid ha impattato pesantemente sull’attività di ricovero negli ospedali italiani: nel 2020 si sono registrati circa 6,5 milioni di ricoveri, il 22% in meno rispetto alla media del triennio precedente che ha fatto registrare una media di 8,4 milioni di ricoveri. Ad essere colpiti sia i ricoveri non urgenti in regime ordinario (-20,1%) che in day hospital (-29,4).
Le dimissioni ospedaliere in regime ordinario legate al Covid-19 sono state 286.530, pari al 5,5% del totale, con un range che varia da 2,4% nelle Isole a 9,2% del Nord-ovest. Una variabilità territoriale sicuramente frutto di una diversa diffusione del virus, anche se non è da escludere una non sempre corretta registrazione dei casi nelle Sdo.

I ricoveri per Covid-19 sono stati molto frequenti per gli uomini anziani residenti nel Nord-ovest. I pazienti deceduti sono il 21,6% del totale dei ricoveri Covid-19, il 90% erano over 65. Il ricorso alla terapia intensiva per i ricoveri Covid-19 è stato più elevato al Centro (13,3%) ma, soprattutto, nel Mezzogiorno (16,2% al Sud, 16,5% nelle Isole). Non solo, il 21,5% dei pazienti ricoverati sempre per Covid-19 nel corso del 2020 è dovuto tornare in ospedale (23,1% tra gli over65) nel 43% dei casi sempre a causa del Covid-19, ma c’è anche chi si è dovuto nuovamente per malattie respiratorie (17%), in particolare per polmoniti non specificate e per altre malattie respiratorie non specificate, possibili esiti a distanza del Covid-19. 

Anche il crollo del tasso di dimissione ospedaliere dei ricoveri ordinari non-Covid-19 (-25%) non è stato omogeneo sul territorio italiano: l’impatto è stato avvertito soprattutto al Sud (-29%) e nel Nord-ovest (-28%) del Paese. Sono diminuiti del 29,5% i ricoveri per le malattie del sistema osteomuscolare e tessuto connettivo, del 27,2% quelli per le malattie dell’apparato digerente e del 25,2% per le malattie dell’apparato genito-urinario. Quelli per traumatismi (-17,3%), tumori (-14,5%), gravidanza e parto (-11,7%) hanno subito riduzioni più limitate. 

Sono questi alcuni dei dati emersi da un Report congiunto Istituto Nazionale di Statistica e Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali che ha analizza per la prima volta l’impatto della malattia da Sars-CoV-2 sul sistema ospedaliero italiano. 

Oltre a descrivere gli effetti sul complesso dei ricoveri, grazie al confronto dei dati relativi al 2020 con la media del triennio 2017-2019, il rapporto quantifica i ricoveri Covid-19 e ne descrive le caratteristiche salienti; illustra inoltre le conseguenze sui ricoveri non correlati al Covid-19 .

“Con 16 milioni di contagi e oltre 160mila decessi associati alla diagnosi di infezione da SARS-Cov-2 registrati tra marzo 2020 e aprile 2022, l’Italia è stata, insieme alla Spagna, fra i paesi europei più colpiti dalla pandemia, soprattutto nella prima fase – spiega il Presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo – i dati che emergono dalla fonte amministrativa sui ricoveri ospedalieri offrono un’ulteriore conferma che l’impatto è stato molto forte Il differimento delle cure e dei ricoveri non urgenti, particolarmente accentuati al Sud e nel Nord-ovest, ha lasciato un’eredità difficile, che il sistema sanitario deve ora affrontare mentre le varianti del virus continuano a diffondersi. La fruttuosa collaborazione con Agenas ha consentito di aggiungere un tassello importante alle analisi che la statistica ufficiale ha messo a disposizione di stakeholder, istituzioni nazionali e internazionali e cittadini per interpretare l’impatto dell’emergenza sanitaria da Covid-19.”

“Siamo davvero molto soddisfatti della collaborazione con l’Istat – ha detto il Presidente dell’Agenas Enrico Coscioni – che ci ha permesso di mettere a disposizione di tutti gli stakeholder del mondo della salute, in particolare del Ministero della Salute e delle Regioni, importanti informazioni rispetto alla presa in carico dei pazienti Covid-19 all’interno dei nostri presidi ospedalieri. Ricordo che la Legge 5 giugno 2020 n. 40 ha affidato all’Agenzia il compito di collaborare all’azione di potenziamento della rete di assistenza ospedaliera e territoriale, al fine di assicurare la più elevata risposta sanitaria all’emergenza epidemiologica. Questo documento attesta il nostro costante impegno per raggiungere questi risultati.”

Vediamo le principali evidenze emerse dal Rapporto:

Nel 2020 si sono registrati circa 6,5 milioni di ricoveri, il 22% in meno rispetto alla media del triennio precedente che ha fatto registrare una media di 8,4 milioni di ricoveri. La diminuzione, attribuibile principalmente al differimento delle ospedalizzazioni non urgenti, ha riguardato sia il regime ordinario (-20,1%) che il day hospital (-29,4%), con decrementi più accentuati nelle regioni del Sud e del Nord-ovest.  La riduzione dei ricoveri è stata più marcata in corrispondenza della prima ondata pandemica, con tassi di ospedalizzazione in regime ordinario diminuiti del 45% in aprile e del 39% in maggio rispetto alla media degli stessi mesi 2017-2019. Nel corso della seconda ondata pandemica l’impatto sul sistema ospedaliero è stato più contenuto, con riduzioni del 25% in novembre e del 26% in dicembre. 



