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Fase 2. Anifa: “Durante lockdown 7 mln di italiani a rischio isolamento acustico. Ora garantire personalizzazione apparecchi”


Secondo l’associazione di Confindustria Dispositivi Medici, che rappresenta le aziende che producono e commercializzano dispositivi medici per l’udito, per circa 3 mesi, durante la fase di lockdown, quasi nessuno si è presentato nei centri acustici per sottoporsi a prove e ancor meno sono le persone che hanno avviato il percorso di rimediazione.

05 GIU - Sono per lo più over 65 e rappresentano il 12,1% della popolazione italiana le persone con problemi di udito che in questo periodo di emergenza per il Coronavirus hanno dovuto far fronte ad un altro tipo di isolamento, quello acustico, facendo i conti con la gestione del distanziamento sociale. Si va dalle difficoltà a percepire le voci sussurrate che riguarda il 45,5%, che indica che questo accade a volte (32,3%) o frequentemente (13,2%), alla necessità di chiedere alle persone di ripetere ciò che hanno detto (54,7%) fino alla difficoltà di sentire i programmi alla TV o alla radio (26,9%).
 
É quanto rileva Anifa, l’associazione di Confindustria Dispositivi Medici, che rappresenta le aziende che producono e commercializzano dispositivi medici per l’udito che ha evidenziato come per circa 3 mesi, durante la fase di lockdown, quasi “nessuno si è presentato nei centri acustici per sottoporsi a prove e ancor meno sono le persone che hanno avviato il percorso di rimediazione. Solo pochi centri acustici hanno lavorato su appuntamento, gestendo limitate richieste. A rilento anche l’iter autorizzativo da parte delle ASL di competenza, i collaudi e i rinnovi”.
 
“La gestione dell’emergenza, dal lockdown alla Fase 2, per le persone affette da problemi acustici sta diventando un vero e proprio isolamento. Chi non aveva disponibile un apparecchio acustico ha rinunciato ad andare a verificare le proprie condizioni e a dotarsi di un dispositivo che potesse aiutarlo a superare i problemi di udito. Questo atteggiamento genera spesso problemi depressivi, allontanamento da affetti e familiari e il perdurare di questa situazione potrebbe provocare un aggravarsi di molte patologie e l’insorgenza di sindromi correlate come gli effetti negativi a livello psicologico” – ha dichiarato Sandro Lombardi, presidente Anifa.
 
Si può stimare che nel 2025 il numero di persone con un calo uditivo autodiagnosticato saranno 8 milioni e che diventeranno tra i 10 e gli 11 milioni nel 2050.  Si tratta infatti di patologie destinate a crescere alla luce dell’invecchiamento della popolazione ma non solo. L’incremento maggiore si riscontra tra il 2012 e il 2018, oltre che nella classe degli ultraottantenni, nella classe d’età di età intermedia (dai 46 ai 60 anni), che rappresenta quella più esposta ai rischi di tipo ambientale (+9,8% contro il +7,7%).
 
“Le imprese Anifa sono impegnate per ridurre le conseguenze derivate dall’ipoacusia attraverso un investimento costante in ricerca e sviluppo (che dal 2010 al 2017 è aumentato del 74%) per apparecchi sempre meno invasivi e maggiormente personalizzati, capaci di colmare il gap uditivo in maniera sempre più naturale. Stiamo ora lanciando una campagna di informazione per aiutare tutte le persone con ipoacusia e stiamo sottoponendo al Ministero della Salute la richiesta di aggiornamento del nomenclatore  contenuto nei nuovi Lea (DPCM 12 gennaio 2017) che prevede un’acquisizione di tali dispositivi da parte del Servizio sanitario nazionale tramite procedure pubbliche d’acquisto, procedura idonea per dispositivi seriali, ma non per apparecchi la cui personalizzazione è alla base dell’alto apprezzamento dei pazienti” – ha concluso Sandro Lombardi.

05 giugno 2020
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