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Gravidanza. Eccedere con la caffeina (nel caffè ma anche nel tè) può far nascere bambini più piccoli

di Anne Harding

Assumere caffeina oltre le dosi consigliate durante la gravidanza, aumenta il rischio di partorire bimbi più piccoli rispetto alle donne che non assumono questa sostanza, presente sia nel caffè, sia nel tè. La conferma in uno studio irlandese

23 NOV - (Reuters Health) – Le donne in gravidanza che consumano caffeina – bevendo caffè o tè – partoriscono bambini più piccoli rispetto a quelle che non assumono questa sostanza durante i nove mesi. È quanto emerge da uno studio irlandese.

Lo studio
Il team guidato da Ling-Wei Chen, ricercatore presso lo University College Dublin in Irlanda, ha esaminato 941 coppie madre-figlio nate in Irlanda. Quasi la metà delle madri partecipanti beveva tè, mentre il 40% consumava caffè.

A ogni 100 mg di caffeina assunti quotidianamente durante il primo trimestre di gravidanza, si associava un peso inferiore alla nascita di 72 grammi, nonché un’età gestazionale, una lunghezza alla nascita e una circonferenza della testa significativamente inferiori.

I ricercatori hanno osservato che le partecipanti che avevano assunto la dose più alta di caffeina partorivano bambini che pesavano circa 170 grammi in meno rispetto a quelle che ne avevano consumato il quantitativo minore. Non sono state riscontrate differenze nei risultati in merito alla fonte di caffeina, tè o caffè.

Anche le donne che avevano assunto meno di 200 mg di caffeina, la soglia di sicurezza durante la gravidanza secondo  l’American College of Obstetricians and Gynecologists (Acog), presentavano un rischio significativamente aumentato di parto prematuro o di dare alla luce un bambino sottopeso.

I commenti
“Un elevato consumo di caffeina può determinare una diminuzione del flusso sanguigno nella placenta, che successivamente può influire sulla crescita del feto”, spiega Chen. “Inoltre, la caffeina può attraversare la placenta rapidamente e, poiché la clearance rallenta man mano che va avanti la gravidanza, il suo accumulo può interessare i tessuti fetali”.

Fonte: American Journal of Clinical Nutrition 2018

Anne Harding

(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Nutri e Previeni)

23 novembre 2018
© Riproduzione riservata

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