13 GIU - Nel suo studio il professor Luigi Cancrini ha due fotografie: una in bianco e nero, che lo immortala con Franco Basaglia e una a colori, in cui stringe la mano al Presidente Emerito Giorgio Napolitano. Nella sua vita ha sempre coniugato la passione politica (che lo vede avere i medesimi ideali di Basaglia) e la professione terapeutica.
Sono passati quarant'anni esatti dalla Legge 180, che aboliva la 36 del 1904, superando l'odiosa istituzione manicomiale. Figlia anche di una rivoluzione culturale e, forse, antropologica, nella quale pensatori come Michel Foucault arrivarono a dire che “mai la psicologia potrà dire la verità sulla follia, perché è la follia a detenere la verità della psicologia”.
Professor Cancrini, Basaglia sosteneva che è difficile dire se la psichiatria sia di per sé strumento di liberazione o di oppressione. Lei ha conosciuto Franco Basaglia: qual è il suo ricordo, che battaglie avete condiviso insieme?
Si, ho conosciuto Franco Basaglia. In particolare nel tempo in cui lui era stato chiamato a dirigere scientificamente un progetto quinquennale sulle malattie mentali al Cnr. Ho collaborato con lui soprattutto in quel progetto e anche nella sua relazione complessa, non sempre semplice, con le forze politiche. Io allora ero un esponente del Partito Comunista Italiano e per lui era molto importante trasformare in legge quello che lui era riuscito a capire e costruire dentro gli Ospedali Psichiatrici in cui aveva lavorato, prima a Gorizia e poi a Trieste. Sulle idee della psichiatria, penso vada distinto il ruolo concreto e reale dello psichiatra così come svolgeva la sua pratica dentro gli ospedali psichiatrici e lo psichiatra come dovrebbe essere, come dovrebbe lavorare, il ruolo dello psichiatra al tempo era più di contenimento e sorveglianza che non terapeutico. Quello che Franco Basaglia e insieme a me tanti altri sognava e cercava di realizzare era che la psichiartria diventasse arte della liberazione, dando strumenti fondamentalmente di tipo psicoterapeutico.
Il superamento della struttura manicomiale è stato uno dei buoni frutti della Prima Repubblica in un certo senso?
Lʼaccordo sostanziale che si venne a creare tra la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano avviene al tempo di quelle che sono state chiamate le convergenze parallele. Grandi intese sui diritti civili e sui diritti delle persone che culminano nella Riforma Sanitaria sempre del 1978. Il contesto è quello del cosiddetto Compromesso Storico, il tempo di Moro e Berlinguer, il tempo in cui la cultura comunista e quella democristiana si incontrano. Dentro la Riforma Sanitaria c'è anche questa scelta di rendere legge l'esperienza di Basaglia.
Per Basaglia nella psicoterapia c'era reciprocità fra malato e medico, per mezzo dell'elemento del denaro, che pone medico e paziente in una posizione di uguaglianza.
Per quanto riguarda la disponibilità economica, l'esempio di Basaglia evidenzia perfettamente quello che lui pensa veramente. Non certo che la malattia mentale non esista: lui pensa che il disagio psichico esista, ma che a questo corre porre riparo con interventi che tengano conto della soggettività del paziente. Nella cura vera e propria ci deve essere uno che la chiede e uno che la dà, un rapporto reciproco. Basaglia credeva nella psicoterapia, la strada per dare risposte al disagio psichico. Prima di lui, al contrario, si chiudeva la sofferenza del paziente in un recinto senza dare spazio per chiedere aiuto. Oggi la presenza, comunque insufficiente, di risorse psicoterapeutiche sul territorio, la povertà strutturale rispetto alla grandiosità del problema, con i limiti di personale, di mezzi e di cultura fanno si che ancora in molte situazioni ci siano pazienti che non possono ricevere cure adeguate. Molti pazienti ancora oggi vengono trattati solo con i farmaci: quando il trattamento è solo farmacologico ci si può ritrovare costretti solo nel muro della chimica.
Parlando agli infermieri, nel 1979 a Trieste, Basaglia portò l'esempio del sistema sanitario britannico posteriore al National Act. In Inghilterra aveva assistito alla nascita della psichiatria sociale.
