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Protesi mammarie: attenzione alle false diagnosi di infarto all’ECG

di Maria Rita Montebelli

Gli impianti ostacolano il passaggio del segnale elettrico dal cuore alle derivazioni precordiali (a rischio soprattutto quelle da V1 a V4) e possono determinare all’ECG artefatti interpretabili come segni di ischemia (inversioni dell’onda T e sottoslivellamento del tratto ST). L’invito degli esperti è dunque quello di procedere sempre al monitoraggio degli enzimi di miocardionecrosi, per ridurre l’errore diagnostico. La ricerca presentata al congresso EHRA EUROPACE - CARDIOSTIM in corso a Vienna

21 GIU - Che le protesi mammarie fossero d’ostacolo all’esecuzione di un ecocardiogramma è cosa nota da tempo. Ma adesso, una ricerca appena presentata a EHRA EUROPACE - CARDIOSTIM 2017 (in corso a Vienna) fa intravvedere ulteriori criticità. Gli impianti mammari potrebbero infatti alterare i risultati dell’elettrocardiogramma, portando a false diagnosi di infarto.
 
“E’ noto – commenta il dottor Sok-Sithikun Bun, cardiologo presso il Princess Grace Hospital di Monaco – che le protesi rendono difficile lo studio del cuore all’ecocardiogramma perché gli ultrasuoni non penetrano bene attraverso gli impianti. Con questo studio siamo andati a vedere se le protesi mammarie potessero alterare anche i risultati di un ECG”.
 
Lo studio ha arruolato 28 donne con protesi mammarie e 20 donne della stessa età senza impianti protesici, tutte in buona salute e senza alterazioni strutturali cardiache note. Tutte sono state sottoposte ad ECG, ognuno dei quali veniva interpretato da due cardiologi esperti, e all’oscuro delle caratteristiche della paziente (età, sesso, presenza o assenza di alterazioni strutturali del cuore, presenza o assenza di  protesi mammarie, ecc).
 
Nelle donne appartenenti al gruppo di controllo, tutti gli ECG sono stati refertati come normali, ad eccezione di uno; nel caso delle donne portatrici di impianti mammari invece, il 38% dei tracciati sono stati refertati come anormali da un elettrofisiologo, mentre il secondo cardiologo reputava alterato il 57% degli ECG.
 
“La principale differenza tra i due gruppi di donne – spiega Bun - era rappresentata dalla presenza delle protesi mammarie e questi ECG, refertati come alterati, erano in realtà degli artefatti di lettura legati appunto alla presenza degli impianti mammari. Queste donne sono state sottoposte ad ecocardiogramma che, per quanto di difficile esecuzione in queste pazienti,  non hanno rivelato alterazioni strutturali  a livello cardiaco in grado di spiegare le anomalie registrate all’ECG”.
 
Il ‘falso positivo’ di più frequente riscontro all’ECG delle donne con impianti protesici è risultato essere un’inversione dell’onda T nelle derivazioni precordiali da V1 a V4, seguito da un sottoslivellamento del tratto ST.
 
“L’inversione dell’onda T - spiega Bun – è un segno abbastanza aspecifico che può indicare però anche la presenza di una coronaropatia; il sottoslivellamento del tratto ST invece indica in genere un’ischemia cardiaca. Di fronte ad un ECG del genere i medici potrebbero dunque concludere che quella paziente con protesi mammarie abbia in atto un’ischemia del miocardio, mentre si tratta di un falso positivo.”
 
La spiegazione data dai cardiologi a queste alterazioni registrate all’ECG è che gli impianti possono disturbare la trasmissione dell’attività elettrica dal cuore a livello della derivazione ellettrocardiografica.
 
“Quando un paziente arriva in pronto soccorso per dolore toracico  - ricorda Bun - il primo esame che viene effettuato è l’ECG per escludere la presenza di un’ischemia cardiaca. I medici dovrebbero dunque essere consapevoli del fatto che l’interpretazione dell’ECG potrebbe essere fuorviante nelle pazienti portatrici di impianti mammari. In caso di dubbio rispetto alla diagnosi è sempre bene procedere al monitoraggio della troponina. Le donne portatrici di impianti dovrebbero inoltre sempre informare i propri medici della loro presenza; e comunque sarebbe sempre bene avere una registrazione ECG da tenere in archivio, prima di sottoporre una paziente ad impianto protesico, così da poterlo utilizzare in futuro come parametro di confronto”.
 
Maria Rita Montebelli

21 giugno 2017
© Riproduzione riservata

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