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Sala operatoria. Limitare le proteine prima dell’intervento riduce il rischio di complicazioni


Che la restrizione calorica facesse bene al’organismo era risaputo. Ma oggi uno studio statunitense mostra il ruolo specifico delle proteine in questo beneficio. Dimostrando che limitarne l’assunzione prima di un’operazione chirurgica riduce le complicazioni cardiocircolatorie.

26 GEN - “Può sembrare un controsenso, perché di solito si pensa che un’alimentazione ricca sia sinonimo di benessere. Invece mangiando meno si può migliorare la resistenza allo stress da intervento chirurgico: i nostri dati dimostrano che chi mangia tante proteine rischia di più di andare incontro a complicazioni durante un’operazione”. Le parole sono di James Mitchell, ricercatore di genetica della Harvard School of Public Health, che ha presentato così, senza mezzi termini, una ricerca appena condotta dal suo team e pubblicata su Science Translational Medicine.
In particolare, secondo gli scienziati, una dieta povera di alcune proteine e amminoacidi sarebbe connessa ad esiti migliori negli interventi chirurgici e ad una diminuzione del pericolo di incorrere, quando si è sul tavolo operatorio, in complicazioni come attacchi cardiaci o ictus.

Il risultato è stato per ora dimostrato su modello murino. I ricercatori del gruppo di Mitchell, infatti, hanno osservato due diversi gruppi di topi: al primo era consentito un regime alimentare normale, per un periodo che andava dai 6 ai 14 giorni prima dell’intervento chirurgico; ai secondi – per lo stesso intervallo di tempo – veniva somministrata una dieta senza proteine o dalla quale era stato eliminato un singolo amminoacido.
Ogni intervento al quale ci sottoponiamo produce uno stress fisico e psicologico al nostro organismo. In particolare le cavie campione dell’esperimento sono state sottoposte a uno stress chirurgico che avrebbe potuto danneggiare i loro reni o il fegato. Il risultato? Assolutamente stupefacente: nel gruppo alimentato in maniera usuale sono morti il 40% dei topi a seguito dell’operazione, nell’altro nessuno.

Ma i ricercatori non si sono fermati qui. Per capire meglio il ruolo delle proteine e dell’amminoacido hanno provato a rimuovere dalle cavie il gene che permetteva loro di rilevare il livello di queste molecole nell’organismo. Osservando che una volta cancellata l’unità dal genoma, l’effetto protettivo veniva del tutto cancellato. Secondo i ricercatori, questo proverebbe che non è tanto l’assenza di uno specifico amminoacido a produrre il beneficio, quanto più la via metabolica che si attiva quando gli amminoacidi sono assenti. “Il che apre la strada alla possibilità di sviluppare farmaci che riproducano l’effetto, copiando questa via metabolica”, hanno spiegato gli scienziati. “Il rischio di complicazioni nelle procedure chirurgiche è abbastanza alto: la percentuale di pericolo di complicazioni cardiocircolatorie oscilla tra lo 0,8 e il 9,7%, a seconda delle procedure che eseguiamo. Quello di infarto è intorno al 3 o 4 per cento”.

Prima di oggi era stato dimostrato che se non si arriva alla malnutrizione la riduzione del numero di calorie aumenta la lunghezza della vita, la salute e anche la resistenza allo stress. In particolare la restrizione del regime alimentare aiuterebbe in tutti gli organismi – a partire dai lieviti, fino ad arrivare ai primati – riducendo le infiammazioni, migliorando la circolazione sanguigna, migliorando la salute generale del sistema circolatorio. Quel che ancora non si sapeva era se fosse una riduzione generale della quantità di cibo a provocare il beneficio, oppure se questo dipendesse nello specifico dall’origine delle calorie eliminate, ovvero se si dovesse limitare l’assunzione in particolare di grassi, zuccheri o proteine.
“Questo studio fa un passo in avanti in questo campo di ricerca – ha spiegato Mitchell – dimostrando che in effetti proteine e amminoacidi sembrano avere un ruolo importante nell’aumentare i rischi da stress chirurgico”. Il ricercatore ha poi concluso spiegando come il suo team stia progettando di portare avanti il lavoro, insieme ai colleghi del Brigham and Women's Hospital di Boston: “Abbiamo iniziato un percorso che ci porterà a condurre trial clinici sugli esseri umani – ha commentato il ricercatore – e se questi risultati saranno verificati anche in questi, saremmo un passo più vicini all’eliminazione totale delle complicazioni in sala operatoria”.

Laura Berardi

26 gennaio 2012
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