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Il caso "sorbitolo". Il Far West dei farmaci via Web: ci si guadagna di più che con la droga


I dati ufficiali parlano di solo un 1% di farmaci acquistati su internet dagli italiani. Ma la realtà potrebbe essere più preoccupante anche perché la percentuale di guadagno è altissima: 1 euro investito ne può fruttare 2.500. Questo lo scenario dove si è maturata la tragedia di Barletta.

26 MAR - E' diventato un vero e proprio caso, il decesso di una ragazza di 29 anni in uno studio privato di Barletta a causa della somministrazione del dolcificante a base di sorbitolo utilizzato per i test di intolleranza alimentare che i medici dello studio privato avevano acquistato su Ebay. L’operazione dei Nas, scattata immediatamente, ha già permesso il sequestro di mille tonnellate di sorbitolo prodotto in due ditte di Rovigo e Mantova, da cui la sostanza era uscita per poi essere inviata in Inghilterra per essere confezionata e immessa sul mercato europeo. E l'Italia si interroga sui rischi degli acquisti sul web. Soprattutto quando in gioco c'è la salute.
 
Ad inquietare, nel caso di Barletta, c'è anche il fatto che il prodotto fosse stato acquistato su eBay dai medici stessi, che poi l'hanno somministrato alle loro pazienti. Occorre tuttavia sottolineare che il sorbitolo non è un farmaco e quindi il suo acquisto online non è soggetto alle restrizioni vigenti invece per i farmaci. In Italia, infatti, l’acquisto dei farmaci online, ed evidentemente anche la loro vendita, è vietato dalla legge. Nonché fortemente contrastato. Fin dal 2007, con delibera Aifa, il nostro Paese ha infatti istituito Impact, la task force nazionale per contrastare il fenomeno della contraffazione farmaceutica (che in molti casi trova terreno fertile proprio sul web) di cui fanno parte il Ministero della Salute, Aifa, ISS e CCTS-NAS, il Ministero dell’Interno, il Ministero dello Sviluppo Economico e l’Agenzia delle Dogane.

Anche il Parlamento è molto sensibile al tema, tanto da avere condotto un’indagine conoscitiva realizzata dalla commissione Igiene e Sanità del Senato e di avere, lo scorso ottobre, approvato una mozione che, in particolare, impegna il Governo ad informare ed educare sui pericoli dell’e-commerce. Educare i cittadini, ma anche gli operatori della sanità. Anche in considerazione del fatto che una ricerca elaborata dall’Aifa in collaborazione con la Fimmg (Federazione italiana medici medicina generale) su 613 medici di famiglia ha permesso di scoprire che solo 1camice bianco su 4 sa che in Italia è illegale acquistare medicinali tramite web. Oltre il 40% dei medici ritiene poi che i propri pazienti potrebbero averlo fatto.

E probabilmente è così. Già che secondo i dati dell’Eaasm (European Alliance for Access to Safe Medicine), tra il 2005 e il 2006 il volume di farmaci contraffatti in Europa è passato da 500 mila unità e 2,7 milioni ed è ragionevole pensare che la quota di acquisti ed acquirenti sia aumentata proporzionalmente. Per un giro di affari che ha raggiunto livelli vertiginosi. Secondo i dati presentati dal generale dei Nas, Cosimo Piccino, in occasione di un seminario organizzato dall’Aifa lo scorso novembre, anche se i dati ufficiali parlano di solo un 1% di farmaci acquistati su internet dagli italiani, la realtà potrebbe essere molto più preoccupante. Così come molto più vasto di quanto stimato sarebbe il giro di affari: investire 1 euro nel business dei farmaci contraffatti, ha spiegato Piccinno, può portare a guadagnare fino a 2.500 euro. Per la droga il rapporto è, invece, di 1 a 16. In pratica, con i farmaci, si può guadagnare fino a 150 volte di più che con lo spaccio di stupefacenti.

