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Influenza. Scoperto il gene che rende più suscettibili all’infezione


Si chiama IFITM3 il gene che può trasformare un caso di influenza leggera in una infezione fatale: sia negli esseri umani che nei topi, chi presenta una modificazione genetica che altera l’unità ereditaria o la cancella diventa quasi incapace di rispondere all’infezione. Lo studio pubblicato su Nature.

27 MAR - Quando si studia l’influenza, soprattutto da quando la paura dello scoppio di una pandemia si è fatta più presente, una delle domande più comuni è: perché per alcune persone la sindrome virale è più pesante, tanto che arriva ad essere anche letale, mentre per altre no? Oggi un team del Wellcome Trust Sanger Institute potrebbe aver trovato la risposta a questo dubbio: sembra che nelle persone che presentano una variante particolare del gene IFITM3 il rischio che la patologia diventi più grave, tanto da dover essere trattata in ospedale, è molto maggiore. Il team, che ha pubblicato la scoperta su Nature,èil primo che ha identificato negli esseri umani un gene capace di modificare la risposta dell’organismo al virus dell’influenza.
 
IFITM3 giocherebbe dunque un ruolo cruciale nel proteggere il corpo dall’infezione,e una sua rara versione alterata sembrerebbe rendere le persone più suscettibili all’aggressione virale. Il ruolo del gene nell’organismo sano è infatti quello di proteggere le cellule dagli attacchi degli agenti patogeni: quando la proteina sintetizzata a partire da esso è presente in grandi quantità, la diffusione nei polmoni di virus come quello dell’influenza suina (H1N1) sembra venire compromessa; se invece la molecola è difettosa o se non è presente, l’infezione può trasmettersi più facilmente di tessuto in tessuto, arrivando ad essere molto pericolosa. “Sebbene questa proteina sia importante a causa del suo ruolo di difesa contro i virus, prima di oggi non sapevamo poco su di lei e su come agisce nei polmoni”, ha detto Aaron Everitt, autore dello studio. “La ricerca gioca una funzione fondamentale nella spiegazione di come sia il gene IFITM3 che la proteina a lui associata siano connessi alla predisposizione virale”.
Il loro ruolo era stato già indicato da precedenti studi, che avevano dimostrato come in particolare la proteina fosse presente in topi in cui la diffusione del virus influenzale e di quello di Dengue nelle cellule era minore. Per questo motivo i ricercatori del Wellcome Trust si erano chiesti se fosse proprio questa molecola ad agire sulla viralità: rimuovendo il IFITM3 dalle cavie il team ha così dimostrato che una volta contratto il virus per questi topi i sintomi risultavano essere molto più gravi, in rapporto alle cavie in cui il gene era espresso. Addirittura, gli scienziati potevano dimostrare che la perdita di questo singolo elemento ereditario poteva trasformare un caso di influenza leggera in una infezione fatale.
 
Per verificare che questo ruolo fosse presente anche negli esseri umani, i ricercatori hanno allora sequenziato il gene in 53 pazienti che erano stati ricoverati per influenza, dimostrando come alcuni di questi presentassero delle forme alterate di IFITM3, rare nelle persone normali. Questo codificava una proteina più corta, che esponeva le cellule di queste pazienti in maniera maggiore all’infezione. “Questi dati mostrano come una singola molecola possa alterare profondamente la progressione della malattia, sia nei topi che negli esseri umani”, ha spiegato Paul Kellam, co-autore dello studio. “Per comprendere a pieno come proteina e gene possano controllare la sensibilità alle infezioni virali, abbiamo però bisogno di osservare il loro comportamento e i meccanismi in cui sono coinvolte ancor più da vicino”.
Abraham Brass, ricercatore del Massachusetts General Hospital che ha collaborato allo studio ha poi aggiunto: “Poiché IFITM3 sembra essere cruciale per la difesa alle infezioni, il nostro lavoro suggerisce che persone e popolazioni che ne presentano un’attività ridotta potrebbero essere maggiormente a rischio nel caso scoppiasse una pandemia di influenza”. Concludendo poi: “Per questo la ricerca è importante: riconoscere chi presenta la variante incriminata potrebbe aiutarci a capire chi sarebbero le persone più vulnerabili, i cui sistemi immunitari non sarebbero capaci di rispondere all’infezione. In questo modo potremmo ad esempio prevedere per costoro un piano di vaccinazione specifico, e consigliare ulteriori precauzioni”.
 
Laura Berardi

27 marzo 2012
© Riproduzione riservata

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