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Isolate le cellule staminali dell’ovaio. Nuove prospettiva per la cura dell'infertilità

di Laura Berardi

Da una porzione di appena 3 millimetri di tessuto si possono ricavare almeno 100 cellule staminali, che in coltura possono trasformarsi in milioni di unità biologiche che potenzialmente possono offrire ovociti. Lo studio su Nature Medicine

27 FEB - Le donne nascono con un numero di ovociti prestabilito geneticamente, dato che dopo la nascita non ne vengono prodotti di nuovi dall’organismo. O quantomeno così si pensava fino ad oggi. Un team di ricercatori del Massachussetts General Hospital ha però fatto una scoperta che potrebbe rivoluzionare parte delle nozioni sulla riproduzione che l’uomo pensava di aver acquisito: non solo esistono delle cellule staminali delle ovaie, ma queste possono essere portate a generare nuove cellule uovo. La scoperta, pubblicata su Nature Medicine, se confermata prometterebbe una nuova cura per l’infertilità, anche se i ricercatori precisano che è presto per fare di queste previsioni.
 
La conferma della possibilità di isolare cellule staminali dall’ovaio, potrebbe dunque avere una duplice utilità: quella di lavorare ad una soluzione definitiva per l’infertilità femminile, e quella di permettere ai biologi di comprendere finalmente come funziona il nostro apparato riproduttivo fin nel minimo dettaglio, probabilmente anche portando a scoprire come la capacità di riprodursi possa essere modificata con farmaci o con la dieta.
 
Per arrivare a questo risultato, i ricercatori hanno lavorato una particolare proteinache si trova sulla superficie dei gameti, ovociti e spermatozoi. Riconoscendo questa molecola, il team era in grado di tracciare facilmente le cellule germinali presenti nel tessuto dell’ovaio: etichettando la proteina con un marker fluorescente e introducendo un gene che attivasse il bagliore, potevano prelevare quelle che nei topi sembravano essere cellule in grado di formare nuove cellule uovo, seppure ancora immature.
A quel punto i ricercatori erano in grado di separare le cellule colorate dalle altre per studiarle, osservando che queste cellule riproduttive provenienti dalle ovaie delle cavie potevano generare ovociti utilizzabili per la fertilizzazione, dunque capaci di produrre embrioni.
Gli scienziati hanno allora tentato di applicare la stessa procedura alle cellule germinali umane. Come  per i topi, i ricercatori sono riusciti a recuperare le staminali che producevano ovuli immaturi: una volta iniettati nei topi, questi riuscivano a generare sia follicoli, che possono trasformarsi in ovociti, che cellule uovo mature, alcune delle quali presentavano effettivamente un unico paio di cromosomi, segno distintivo proprio delle unità biologiche della linea germinale.
 
Il risultato del team è arrivato dopo anni di ricerca:già nel 2004 gli scienziati, capitanati da Jonathan Tilly, avevano ottenuto un discreto spazio sui giornali del settore per aver trovato evidenza dell'esistenza delle cellule staminali ovariche nei topi, mettendo in discussione l’assunto che il numero di ovociti fosse prestabilito da prima della nascita. Quel risultato aveva però generato alcuni dubbi tra gli scienziati, spaccando la comunità accademica.
Ad oggi, se questa nuova scoperta venisse confermata, non ci sarebbe più spazio per l’incertezza. Tuttavia, precisano gli esperti, anche se la ricerca venisse accettata, non è detto che questa possa risolvere il problema dell’infertilità: per questo saranno necessari moltissimi ulteriori studi. Tuttavia Tilly è ottimista: “Questa tecnica potrebbe migliorare i risultati della procreazione medicalmente assistita, anche perché tramite l’uso delle cellule staminali dell’ovaio potremmo forse essere in grado di far sviluppare anche gli ovociti la cui crescita si blocca ad uno stadio troppo prematuro perché possano generare cellule uovo funzionanti”, ha spiegato il ricercatore.
 
“Inoltre, lavorando le staminali invece che gli ovuli,potremmo eliminare molte delle scocciature proprie della fertilizzazione in vitro, abbattendo i costi delle terapie ormonali in accoppiata all’estrazione degli ovuli”, ha continuato Tilly. “Le cellule uovo potrebbero infatti essere prelevate da minuscoli pezzetti di ovaio, prelevati in laparoscopia. Da una porzione di appena 3 millimetri di tessuto possiamo ricavare almeno 100 cellule staminali, che in coltura possono trasformarsi in milioni di unità biologiche che potenzialmente possono offrire ovociti”. Una speranza che non esclude nemmeno quelle donne che rimangono infertili dopo essersi sottoposte a chemioterapia.
Se il risultato verrà confermato, ma senza cantare vittoria troppo presto, la strada identificata dal team statunitense potrebbe davvero rivelarsi rivoluzionaria.
 
Laura Berardi

27 febbraio 2012
© Riproduzione riservata

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