Ma cosa è che rende tanto allettante per il cittadino l’acquisto online dei farmaci? La privacy anzitutto. Non a caso la più alta quota dei farmaci acquistati in rete è rappresentata da prodotti per il trattamento delle disfunzioni sessuali, anoressizzanti o acquistati per fini diversi rispetto alle indicazioni terapeutiche, come aveva sottolineato anche l’ex direttore dell’Aifa, Guido Rasi, lo scorso ottobre, in occasione di un’operazione del programma internazionale Pangea IV: International Internet week of action per la lotta alla contraffazione e alla diffusione di farmaci illegali che, con la collaborazione dell’Aifa, delle Agenzie delle Dogane e dei Nas aveva permesso di bloccare oltre 50.000 tra capsule, compresse e fiale contraffatte e/o importate illegalmente in Italia.

A questo si unisce la facilità di acquisto. Che la maggior parte delle volte permette anche di raggirare l’obbligo della prescrizione medica. “Secondo quanto emerso dalle indagini condotte dell'Aifa e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità – ha sottolineato il senatore Ignazio Marino in occasione dell’approvazione della Mozione a Palazzo Madama -, il 50% dei siti che vendono farmaci online permette ai propri acquirenti di ricevere direttamente a casa farmaci non autorizzati o banditi e l'85% di essi non richiede nemmeno una prescrizione medica prima della spedizione, o la richiede via fax e tutti sappiamo quanto sia facile comporre un ricettario con un computer”.

Ma cosa è che ci viene recapitato a casa? Prodotti di qualità scadente o addirittura contenenti tracce di solventi cancerogeni o metalli pesanti, secondo un’inchiesta effettuata da Altroconsumo lo scorso novembre. In particolare, attraverso una ricerca su Google, Altroconsumo ha identificato 98 siti che vendevano fluoxetina. Ha quindi effettuato 64 prove di acquisto senza che l'acquirente incaricato da Altroconsumo presentasse alcuna ricetta medica. In 13 casi la merce è arrivata a destinazione ma ha portato brutte sorprese: in 8 casi dalle analisi di laboratori effettuate sono risultate presenti tracce di solventi classificati come possibili cancerogeni; in 7 campioni trovati metalli pesanti e in altrettanti impurezze che dovrebbero essere assenti secondo la farmacopea europea. Oltre alla sostanza, anche il peso delle capsule era molto variabile.
In particolare, i 13 siti da cui sono provenuti i farmaci avevano il dominio registrato in 3 casi in Russia, in 2 casi in Bielorussia, in 2 casi in Repubblica Ceca, in 2 casi in Canada, in 1 caso negli Usa, in 1 caso in Portogallo, in 1 altro in Lussemburgo mentre in 1 altro caso non è stato possibile indentificare la provenienza del sito.
Il farmaco, però, era prodotto in altri Paesi. Per lo più era stato fatto in India (10 casi), in 2 casi era un prodotto della Nuova  Zelanda e in un altro caso della Turchia.

"I siti che vendono farmaci - afferma l'associazione dei consumatori presentando i dati - puntano su confidenzialità, rispetto della privacy, prezzi più bassi, qualità del prodotto, spedizione con tracciabilità, consegna in pochi giorni. Alcuni con spudoratezza rassicurano circa la legalità dell’acquisto di farmaci online e la possibilità di evitare il 'filtro' del medico. Sono slogan che non resistono alla prova dei fatti. La nostra inchiesta - conclude Altroconsumo - dimostra che è un tipo di acquisto che offre zero garanzie. E che potremmo rimetterci soldi e salute".

La sicurezza dell’acquisto dei farmaci sul web, però, non sembra che possa derivare dalla legalizzazione delle farmacie online. Dietro ad esse, infatti, si nasconderebbe una quota altissima di farmacie false. Secondo il servizio statunitense di verifica e controllo delle farmacie online, LegiScript, ad esempio, sono sicure solo 220 delle 39.974 farmacie online monitorate. Ma ben 38.649 (il 96,7%) sono completamente illegali. Sul restante 2,8% si continuano ad effettuare controlli per verificarne l’affidabilità. Nel 2010, intanto, il sistema ha permesso di far chiudere circa 15 mila farmacie illegali. E un protocollo d’intesa firmato nel maggio 2011 tra Italia e Usa ha permesso nel giro di poche settimane di chiuderne oltre 20 che facevano riferimento al nostro Paese.
 

26 marzo 2012
© Riproduzione riservata

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