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Covid. Disturbi gastrointestinali per il 30-40% dei pazienti a distanza di 5 mesi dall’infezione. Lo studio del Policlinico di Milano


Lo studio analizza 164 pazienti affetti da Covid -19 a distanza di 5 mesi dall’infezione: il 30-40% dei pazienti presentano disturbi gastrointestinali che si riducono nel lungo termine. Astenia e diarrea le principali conseguenze. “I disturbi gastrointestinali permangono a lungo nei soggetti che li avevano sofferti nella fase acuta dell’infezione, ma con severità lieve”, chiarisce Guido Basilisco dell’ Unità Operativa di Gastroenterologia ed Endoscopia. LO STUDIO

03 SET - Superata la fase più acuta dell’emergenza sanitaria, torna alta l’attenzione sugli effetti del Sars-CoV-2 anche a lungo termine. Numerosi sono infatti i casi di “long covid”, con soggetti che continuano a presentare diversi sintomi una volta terminata l’infezione e risoltasi la fase acuta. Già all’indomani della prima ondata, era stata appurata la natura multisistemica del Covid-19, che non attacca solo i polmoni, bensì diversi organi, tra cui il sistema nervoso, il fegato, il cuore, il pancreas, le articolazioni e la pelle. A questo filone di studi ha contribuito il Policlinico di Milano, che in un recente studio ha rilevato le conseguenze del Covid-19 a livello intestinale ed extraintestinale nel lungo periodo.

Autori dello studio, pubblicato su “Neurogastroenterology and Motility”, sono il Prof. Maurizio Vecchi, Professore ordinario e Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Digerente - Università degli Studi di Milano, e il Dott. Guido Basilisco dell’ Unità Operativa di Gastroenterologia ed Endoscopia, Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Lo studio, da un lato, tranquillizza i pazienti affetti da Covid-19 nel senso che gli effetti gastrointestinali a lungo termine sono di severità lieve; dall’altro, sottolinea la possibilità che manifestazioni sia intestinali che extraintestinali possano persistere anche a mesi di distanza.

“Già alcuni riscontri in letteratura - spiega una nota del Policlinico che sintetizza i risultati dello studio - rilevavano sin dal 2020 come il Sars-CoV-2 potesse colpire anche l’apparato gastroenterico, con almeno il 30% dei pazienti con diarrea o sintomi gastroenterologici nella fase acuta della malattia. Meno noto era quale fosse l’andamento nel tempo di questi sintomi, aspetto rilevante visto che spesso, dopo infezioni batteriche o virali, alcuni di questi disturbi tendono a cronicizzare, anche per anni, talvolta affiancati da sintomi extraintestinali (mal di schiena, mal di testa, debolezza) non spiegati da una specifica alterazione organica, questi ultimi definiti come ‘somatoformi’. Questo andamento caratterizza alcune sindromi funzionali come il colon irritabile o la dispepsia cosidette ‘post-infettive’”.

“Abbiamo quindi analizzato, dopo un intervallo di tempo di cinque mesi, i pazienti ricoverati presso il nostro Ospedale per infezione acuta da Covid-19 per capire se i sintomi gastroenterici che caratterizzano le malattie funzionali gastrointestinali come l’intestino irritabile e i sintomi somatoformi come la spossatezza/astenia, possano essere presenti a mesi dall’infezione – spiega Basilisco – Abbiamo studiato 164 pazienti dopo 5 mesi dall’infezione acuta da Covid-19. I risultati sono stati confrontati con quelli di soggetti sani e negativi al Covid-19. I dati dimostrano che sintomi gastroenterologici sono presenti a distanza dall’infezione, sebbene in forma assai lieve; il sintomo più frequente è la diarrea. Tra i sintomi extraintestinali molto più frequente è invece l’astenia, che raggiunge valori del 40% tra i soggetti colpiti dal Covid-19. Questi risultati suggeriscono, in linea con la letteratura piu recente, che sia i sintomi che caratterizzano le malattie funzionali gastrointestinali che i sintomi somatoformi possano avere un’origine biologica comune”.

“La nostra ricerca ha studiato un argomento di notevole interesse, ossia il follow up a lungo termine di pazienti con un’infezione acuta da Covid-19 che nel 30-40% dei casi presentava problemi gastrointestinali, soprattutto diarrea – evidenzia il Prof. Vecchi – Altri studi avevano inoltre dimostrato casi di pancreatite, clinicamente non sempre evidente, ma riscontrabile dall’alterazione degli enzimi caratteristici del pancreas. Infine, un’altra forte evidenza della relazione tra virus e apparato digerente è il fatto che nell’infezione acuta si verifichi una significativa eliminazione fecale del Sars-CoV-2, probabilmente successiva alla fase iniziale, durante la quale il virus è localizzato nelle vie aeree superiori, prima che giunga negli altri organi e nei tessuti gastrointestinali”.

03 settembre 2021
© Riproduzione riservata

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