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Infarto. Per prevenirlo basta controllare i marker nel sangue


Prevedere un attacco cardiaco con una settimana di anticipo sarà presto possibile. Secondo una ricerca statunitense, infatti, sarebbe il crollo dei livelli di alcune particolari molecole di microRna a causare gli episodi cardiaci gravi. Monitorando i marker sarebbe possibile prevenire effetti letali.

27 MAR - Una delle cose più difficili nel trattamento degli infarti è che è difficile prevedere quando avverranno. Ma da oggi, grazie ad uno studio dell’Intermountain Medical Center Heart Institute, potrebbe non essere più così: controllando i livelli di alcune molecole di microRna nel sangue potrebbe infatti essere possibile prevedere un imminente attacco cardiaco. La ricerca è stata presentata alla 61esima edizione dell’ Annual Scientific Session promossa dall’American College of Cardiology.
 
“Circa la metà degli infarti capita a pazienti che non avevano mai presentato segni di possibili patologie cardiache: gli attacchi cardiaci colpiscono all’improvviso, e anche per questo molto spesso sono letali”, ha commentato Jeffrey L. Anderson, direttore della ricerca nella struttura statunitense e autore dello studio. “Il progetto è promettente. Potremmo in futuro essere in grado di riconoscere questi pazienti prima che arrivi l’infarto”.
 
In particolare il team ha osservato i livelli di presenza nel sangue di sei diverse molecole di microRna,precedentemente identificate in pazienti che avevano subito un attacco cardiaco. Si tratta delle molecole conosciute come miR-122, miR-145, e miR-375 e secondo gli scienziati la loro assenza potrebbe causare una disfunzione genetica foriera di attacchi cardiaci. Questo tipo di particelle servirebbero infatti in generale come una sorta di interruttori che regolano l’espressione di alcuni geni: quando le loro quantità crollano non esiste più controllo e dunque i geni che mantengono l’organismo in equilibrio possono smettere di farlo. “In realtà non sappiamo bene quali siano i geni controllati da questi microRna, ma lo studio ci fornisce comunque una buona base di partenza per capire meglio come funziona il cuore umano”, ha spiegato John Carlquist, co-autore dello studio.
I campioni di sangue analizzati dai ricercatori provenivano da 85 pazienti, divisi in quattro gruppi. Il sangue veniva prelevato, oltre che a persone sane, a persone con patologie cardiache che non avevano avuto infarti da un anno, o che avevano avuto un attacco cardiaco meno di 36 ore prima. Ma in particolare, una parte della popolazione di partecipanti considerata dai ricercatori aveva avuto per caso un episodio cardiaco entro una settimana dal prelievo di sangue: è stato proprio analizzando i campioni prelevati da questi pazienti che il team ha potuto effettuare la scoperta. “Abbiamo osservato che tre delle sei molecole di microRna che cercavamo erano presenti in concentrazioni molto minori nelle persone che avrebbero avuto un infarto di lì a sette giorni”, ha spiegato Oxana Galenko, autrice principale dello studio.
 
In ogni caso, secondo gli scienziati, in un futuro non lontanosi potranno mantenere sotto controllo i livelli di espressione di queste molecole nel sangue dei pazienti, tramite controlli periodici, per verificare la possibilità che si presentino a breve degli episodi cardiaci pericolosi. Con le nuove nanotecnologie in via di sviluppo potrebbero addirittura essere realizzati dispositivi capaci di monitorare questi valori in tempo reale in modo da avvertire tempestivamente il medico in caso che i livelli scendano al di sotto della soglia di pericolo. “Ecco perché abbiamo intenzione di continuare con le nostre ricerche in questo campo”, ha spiegato la ricercatrice. “Al momento stiamo pensando ad uno studio che coinvolga un campione di pazienti più numeroso”.
 
Laura Berardi

27 marzo 2012
© Riproduzione riservata

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