Tra le diagnosi a più elevata ospedalizzazione in regime ordinario sono diminuiti del 29,5% i ricoveri per le malattie del sistema osteomuscolare e tessuto connettivo, del 27,2% quelli per le malattie dell’apparato digerente e del 25,2% per le malattie dell’apparato genito-urinario. I ricoveri per traumatismi (-17,3%), tumori (-14,5%), gravidanza e parto (-11,7%) hanno subito riduzioni più limitate. 


Le dimissioni ospedaliere in regime ordinario connesse al Covid-19 come abbiamo visto sono state 286.530, pari al 5,5% del totale, con un range che varia da 2,4% nelle Isole a 9,2% del Nord-ovest. I ricoveri per  Covid-19 hanno seguito l’andamento delle ondate pandemiche, con due picchi in corrispondenza della prima ondata di marzo-aprile (36% della casistica Covid-19 registrata nell’intero anno) e della seconda ondata di ottobre-dicembre (55%).  Il tasso di ricovero Covid-19 sulla popolazione residente è stato pari a 48 per 10mila, con valori più elevati per gli uomini (57,4 contro 38,7 nelle donne), per gli ultrasessantacinquenni (133,3) e nel Nord-ovest (82,6). 

Il 70% dei ricoveri Covid-19 ha avuto accesso all’ospedale tramite il Pronto soccorso o l’Osservazione breve intensiva (OBI); il 16% a seguito di trasferimento da altro ospedale. Il 52% è stato dimesso al domicilio. Tra gli ultra65enni la quota di dimissioni al domicilio scende al 40% mentre circa il 30% è deceduto in ospedale. 
l 12,3% dei ricoveri Covid-19 è transitato nelle terapie intensive (circa 35mila), a fronte di un valore medio del 7,5% per i ricoveri ordinari non-Covid. Nel Mezzogiorno la quota di ricoveri Covid-19 con transito in terapia intensiva supera il 16% rispetto al 8% dei ricoveri non-Covid. 

Le diagnosi più frequentemente associate ai ricoveri Covid-19 sono state, oltre ad alcune malattie infettive e parassitarie (tubercolosi, HIV, infezioni batteriche di sede non specificata e soprattutto malattie da virus e da clamidia non specificate), le malattie del sistema respiratorio, le malattie ipertensive, il diabete mellito, il sovrappeso e l’obesità, la demenza e la malattia di Alzheimer. 

Re-ricoveri per Covid 19. Nel corso del 2020 oltre il 34% delle persone con un ricovero Covid-19 ha avuto altri episodi di ospedalizzazione nello stesso anno (il 12,7% ha avuto solo ricoveri precedenti, il 16% solo ricoveri successivi al primo ricovero Covid-19 e il 5,5% sia ricoveri precedenti che successivi), mentre tra coloro che hanno avuto ricoveri non-Covid-19 la percentuale è pari al 22%, simile a quella osservata nel 2019 (23%).

Il numero medio di ricoveri è stato di 1,6 tra i pazienti Covid-19 e a 1,3 tra quelli non-Covid-19. Gli ultrasessantacinquenni sono il gruppo con maggior frequenza di ricoveri ripetuti (38%), seguito dai minorenni (32%). Il 21,5% dei pazienti con un primo ricovero Covid-19 ha avuto ricoveri successivi nell’anno.


I ricoveri non-Covid-19 diminuiscono di più al Sud e nel Nord-ovest.
Tra il 2017 e il 2019 i tassi di dimissione ospedaliera in regime ordinario e diurno hanno valori abbastanza uniformi sul territorio nazionale: il tasso medio del periodo è di 131,5 ricoveri per mille abitanti, con un range di variazione che va da 122,9 nelle Isole a 136,2 al Sud, con piccole differenze di genere. Nel 2020 si registra un crollo del tasso per il complesso dei ricoveri ordinari non-Covid-19: 98,2 dimissioni per mille abitanti (-25%). Un calo, anche tenendo conto delle differenze per età tra le ripartizioni, non è stato omogeneo sul territorio italiano: l’impatto è stato più forte al Sud (-29%) e nel Nord-ovest (-28%).

Per la popolazione generale non ci sono forti differenze di genere nella variazione dei tassi. Si rileva però un maggiore impatto nella fascia di età fino a 17 anni, con una diminuzione del tasso di quasi un terzo. Nei giovani tra 18 e 39 anni la variazione è minore, ma con forti differenze di genere: tra gli uomini la variazione è del -31% mentre nelle donne si attesta a -18%. Una differenza è dovuta essenzialmente ai ricoveri legati alla gravidanza e al parto (principale motivo di ricovero in questa fascia di età) che, come detto, sono diminuiti meno degli altri ricoveri.

In particolare, i ricoveri per parto, che rappresentano circa l’80% dei ricoveri ostetrici, sono diminuiti del 9% rispetto alla media 2017- 2019, in linea con il trend osservato anche nel periodo pre-pandemia; le interruzioni volontarie di gravidanza sono diminuite del 10% e gli aborti spontanei del 20%, ma anche in questo caso non si rileva un forte impatto della pandemia. Dopo i 40 anni si osservano variazioni dei tassi pari a circa -25%, con piccole differenze di genere



21 luglio 2022
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