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Sangue. In Afghanistan a rischio le terapie salvavita per 300 bambini emofilici. L’allarme del Cns


Il deterioramento della situazione politica nel paese ha impedito l’invio di circa 8 mln di unità di fattore VIII e IX della coagulazione, farmaci plasmaderivati prodotti grazie al plasma dei donatori italiani. De Angelis (Cns): “L’auspicio è che a breve si possano ricreare le condizioni per un invio sicuro di plasmaderivati, perché da essi potrebbero dipendere la salute e anche la vita di centinaia di pazienti”

03 SET - Terapie salvavita per i bambini emofilici Afgani a rischio.
A lanciare l’allarme il Centro nazionale sangue, il rapido deteriorarsi della situazione politica in Afghanistan ha di fatto bloccato il programma di Cooperazione attivo con l’Italia, che prevedeva l’invio nel Paese dell’Asia Centrale di farmaci plasmaderivati. In particolare un carico il cui invio era previsto per giugno 2021, consistente di 6 milioni di Unità Internazionali di fattore VIII e 2 milioni di UI di fattore IX di coagulazione, non è potuto partire mettendo a rischio le terapie salvavita per circa 300 pazienti pediatrici affetti da emofilia e altre malattie emorragiche congenite (Mec) ed in cura presso il centro specializzato dell’ospedale Indira Gandhi di Kabul e presso una struttura di nuovo allestimento a Herat, nella parte occidentale del Paese.
 
Gli invii riguardano medicinali prodotti grazie alle donazioni di plasma dei donatori italiani ed eccedenti il fabbisogno nazionale e rientrano nel programma di cooperazione internazionale per l’esportazione di medicinali plasmaderivati a fini umanitari. Un programma attivo dal 2013 grazie all’impegno messo in campo da Ministero della Salute, Centro Nazionale Sangue, Regioni e Province Autonome e associazioni di donatori e pazienti.
 
“L’impegno nei programmi di cooperazione internazionale a fini umanitari – commenta il direttore del Centro Nazionale Sangue, Vincenzo De Angelis – che permettono di inviare medicinali salvavita e di condividere know how con paesi e pazienti che ne hanno bisogno è, tra le tante attività in cui è impegnato il Cns, una di quelle che mi rende più orgoglioso. Il nostro auspicio è che a breve si possano ricreare le condizioni che permettano un invio sicuro di plasmaderivati, perché da essi potrebbero dipendere la salute e anche la vita di centinaia di pazienti”.
 
Il programma di cooperazione. Nel corso di vari programmi di cooperazione, attivi già dal 2009, l’Italia ha contribuito a dotare l’Afghanistan di alcune infrastrutture idonee al trattamento dell’emofilia e di altre MEC, a cominciare dall’apertura di un apposito centro diagnostico presso l’ospedale Estelqal di Kabul. Dopo il primo invio di fattori di coagulazione del 2013 fu lo stesso governo di Kabul a contattare il Ministero della Salute al fine di individuare una Regione o Provincia Autonoma in grado di sviluppare una cooperazione bilaterale di medio-lungo termine chiedendo in prima istanza la donazione di prodotto e successivamente lo sviluppo di un progetto di collaborazione tecnico-scientifica. Visto il notevole e costante aumento dei pazienti assistiti presso il Centro emofilia dell’ospedale Esteqlal di Kabul provenienti anche da aree geografiche a notevole distanza dalla capitale (es. Herat: 814 km; Farah: 947 km), si è reso necessario il potenziamento di tale Centro, al fine di erogare prestazioni non solo circoscritte alla gestione degli episodi acuti e delle emergenze ma anche allo scopo di potenziare l’attività chirurgica e i trattamenti in profilassi, nonché la creazione di strutture periferiche, a cominciare da quella di Herat

L’impegno verso l’Afghanistan del Cns e di tutto il sistema sangue italiano non è però l’unico. Nel corso degli anni hanno beneficiato dell’invio di oltre 61 milioni di unità internazionali di medicinali plasmaderivati paesi come El Salvador, Albania e Armenia. Mentre il Cns, dopo una serie di rinvii dovuti alle restrizioni derivanti dall’emergenza Covid, è al momento impegnato in Palestina, non solo tramite l’invio di fattori di coagulazione ma anche con un progetto pilota finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo e intitolato ‘Haemo-PAL’, finalizzato al potenziamento dei centri clinici per la diagnosi e la cura delle malattie emorragiche congenite.
 

I medicinali plasmaderivati (albumina, immunoglobuline, fattori di coagulazione), ricorda il Cns sono specialità farmaceutiche prodotte attraverso processi di lavorazione industriale del plasma, la componente liquida del sangue raccolta da donatori volontari attraverso procedure di aferesi produttiva o ottenuta dalla separazione dagli altri componenti del sangue intero attraverso mezzi fisici (centrifugazione). I MPD esercitano un ruolo chiave, e talora non sostituibile, nel trattamento di molte condizioni cliniche acute e croniche.
Come donare il plasma? Attreverso un prelievo effettuato tramite un’apparecchiatura (separatore cellulare) che immediatamente separa la parte corpuscolata dalla componente liquida che viene raccolta in una sacca di circa 600-700 ml. La parte corpuscolata, spiega il Cns, viene reinfusa nel donatore. Il volume di liquido che si sottrae con la donazione viene ricostituito grazie a meccanismi naturali di recupero, l’infusione di soluzione fisiologica e l’assunzione di liquidi. Il plasma serve poi a produrre medicinali salvavita, i cosiddetti plasmaderivati come l’albumina o le immunoglobuline o i fattori della coagulazione, utilizzati per terapie salvavita.
 

03 settembre 2021
© Riproduzione riservata

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