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Cancro. L’adroterapia può essere una valida alternativa alla radioterapia? Secondo i rapporti HTA no e servono ulteriori studi. Ma per il Cnao resta una ulteriore opportunità terapeutica 

di Camilla de Fazio

Un recente studio coordinato dalla Direzione Generale Cura della Persona, Salute e Welfare dell'Emilia Romagna, cui hanno partecipato anche ricercatori delle Università di Oxford e Newcastle, rileva che i rapporti più di Health Technology Assessment, redatti tra il 2011 e il 2019, indicano che in nessuna delle patologie prese in considerazione sono state trovate evidenze in grado di dimostrare migliore efficacia e sicurezza rispetto alla radioterapia. Ma per la direttrice scientifica del Cnao, uno dei sei centri al mondo in grado di erogare l’adroterapia con protoni e ioni carbonio, essa resta comunque una ulteriore opportunità di cura per i pazienti affetti da tumore

18 FEB - Radioterapia o adroterapia, qual è la soluzione migliore? Impossibile dirlo, secondo uno studio pubblicato sulla rivista Recenti Progressi in Medicina realizzato da un pool di ricercatori delle università inglesi di Oxford e Newcastle, di ricercatori italiani dell'Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia e dell'Università di Modena, più ingegneri clinici dell'Associazione Italiana Ingegneri Clinici (AIIC) e con il coordinamento della Direzione Generale Cura della Persona, Salute e Welfare della Regione Emilia-Romagna (nella foto alcuni autori dello studio: Giulio Formoso, Massimo Vicentini, Luciana Ballini, Francesco Venturini).
 
Secondo lo studio, con l’adroterapia, si inviano al corpo - invece delle particelle ad alta energia e delle onde della radioterapia - delle particelle cariche, protoni o ioni pesanti. Per quanto vi sia un interesse sempre maggiore verso questa tecnica, sembra che non esistano ampi studi randomizzati che dimostrino che questa soluzione sia più vantaggiosa della radioterapia.

I ricercatori hanno analizzato in particolare gli studi condotti sulla terapia protonica (PBT) e sulla terapia con ioni di carbonio (CIRT), due forme di adroterapia. Negli ultimi anni, nel mondo, si è verificato un notevole aumento del numero di centri specializzati di PBT e CIRT: a settembre del 2019 erano in funzione 83 centri di PBT e 13 strutture per la CIRT, oltre 40 centri erano in corso di realizzazione e ne sono pianificati, per i prossimi anni, più di 20. In Italia, il Centro nazionale di adroterapia oncologia (Cnao) di Pavia è uno dei sei al mondo in grado di erogare l’adroterapia con protoni e ioni carbonio ed entro il 2023 si doterà di un impianto per protoni con tecnologia di ultima generazione (vedi intervista pubblicata a parte alla direttrice scientifica del Centro).

Secondo le attuali conoscenze l’adroterapia dovrebbe avere un’azione più selettiva e precisa, consentendo la distruzione mirata e localizzata del tumore. Il principale potenziale beneficio di TP e CIRT dovrebbe quindi essere quello di ridurre la tossicità e gli effetti collaterali rispetto alla radioterapia convenzionale, con un successivo minor numero di tumori secondari. Queste tecniche vengono proposte come alternativa alla radioterapia nei casi di tumori radio resistenti o di tumori vicini ad organi a rischio, particolarmente delicati come il cervello.
 
“Per le peculiari caratteristiche fisiche di distribuzione dell’energia radiante nel corpo umano, i protoni possono essere un’alternativa in casi clinici ben selezionati”, ha commentato il Professor Renzo Corvò, Presidente dell’Associazione Italiana di Radioterapia e Oncologia Clinica (Airo). Bisogna sottolineare che negli ultimi anni sono state sviluppate tecniche innovative e particolarmente precise di radioterapia e infatti Corvò aggiunge: "La selezione dei pazienti per la terapia protonica deve avvenire solo dopo l’evidenza da parte dello specialista in Radioterapia  di una  reale superiorità di efficacia (elevato rapporto cura/tossicità) dei protoni rispetto a quella offerta dalla migliore radioterapia fotonica Hi-Tech che utilizza Raggi X di elevata energia”.  

Il problema è che negli ultimi anni si è assistito ad “un allargamento ad altre indicazioni, sempre nella speranza che una minore tossicità permetta una migliore tolleranza del trattamento”, ha commentato la Dott.ssa Luciana Ballini, ricercatrice presso la Direzione Generale Cura della Persona, Salute e Welfare dell’Emilia Romagna e coordinatrice dello studio. Diventa dunque importante comparare le terapie per confermare i vantaggi dell’una rispetto all’altra.

Per valutare l’eventuale beneficio di TP e CIRT, per 18 potenziali indicazioni terapeutiche, i ricercatori hanno analizzato i rapporti di diverse agenzie di Health Technology Assessment (HTA), redatti tra il 2011 e il 2019. “In nessuna delle patologie prese in considerazione abbiamo trovato evidenze in grado di dimostrare migliore efficacia e sicurezza”, ha dichiarato Ballini. Precisando che la maggior parte degli studi sono di piccole dimensioni, a breve termine, e non effettuano un confronto diretto tra le terapie.
 
Parliamo di tecnologie approvate da decenni (l’adroterapia è stata introdotta negli anni ’80), occorre dunque “condurre studi prospettici controllati e randomizzati di adeguate dimensioni e follow-up,  utili a dimostrare i benefici aggiuntivi del trattamento rispetto alla pratica clinica. Questi studi ad oggi non sono disponibili”, ha aggiunto Ballini. “A differenza di quanto accade con i farmaci, la ricerca clinica sulle tecnologie sanitarie soffre spesso di questa carenza. L'autorizzazione al mercato dei dispositivi medici non richiede la presentazione di dati clinici che dimostrino efficacia comparativa, anche rispetto ad un non trattamento, e il sistema regolatorio ad oggi ne ha autorizzato la vendita e l'utilizzo sui pazienti anche in assenza di questi dati”.

L’incertezza potrà essere risolta grazie a studi clinici, randomizzati e controllati attualmente in corso su pazienti affetti da tumori vicini ad organi a rischio. “Sono anche stati avviati registri di pazienti trattati, soprattutto pazienti pediatrici”, ci ha detto Ballini e i risultati di questi studi saranno disponibili da qui al 2025.
 
Camilla de Fazio

18 febbraio 2020
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