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Pnrr. Come si può programmare la nuova sanità territoriale senza conoscerne prima le nuove regole?

di Ettore Jorio

È l'indubbia difficoltà davanti alla quale si trovano le Regioni oggi chiamate ad individuare subito la collocazione sul territorio delle Case della Comunità, degli Ospedali di Comunità e delle Centrali Operative Territoriali senza però aver prima chiarito i nuovi ambiti funzionali di queste strutture che dovrebbero essere delineati dal famoso "DM 71" che sembra non arriverà prima di fine giugno

18 FEB - Ho apprezzato il tono e i contenuti dell’audizione del Ministro Speranza tenuta, il 15 febbraio scorso, alla Commissione affari sociali della Camera dei Deputati, soprattutto mi è piaciuto l’interesse e l’entusiasmo di anticipare, con la giusta enfasi, la definizione per il prossimo mese di giugno del decreto ministeriale cosiddetto DM71. Un suo atto amministrativo di rilievo, così distinto per mera continuità argomentativa con il precedente DM 70, ancorché con l’augurio di una sua più efficace ricaduta sul sistema della salute.
 
Insomma, un provvedimento ministeriale votato ad approvare la regolamentazione della nuova organizzazione territoriale dell’assistenza sociosanitaria di prossimità. In quanto tale, esplicativo dei contenuti delle strutture e delle iniziative delle quali, oggi, si discute tantissimo, specie in relazione al relativo finanziamento che ne assicura il PNRR, e sulle quali sarebbero incentrati gli elementi costitutivi della capillare distribuzione di tutela salutare.
 
Regolamentazione però significa cosa ben diversa da quella regolazione che avrebbe dovuto precedere gli adempimenti comandati dal soggetto attuatore designato alle Regioni e da quelli rimessi, da queste ultime, alle aziende sanitarie territoriali.
 
Non solo, a monte delle quali sarebbe tuttavia occorso un piano di riparto nazionale certamente diverso, fondato su criteri più solidaristici. Così non è stato, atteso che si è perfezionato dividendo le risorse europee complessive attribuite alla Missione 6, componente 1, per residenza anagrafica degli abitanti in ogni singola regione e non già funzionalmente connesso al fabbisogno epidemiologico e agli indici di deprivazione socio-economica e culturale caratterizzanti le Regioni beneficiarie.
 
Più precisamente, è stata disposta senza alcuna preventiva regola l’individuazione sul territorio delle Case della Comunità, degli Ospedali di Comunità e delle Centrali Operative Territoriali (certamente le più innovative per concetto, mission e utilità), alle quali far seguire l’immediato inserimento delle schede descrittive in una apposita piattaforma e l’individuazione dei rispettivi RUP, entrambi i due ultimi adempimenti riferiti ad ogni singola iniziativa e, infine, l’individuazione del responsabile del Piano operativo regionale, rappresentativo del tutto.
 
Francamente, per un siffatto importante evento, straordinario sotto ogni aspetto, sia per l’effetto segnatamente riorganizzativo e diffusivo dell’assistenza sociosanitaria primaria che per l’entità dell’investimento programmato, si sarebbe resa necessaria una preventiva regolazione.
 
Ovverosia un provvedimento legislativo di carattere statale, meglio se individuato per implementare la composizione e le caratteristiche contenutistiche del distretto sanitario, esplicitati dall’artt. 3 quater-sexies del vigente decreto legislativo 502/92, con conseguente approvazione della legge regionale di dettaglio nella quale specificare le prerogative assistenziali, prioritariamente del distretto in quanto tale, se non disciplinato esaustivamente, e delle sue integrazioni rese necessarie alla definizione delle rete fissa dell’assistenza territoriale di prossimità, da realizzare grazie al PNRR. Più esattamente, descrittive delle funzioni delle Case della Comunità, degli Ospedali di Comunità e delle Centrali Operative Territoriali.
 
Ettore Jorio
Università della Calabria
 

18 febbraio 2022
© Riproduzione riservata


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