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Coronavirus. L’allarme degli uro-oncologi: “Può essere rischioso interrompere le cure. Rischi e benefici siano valutati dai medici”


Sono troppe le diserzioni dalle strutture sanitarie per paura di contagi. Per Lapini, Presidente SIUrO: “È necessaria una valutazione precisa per individuare rischi e benefici che si corrono nel non sottoporsi ad esami e terapie piuttosto che nel recarsi in ospedale. Questa però spetta solo ai medici curanti”

02 APR - “Gli uomini e le donne colpiti da un tumore urologico, come tutti i malati oncologici, sono esposti ad un rischio maggiore d’infezione da Coronavirus. È quindi necessaria una valutazione molto precisa e attenta per individuare i rischi e benefici che si corrono nel non sottoporsi ad esami e terapie piuttosto che nel recarsi nelle strutture sanitarie”.
È quanto dichiara la Società Italiana di Uro-Oncologia (SIUrO) che invita quindi tutti i pazienti italiani colpiti da tumore della prostata, vescica, rene o testicolo a seguire scrupolosamente le indicazioni dei medici curanti.
 
“In queste settimane molto complesse per l’intero Paese serve un approccio ancora più personalizzato per ogni singolo paziente da parte degli uro-oncologi – afferma Alberto Lapini, Presidente Nazionale SIUrO – Bisogna tenere conto sia dell’esigenze del singolo malato che delle attuali condizioni, di oggettiva difficoltà, che sta vivendo il nostro sistema sanitario nazionale. Comprendiamo le paure dei pazienti e dei loro familiari ma non andare in ospedale, per un esame o un trattamento, può essere molto pericoloso. Questo vale soprattutto per quelle persone colpite da un carcinoma ad uno stadio avanzato o metastatico”.
 
“Alcuni esami o interventi chirurgici possono tuttavia essere posticipati per un breve periodo di tempo senza prevedibili significative conseguenze negative” aggiunge Renzo Colombo, Vice Presidente della SIUrO: per esempio le valutazioni trimestrali del PSA per la sorveglianza attiva di un tumore alla prostata, le instillazioni endovescicali di chemio o immunoterapici in fase avanzata di mantenimento, le cistoscopie di follow-up a lungo termine, le resezioni endoscopiche di piccole neoformazioni vescicali superficiali e a basso potenziale di malignità, possono essere giustificatamente posticipate per un breve periodo di tempo. “Ma questa decisione – aggiunge – deve sempre essere stabilita, caso per caso, dal singolo specialista o dal team multidisciplinare che sta seguendo il paziente”.
 
“In molti Centri non siamo più in grado di operare i pazienti perché interi reparti di urologia o oncologia sono impegnati a contrastare l’emergenza Coronavirus - prosegue Giario Conti, Segretario della SIUrO -. Questo sta avvenendo soprattutto nelle Regioni del nord, prima fra tutte la Lombardia, dove la pandemia è maggiormente estesa. Tuttavia sono state identificate delle specifiche strutture sanitarie Covid-19 free dove i pazienti uro-oncologici possono essere messi in lista d’attesa. In molti casi sono gli stessi medici o chirurghi che si spostano da un centro all’altro della Regione per operare o somministrare le terapie anti-cancro”.
 
A breve la SIUrO, insieme ad altre Società Scientifiche, emanerà un documento con delle raccomandazioni, per pazienti e specialisti, che devono affrontare un cancro urologico in queste settimane travagliate. “Vogliamo rassicurare gli oltre 600 mila italiani che vivono con una diagnosi di tumore genito-urinario - conclude Lapini -. Nonostante le grandi difficoltà e le incertezze di questi giorni possiamo ancora garantire l’assistenza ai nostri pazienti. Raccomandiamo poi a malati e caregiver di seguire con particolare attenzione le norme e i limiti stabiliti dalle recenti ordinanze”.

02 aprile 2020
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