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Ebola. Insufficienza renale per chi sopravvive


L’insufficienza renale potrebbe rappresentare la più importante causa di morte in chi sopravvive al virus Ebola. Uno studio condotto in Guinea tra i sopravvissuti al focolaio che ha interessato il Paese africano ha seguito per 22 mesi i pazienti dimessi dagli ospedali locali, scoprendo, fra l’altro, che il tasso di mortalità era ancora più alto tra coloro che avevano avuto degenze prolungate

06 SET - (Reuters Health) – Secondo uno studio pubblicato da Lancet, chi sopravvive all’infezione da virus Ebola è esposto a un rischio notevolmente più elevato di decesso – probabilmente per gravi danni ai reni – entro un anno dalla dimissione dall’ospedale.
 
I ricercatori – guidati da Ibrahima Socé Fall, esperto OMS di emergenze legate alle infezioni – hanno seguito oltre 1.100 persone ancora in vita dopo aver contratto il virus Ebola in Guinea, scoprendo che i loro tassi di mortalità a un anno dalla dimissione dall’ospedale erano fino a cinque volte più elevati di quelli previsti nella popolazione guineana generale. I tassi di decesso erano ancora più alti tra coloro che avevano avuto degenze prolungate.
Durante il periodo di follow-up della durata media di 22 mesi, sono stati segnalati 59 decessi, di cui 37 attribuiti a insufficienza renale, sulla base dei racconti da parte dei familiari dei sintomi manifestati dai loro parenti defunti.

Non è stato possibile stabilire la causa o la data esatta del decesso per molti pazienti, hanno dichiarato i ricercatori, poiché vi erano pochi documenti clinici o autopsie disponibili. Tuttavia, alcuni case-study su pazienti con Ebola hanno riscontrato che il virus può essere rilevato nell’urina e che alcuni soggetti sviluppano una lesione renale acuta.

“Sebbene le evidenze sulla causa del decesso fossero deboli per la maggior parte dei pazienti, l’insufficienza renale è una causa biologicamente plausibile di decesso nei sopravvissuti al virus Ebola”, osserva Mory Keita, medico ed epidemiologo guineano che attualmente collabora con l’OMS per contribuire a controllare il focolaio di Ebola in Congo.

Secondo i ricercatori, i risultati di questo studio sottolineano l’urgenza di condurre un maggior numero di ricerche sugli effetti a lungo termine dell’infezione da Ebola, soprattutto perché il numero di sopravvissuti al virus è aumentato notevolmente con le due grandi epidemie degli ultimi cinque anni.
Nella Repubblica Democratica del Congo è ancora attivo il focolaio individuato nell’agosto del 2018. Si è diffuso infettando quasi 3.000 persone finora e uccidendone i due terzi.

L’epidemia di Ebola durata dal 2013 al 2016 in Africa occidentale è stata la più grande e mortale di sempre, uccidendo oltre 11.300 persone tra le 28.000 infette.
 

Fonte: Reuters Health News

 
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

06 settembre 2019
© Riproduzione riservata

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