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Borini (Osservatorio): “Il problema è il rapporto con i medici, ma soprattutto l’informazione”


28 MAR - Secondo la quarta indagine dell’Osservatorio Turismo Procreativo il flusso della migrazione sanitaria per la procreazione assistita non accenna a diminuire. Ai pazienti che decidono di andare all’estero perché devono ricorrere a trattamenti non consentiti dalla legge italiana, si affiancano anche quelli che cercano trattamenti disponibili in Italia.

Il problema, secondo Andrea Borini, presidente dell’Osservatorio sul Turismo Procreativo, è che non si è mai riusciti a fare corretta comunicazione verso i pazienti. Ecco perché vale la pena ricordare quali trattamenti sono disponibili nel nostro paese. “La risposta è semplice: tutti, tranne l’eterologa. A seconda del centro a cui si rivolgono, i pazienti possono sottoporsi a  tutte le tecniche di fecondazione omologa, e possono farlo con fiducia. Dal 2009, da quando cioè la sentenza della Corte Costituzionale ha eliminato molti dei vincoli sanciti dalla legge 40 del 2004, in media i centri hanno ottenuto risultati migliori: è aumentata la percentuale di successo e sono diminuiti i casi di gravidanze gemellari e trigemine.”
 
In particolare, spiega il medico, ci sono alcuni punti da chiarificare: “Si possono fecondare più di tre ovociti, anche tutti quelli prodotti dalla donna se il medico lo considera utile per migliorare le possibilità di successo in quel caso; le società scientifiche italiane hanno steso linee di comportamento, identificando i casi in cui è richiesto l'utilizzo di un numero elevato di ovociti; è il medico insieme alla donna a decidere quanti embrioni trasferire in utero: non più quindi tutti quelli fecondati, ma solo quelli che si ritiengono in numero appropriato per avere le più alte probabilità di successo e cercare di evitare una gravidanza multipla”, ha detto Borini. “In più si possono, anzi si devono, congelare gli embrioni prodotti e non trasferiti e si può eseguire la diagnosi genetica pre-impianto, si può valutare cioè la presenza di mutazioni genetiche specifiche di cui i genitori sono portatori, come in realtà la legge 40 ha sempre previsto”.
 
Eppure, nonostante l’offerta medica italiana sia oggi paragonabile a quella di altri paesi, molti pazienti infertili decidono di rivolgersi a centri esteri. E in più scelgono di informarsi su questi tramite il solo passaparola. “Ma in questo caso è fondamentale che i pazienti sappiano orientarsi fra tutte le informazioni che possono ricevere: a volte a ingrossare le fila di recensioni positive c’è anche della pubblicità”, ha commentato ancora il medico. “Sono altri invece i parametri da considerare”.
Il punto è che se i pazienti reputano così importante affidarsi alle opinioni di altre persone che hanno avuto lo stesso problema, forse è anche perché non riescono a trovare un giusto confronto con i medici. Una possibilità che Borini non scarta: “A volte i medici non riescono a instaurare un rapporto di fiducia e confidenza con i pazienti. Nel caso della procreazione assistita invece, il fattore psicologico è particolarmente importante: bisogna saper parlare alle singole persone e alla coppia, fare i conti con le aspettative personali e sociali, capire l’ambiente da cui provengono i pazienti e il significato che ha per loro la genitorialità”. Uno scarso rapporto di fiducia e una scorretta informazione mediatica e sanitaria. “Questa forse è la parte davvero allarmante – ha concluso il presidente dell’Osservatorio – visto che dall’indagine emerge che spesso i pazienti non solo non ottengono ascolto dai medici, ma neanche informazioni corrette sulle possibilità terapeutiche aperte dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2009”.

28 marzo 2012
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