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ESMO/5 Oltre metà dei pazienti con melanoma in fase avanzata sono vivi a 4 anni grazie alla combinazione ipilimumab-nivolumab

di Maria Rita Montebelli

Lo dimostrano i risultati di follow up a 4 anni dello studio CheMate-067 presentati al congresso europeo di oncologia (ESMO) e pubblicati su Lancet Oncology. L’accoppiata di queste terapie da premio Nobel migliora anche la percentuale di pazienti con risposta completa e sono molto efficaci nei pazienti Braf-mutati e in quelli con metastasi cerebrali. Purtroppo la combinazione ipilimumab-nivolumab non è rimborsata in Italia e non è quindi disponibile per i nostri pazienti, denunciano gli esperti.

23 OTT - E’ stata una svolta epocale nella terapia di molti tumori fino a quel momento orfani di terapia e non solo, tanto da meritare un premio Nobel, quello per la medicina, assegnato quest’anno a James Patrick Allison e Tasuku Honjo. Ma le performance dell’immunoterapia continuano a far parlare di sé, perché di anno in anno arrivano risultati che ne confermano la straordinaria efficacia e durability.
 
Come quella sul melanoma in fase avanzata, dimostrata dallo studio CheckMate -067, condotto su 940 pazienti, i cui risultati a 4 anni sono stati presentati al congresso ESMO 2018, che ha appena chiuso i battenti. Lo studio è stato pubblicato in contemporanea su Lancet Oncology. Oltre la metà dei pazienti trattati con la combinazione nivolumab e ipilimumab è risultata viva a quattro anni e la sopravvivenza mediana globale (OS) non è stata ancora raggiunta. Si tratta del follow up più lungo finora disponibile di pazienti trattati con questa combinazione di inibitori del checkpoint immunitario, nell’ambito di questo studio di fase 3, che ha confrontato la combinazione ipilimumab-nivolumab con il solo ipilimumab o con il solo nivolumab nei pazienti con melanoma in fase avanzata.
 
I tassi di sopravvivenza globale a 4 anni sono stati rispettivamente del 53% per la combinazione, del 46% per nivolumab in monoterapia e del 30% per ipilimumab da solo.
Ad essere aumentata è anche la percentuale di pazienti che ha presentato una risposta completa: nel gruppo trattato con la combinazione è stata del 21%, per nivolumab in monoterapia del 18% e per ipilimumab in monoterapia del 5%.
E la terapia di combinazione è anche la più efficace nel ‘liberare’ i pazienti da trattamenti futuri: il 71% dei trattati con la combinazione risultavano infatti ‘liberi’ da trattamento (con il trattamento in studio o con altre terapie sistemiche successive), contro il 50% dei trattati con nivolumab e il 39% dei trattati con ipilimumab.
 
“La sopravvivenza del 53% a quattro anni per i pazienti trattati con la combinazione – afferma il professor Paolo Ascierto, Presidente della Fondazione Melanoma e Direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto ‘Pascale’ di Napoli – rappresentano un risultato senza precedenti, che rende concreta la possibilità di cronicizzare il melanoma in oltre la metà dei casi. Sappiamo infatti che, dopo 36 mesi, le percentuali di sopravvivenza si mantengono stabili nel tempo. Un altro dato che scaturisce dallo studio – prosegue Ascierto – è che a 4 anni dall’inizio della terapia, e dopo averla interrotta, i pazienti continuano a mostrare una risposta positiva. Abbiamo anche potuto osservare che nei pazienti con una mutazione del gene Braf (che sono circa la metà del totale), la combinazione funziona meglio. La combinazione infine ha dato un beneficio evidente nei pazienti con metastasi cerebrali. A fronte di questi benefici evidenziati anche nei pazienti con metastasi cerebrali però – sottolinea Ascierto - la combinazione ipilimumab-nivolumab non è disponibile per i pazienti italiani perché l’Aifa non ne ha approvato la rimborsabilità. Riteniamo che sia invece importante rendere disponibile questa terapia, soprattutto per i pazienti con metastasi cerebrali che possono trarre un gran beneficio da questi trattamenti.
 
I prossimi passi consisteranno nell’imparare ad utilizzare nella maniera più vantaggiosa per i pazienti la sequenza immunoterapia e terapie a target. Ai dubbi attuali darà risposta lo studio SECOMBIT (SEquential COMBo Immuno and Target therapy) coordinato da noi al Pascale di Napoli. Lo studio, di tipo prospettico randomizzato di fase 2 valuterà il miglior approccio sequenziale tra la combinazione ipilimumab-nivolumab seguita dalla combinazione di terapia a target encorafenib/binimetinib o vice-versa, nei pazienti affetti da melanoma in fase metastatica BRAF V600 mutato. Endpoint primario sarà la sopravvivenza globale il secondario la sopravvivenza libera da progressione di malattia e la percentuale di pazienti viva a 2-3 anni.”
 
Maria Rita Montebelli

23 ottobre 2018
© Riproduzione riservata

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