C'è da dire che il tentativo di rivoluzione dentro le strutture psichiatriche ospedaliere inglesi fu fatto negli stessi anni delle battaglie di Basaglia. C'è un bellissimo libro a riguardo da cui è stato tratto il film Family Life di Ken Loach. Va detto che comunque i tentativi in Inghilterra furono soffocati delle istituzioni. Diciamo che in Inghilterra l'umanizzazione dei manicomi era stata già tentata anni prima, ma un radicale superamento come è avvenuto qui in Italia non si è visto negli anni. Ma la psichiatria sociale in Italia resta debole per quanto riguarda la fase preventiva, siamo molto indietro nel sostegno preventivo ai bambini e agli adolescenti. Quella che è poco adeguata nel nostro Paese è soprattutto la Neuropsichiatria infantile.
Qual è invece la sua opinione sulle misure, in un certo senso, di 'reclusione' odierne? Esistono ancora? Dal Tso e il ricovero negli Spdc; alle cliniche private o convenzionate; alle comunità terapeutiche; oggi al superamento degli Opg con l'istituzione delle Rems.
Le comunità terapeutiche sono volontarie, e sono una grandissima risorsa di psichiatria sociale. Dovrebbero essere sempre di più basate su concetti terapeutici e affidate sempre più ai terapeuti che non ai farmaci, quindi le terrei fuori. Da questo punto di vista c'è un panorama molto variegato, in cui spiccano esperienze di grande livello ed altre in cui ancora, sia per il numero dei malati, sia per l'eccesso di uso farmacologico, ci sono condizioni che possono rciordare quelle dei vecchi ospedali, forse un po' di più nel Sud. D'altra parte esistono, perché esistono, situazioni psichiatriche molto gravi, esistono persone che hanno bisogno di essere accudite in ambienti protetti per tempi anche molto lunghi, quando le loro famiglie non hanno sufficienti risorse e quando sul territorio non ci sono sufficienti risposte. Per quel che riguarda le Rems, anche qui si stanno facendo importanti progressi, investimenti notevoli, sono processi che richiedono tempo. Io credo sia una grande lezione di civiltà quella che è stata data superando anche gli Opg: mi sono battuto molto alla Camera [fu deputato dal 2006 al 2008, ndr] perché gli Opg passassero dalla responsabilità del Ministero della Giustizia a quella del Ministero della Sanità, questo fu l'ultimo intervento del governo Prodi. Sono ancora, per così dire, i rimbalzi positivi a conseguenza dell'esperienza di Franco Basaglia e della legge del 1978 e di una cultura psichiatrica che apre la strada a un sistema che va finanziato di più e seguito di più nel sociale ma che comunque guardando a 40 anni di distanza ci deve far sentire motlo contenti di quel che siamo riusciti a fare.
Lei è anche un uomo di politica. Si è insediato da poco il nuovo Governo. Cosa vorrebbe da questo Esecutivo per la salute mentale e cosa pensa possa fare?
Mi auguro che anche questo Governo porti avanti quello che è stato fatto in questi 40 anni in termini di miglioramenti, ampliamento, rinforzo di quel che è accaduto nelle strutture psichiatriche sul territorio. Nel 2017 con la Ministra Lorenzin è stato stabilito che la psichiatria rientra nei Lea, mi auguro che questo Governo ne tenga conto e coordini e aiuti le Regioni nel rendere davvero accessibile a tutti quello che ancora oggi spesso manca nell'assistenza psichiatrica diffusa. Penso che si tratti di scelte che non dovrebbero essere della politica ma del consenso scientifico. Un freno io penso sia importante porre al dilagare dell'influenza dell'industria farmaceutica sulla ricerca. Penso che tornare a progetti di ricerca come quelli fatti da Basaglia con il Cnr sarebbe cosa è buona e giusta, oggi, il Cnr è debole. La ricerca deve essere più sulla psichiatria sociale che sull'effetto dei farmaci. Mi auguro che il colore politico non influenzi il Governo, staremo a vedere. Bisogna essere intelligenti anche come opposizione per collaborare su quello di buono che si potrà eventualmente fare ed essere attenti a criticare quello che eventualmente verrà fatto male.
Lorenzo Proia
13 giugno 2018
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