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Sindrome dell’intestino irritabile. Efficace la dieta personalizzata

di Lisa Rapaport

Quasi un adulto su cinque soffre di IBS, che può causare dolore addominale cronico, formazione di aria, diarrea e costipazione. L'intolleranza ad alcuni alimenti potrebbe innescare questi sintomi . I pazienti potrebbero, con test specifici, individuare quali cibi li espongono di più al rischio e dovrebbero così evitare

25 OTT - (Reuters Health) – Evitare gli alimenti che innescano i sintomi della sindrome dell'intestino irritabile (IBS – irritable bowel syndrome), seguendo una dieta personalizzata, sarebbe un buon metodo per alleviare il disturbo. A evidenziarlo è  uno studio pubblicato da BMJ Open Gastroenterology e guidato da Ather Ali, della Yale School of Medicine di New Haven, in Connecticut.

Lo studio
I ricercatori hanno eseguito test sul sangue per identificare eventuali intolleranze alimentari in 58 pazienti. Quindi, Ali e colleghi hanno assegnato in modo casuale ai pazienti alcune diete che contenevano o meno gli alimenti incriminati, da seguire per quattro settimane. I partecipanti non sapevano quale dieta seguivano. È emerso che tutti i partecipanti avevano segnalato un miglioramento alla fine dell'esperimento, ma le persone che seguivano diete che escludevano gli alimenti problematici si sentivano significativamente meglio, sia complessivamente, sia in termini di gravità dei sintomi di gonfiore e dolore addominale.

I commenti
In realtà lo studio avrebbe usato un test poco studiato per la valutazione delle intolleranze, e avrebbe coinvolto pochi pazienti per essere significativo, come notato dallo stesso autore. Inoltre, la ricerca si basava sulla capacità dei partecipanti di ricordare i sintomi e non su valutazioni oggettive. Tuttavia, l'approccio di escludere solo determinati alimenti potrebbe aiutare i pazienti, dal momento che normalmente a chi soffre di IBS vengono prescritte diete molto restrittive, che escludono una grande varietà di alimenti.

“I pazienti chiedono spesso consigli sulle diete di restrizione – dice Laura Rindom Krogsgaard, ricercatrice al Zealand University Hospital di Koege, in Danimarca, non coinvolta nello studio -. Negli ultimi anni si parla molto della FODMAP, che limita cibi ad alto contenuto di oligo-, di- e monosaccaridi, carboidrati che vengono rapidamente fermentati dai batteri intestinali, ma non ci sono ancora prove sull'effetto di questo regime a lungo termine e su quali potrebbero essere gli effetti collaterali ad esso associati”. 

Mentre secondo Peter Gibson, della Monash University di Melbourne, in Australia, “i risultati di questo studio non dovrebbero cambiare la pratica clinica. Bisognerebbe vedere più studi, per periodi più lunghi, prima di raccomandare un approccio del genere”.

Fonte: BMJ Open Gastroenterology

Lisa Rapaport

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

25 ottobre 2017
© Riproduzione riservata

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