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In arrivo il primo farmaco personalizzato per il melanoma metastatico

di Elettra Vecchia

È vemurafenib, attivo sulla mutazione del gene BRAF V600, presente in metà di questi casi. Prodotto da Roche a Segrate è in attesa dell’autorizzazione Aifa. Oggi, in Italia, si registrano circa 7.000 nuovi casi di melanoma all'anno e 1.500 morti.

11 APR - L’incidenza del melanoma è in aumento, per quanto riguarda l’Italia l’incremento negli ultimi dieci-quindici anni è stato del 27%, arrivando a 7.000 casi e 1.500 morti all’anno. Individuato nelle fasi iniziali può quasi sempre essere curato, ma se causa invece metastasi a organi come fegato, polmoni, ossa e cervello la probabilità di essere vivi a un anno dalla diagnosi cala drasticamente a un caso su quattro. Sono circa 1.800 all’anno in Italia le persone colpite da melanoma metastatico, con una sopravvivenza media di sei-nove mesi.
 
Ma questi malati hanno ora una nuova arma, il primo farmaco personalizzato per il trattamento del melanoma metastatico: vemurafenib, attivo sulla mutazione BRAF V600 che si riscontra nel 50% dei casi. Il farmaco è realizzato da Roche nello stabilimento di Segrate (Milano) che rifornisce gli Stati Uniti, dove l’ha autorizzato la Fda nel 2011, e paesi europei come Gran Bretagna, Germania, Lussemburgo e Svizzera: in Europa l’autorizzazione dell’Ema è di febbraio 2012 e in Italia si attende quella dell’Aifa; intanto però l’azienda lo rende disponibile per uso nominale, a richiesta dei centri di cura. La commercializzazione dovrebbe essere a breve, come auspicato nel media tutorial promosso oggi a Segrate dal titolo significativo “Melanoma: una questione di tempo”.
 
L’innovazione costituita da vemurafenib rientra nella logica della medicina personalizzata, cioè la terapia giusta per specifici gruppi di pazienti, a vantaggio di malati e medici ma anche del Sistema sanitario: infatti la molecola è stata sviluppata insieme a un test diagnostico correlato, per un utilizzo mirato. “Nel melanoma c’entrano fattori genetici e comportamentali legati all’esposizione al sole, l’incidenza è maggiore tra chi si espone saltuariamente ed eccessivamente al sole (“malattia dei colletti bianchi”); fattori di rischio storia familiare, pelle chiara, scottature, nei atipici, molte lentiggini, anche uso di lampade e lettini abbronzanti ” ricorda Vanna Chiarion Sileni, responsabile Oncologia Medica 2, Istituto Oncologico Veneto di Padova. “In Italia aumenta di più al Nord che nel Centro e nel Sud, l’incidenza è maggiore nelle fasce socio-economiche più elevate ma in quelle meno agiate è più frequente il ritardo diagnostico”. Quanto al melanoma metastatico, spiega Paolo Ascierto, vicedirettore Unità oncologica e medicina innovativa Istituto Tumori di Nspoli G. Pascale e presidente della Fondazione Melanoma: “Sappiamo che in metà di questi casi è in causa una mutazione della proteina BRAF, inserita in un circuito di quattro proteine che è simile a un circuito elettrico in cui esse agiscono come interruttori. Quando nella BRAF c’è la mutazione V600 questa funziona come un interruttore sempre acceso e dà quindi un segnale continuo di proliferazione. Vemurafenib spegne specificamente la forma attivata con la mutazione V600”. Una caratteristica è la rapidità d’azione: “L’effetto si evidenzia già dopo 15 giorni, inoltre uno studio di fase II ha mostrato che la mediana di sopravvivenza è di 16 mesi, probabilmente la più alta mai riscontrata in uno studio simile nel melanoma metastatico”.
 

“Disporre di farmaci mirati e target molecolari ben caratterizzati consente di aumentare l’efficacia delle terapie e una diminuire inutili effetti tossici” rileva Carmine Pinto, U.O. Oncologia medica Policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna e segretario nazionale Aiom. Dalla parte del paziente, vemurafenib presenta anche la transitorietà e reversibilità dei principali effetti collaterali con adeguato trattamento sintomatico e la somministrazione per via orale, invece che in vena. Un altro aspetto è quello relativo alle metastasi cerebrali. “Un terzo circa dei pazienti con melanoma giunti alla diagnosi in fase avanzata presenta metastasi cerebrali, con una sopravvivenza media intorno a 4 mesi” spiega Michele Maio, direttore Immunoterapia oncologica, Policlinico Santa Maria alle Scotte Siena. “Ora si può ricorrere solo alla radioterapia o alla chirurgia, ma ci sono indicazioni che vemurafenib possa essere efficace in questi casi complessi, lo stiamo verificando con il più ampio studio specifico”. La diagnosi precoce nel melanoma è fondamentale, altrettanto lo è l’approccio multidisciplinare tra diversi operatori, dalla diagnosi alla terapia; da questo la creazione di Melanoma Unit, come quella dell’Istituto europeo di oncologia di Milano. Senza dimenticare l’importanza della prevenzione primaria, cominciando dalla protezione dalle scottature solari fino dall’infanzia.
 
Elettra Vecchia

11 aprile 2012
© Riproduzione riservata

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