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Tumore mammella HER2 positivo: promettenti i risultati del vaccino

di Maria Rita Montebelli

Clinical Cancer Research pubblica i risultati di uno studio di fase 1 su un vaccino anti-HER2; si tratta di uno studio traslazionale, che ha coinvolto 22 donne, che arriva dopo i risultati positivi ottenuti sugli studi su modello animale. I suoi risultati suggeriscono nuove possibilità terapeutiche in questa forma di tumore della mammella che purtroppo può sviluppare resistenza ai farmaci anti-HER2. Le speranze di trattamento potrebbero dunque essere affidate ad una strategia innovativa di immunoterapia combinata: vaccino anti-HER2 e farmaci anti-PD1.

13 MAR - La ricerca in campo oncologico è tra le più vivaci in tutta l’area medica. Arriva oggi dagli Usa la notizia che un vaccino contro la proteina HER2, messo a punto dai ricercatori della Duke University, ha mostrato risultati incoraggianti in uno studio di fase 1 su 22 donne con recidiva di tumori che iperesprimono la proteina HER2. Il vaccino in particolare è riuscito a bloccare la crescita del tumore e a migliorare la sopravvivenza in alcune pazienti. Visti questi risultati, la Duke University sta adesso progettando uno studio di fase 2.
 
Ormai da anni i farmaci anti-HER2 vengono utilizzati con successo nel trattamento dei tumori della mammella che iperesprimono questa proteina; purtroppo con queste terapie è comune il fenomeno della farmaco-resistenza. Per questo i ricercatori di tutto il mondo sono alla ricerca di alternative, di nuove opzioni terapeutiche.
 
“I risultati del nostro studio – spiegaH. Kim Lyerly, professore di chirurgica, immunologia e patologia alla Duke e autore dello studio pubblicato su Clinical Cancer Research – dimostrano che i vaccini potrebbero rappresentare una nuova potente arma a nostra disposizione.
 
Il vaccino sperimentato in fase 1 è costituito da un vettore virale neutralizzato, in grado di trasportare l’informazione genetica che attacca le proteine HER2 (VRP-HER2). Una volta somministrato, il vaccino colpisce le proteine HER2 espresse dalle cellule tumorali, scatenando loro contro un attacco da parte del sistema immunitario.
 
Testato su modelli animali, il vaccino ha indotto una riduzione di volume del tumore. Per questo si è passati ad uno studio clinico di fase 1 che, tra il 2012 e il 2015, ha portato all’arruolamento di 22 pazienti. Tranne le prime 4 donne arruolate, che sono state trattate con il solo vaccino, tutte le altre hanno ricevuto il vaccino sperimentale insieme alle terapie tradizionali anti-HER2. In 7 pazienti si è assistito ad un arresto della crescita del tumore e in due delle donne trattate si è ottenuta una stabilizzazione del tumore (queste pazienti erano ancora vive al momento della pubblicazione dello studio). Lo studio, pubblicato su Clinical Cancer Research, ha anche consentito di individuare un biomarcatore che correla con un aumento della sopravvivenza libera da progressione del tumore (PFS).
 
“Questi risultati – commenta Lyerly – dimostrano la correttezza del continuare a sperimentare questa piattaforma vaccinale associandola ad immunoterapici quali gli anti-PD1, per focalizzare maggiormente il sistema immunitario contro il tumore”.
 
Fino ad oggi l’immunoterapia nel tumore della mammella metastatico ha avuto un successo molto limitato, soprattutto nei sottotipi con un basso tasso di mutazioni somatiche. L’idea di utilizzare questi farmaci anche in questo contesto non è stata però abbandonata;  la soluzione potrebbe essere quella di aumentare l’infiltrazione di cellule T nel tumore, attraverso l’uso di vaccini che hanno come target dei driver oncogenici noti, quali appunto l’HER2, per migliorare così la risposta all’immunoterapia. Questa ipotesi dovrà essere testata da studi ulteriori.
 
Maria Rita Montebelli

13 marzo 2019
© Riproduzione riservata

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