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Legge 194, nessun tagliando a scapito dei diritti

Mettere in discussione questa legge significa esporre le donne, soprattutto chi è in condizione di maggiore difficoltà,  a maggiori rischi per la salute fisica e psicologica. Sui diritti e sulle tutele sancite dalla legge 194 nella sua interezza indietro non si torna

12 APR - Mai come nelle passata legislatura sono stati investite tante risorse nelle politiche a sostegno delle famiglie e della natalità. Il neoeletto Senatore Romeo, forse ancora compreso nel suo ruolo precedente di consigliere regionale, non sa nemmeno che l’ammontare complessivo di finanziamento per Bonus mamme, voucher per asili nido e baby sitter e ampliamento del congedo parentale ammontano a 1,2 miliardi di euro per il 2017 e di 607 milioniper il 2018 ai quali vanno aggiunti i trasferimenti per il “Sistema integrato per i servizi 0-6 per l’infanzia" di 224 milioni. Risorse che non abbiamo mai visto durante i governi Berlusconi – Lega visto che, come ricorda il senatore Romeo,  nel 2007  il fondo per le politiche della famiglia era di 220 milioni di euro.
 
Piuttosto, quei governi si sono caratterizzati per i tagli per il “settore sociale”. Non si utilizzino quindi informazioni parziali e fuorvianti per rimettere in discussione la legge 194/78. Quella legge, al contrario, va sostenuta nella sua interezza. E’ una norma per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza, caratterizzata da un equilibrio giuridico e dei diritti. E’ stata una conquista e non deve essere rimessa in discussione.

E’ sconfortante assistere a dichiarazioni come quelle recentemente rese dai  senatori  leghisti Pillon e Romeo. E’ pregiudizievole affermare che si debba intervenire sulla 194 per garantire la piena applicazione della prima parte della legge, cioè quella relativa alle attività e all’offerta sanitaria e socio sanitaria dei consultori e sostegno alla maternità e genitorialità, a scapito o utilizzando le risorse necessarie per garantire il diritto all’ interruzione volontaria di gravidanza (IVG), compresa quella farmacologica.
 
Sono stata relatrice del Parere che la commissione Affari Sociali ha espresso nel marzo 2014 circa la relazione sullo Stato di attuazione delle legge 194/78. Il parere  - peraltro sottoscritto e votato ad amplissima maggioranza delle forze politiche, Lega compresa -  su un rapporto che non si discosta dall’ultimo (del 29 dicembre 2017) riguardo al trend  di continua e progressiva diminuzione in Italia dell’IVG. Nel 2016 infatti il numero di IVG riferito dalle regioni è stato pari a 84˙926, con una diminuzione del 3.1% rispetto al 2015, anno in cui la riduzione delle IVG rispetto all’anno precedente e stata sensibilmente maggiore (-9.3%). Oggi un terzo delle IVG totali in Italia continua ad essere a carico delle donne straniere: un contributo che è andato inizialmente crescendo e che dopo un periodo di stabilizzazione sta diminuendo sia in percentuale che in numero assoluto.
 
Altri sono i fronti su cui è necessario intervenire. Dal rafforzamento dell’attività dei consultori per la prevenzione e la promozione della maternità e genitorialità consapevole, considerando le difficoltà per la copertura dei tour over e di assunzione di nuovo personale, fino al riconoscimento pieno del ruolo e delle competenze delle ostetriche, al sostegno del percorso nascita, all’educazione alla procreazione responsabile e alla garanzia del rispetto del diritto della donna a una scelta libera e consapevole.
 
Solo in questo modo potremo garantire la piena applicazione della 194. Perché mettere in discussione questa legge significa esporre le donne, soprattutto chi è in condizione di maggiore difficoltà,  a maggiori rischi per la salute fisica e psicologica. Sui diritti e sulle tutele sancite dalla legge 194 nella sua interezza indietro non si torna.
 
On. Elena Carnevali
Partito Democratico

12 aprile 2018
© Riproduzione riservata

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