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Tubercolosi: un test aiuta a prevedere quali bambini sono a rischio di sviluppare la malattia

di Maria Rita Montebelli

Un test per la tubercolosi comunemente impiegato per lo screening nella pratica clinica (il Quantiferon-TB gold-in-tube) può rivelarsi prezioso per stabilire quali bambini tra quelli con infezione tubercolare sono più a rischio di sviluppare la malattia in forma grave e potrebbero dunque trarre beneficio da un intervento terapeutico tempestivo. A stabilirlo è uno studio appena pubblicato su Lancet Respiratory Medicine

20 FEB - In Paesi come il Sud Africa i tassi di tubercolosi sono molto elevati ed è difficile fare una diagnosi tempestiva nei bambini. I risultati emersi da questo studio suggeriscono invece che questo test potrebbe contribuire a colmare questo gap ed essere utilizzato per individuare quelli a più alto rischio di malattia, che meritano dunque un tempestivo approfondimento delle indagini diagnostiche e della terapia.
 
La tubercolosi, patologia un po’ negletta alle nostre latitudini, è in realtà una delle principali cause di morte per malattie infettive nel mondo e porta alla morte ogni anno circa 1,4 milioni di persone, senza contare il fatto che un quarto della popolazione mondiale ha contratto un’infezione da Mycobacterium tuberculosis.
Negli adulti, per lo screening si ricorre in genere all’esame dell’escreato che non è un test diagnostico adatto ai bambini (perché non sono in grado di produrre espettorato). E’ uno dei motivi per cui non si è mai riusciti a costruire un programma di screening per la TBC dedicato ai bambini. E le conseguenze di questo, soprattutto nei Paesi a basso reddito, sono drammatiche.
 
Lo studio pubblicato su Lancet respiratory medicine ha analizzato 2.512 bambini (18-24 settimane) arruolati in precedenza in un trial sul vaccino anti-TBC MVA85A in Sud Africa. I pazienti sono stati stratificati in base al risultato quantitativo del test QuantiFERON-TB (interferon-gamma  < 0,35 UI/ml, 0,35-4 UI/ml, >4,00 UI/ml) effettuato alla visita ‘intermedia’ (a 336 giorni) ed è stato quindi determinato il rischio di progressione a patologia tubercolare attiva conclamata nell’arco dei seguenti 6-24 mesi.
 
Tra i 2.512 bambini sottoposti all’esame QFT al giorno 336, il 7% sono risultati positivi al test. Rispetto ai bambini risultati negativi al test, i ‘positivi’ con valori di QFT compresi tra 0,35 e 4 UI/ml non presentavano un rischio di malattia significativamente aumentato: 2,5 per 100 anni-persona  e un IRR (incidence rate ratio, rapporto tra i tassi di incidenza) di 3,7. Al contrario i bambini che presentavano un QTF test superiore a 4 UI/ml, presentavano un rischio di malattia significativamente elevato, pari a 28 per 100 anni-persona, con un IRR di 42,5 rispetto ai bambini con test negativo.
Tra i 91 bambini nei quali è stato ripetuto il test QFT, il 58% é tornato negativo; il rischio di reversione del QFT è risultato inversamente associato a valori di interferon-gamma rilevati al test ed è risultato maggiore nei soggetti che presentavano un QFT inferiore a 4 UI/ml.
 
Gli autori concludono dunque che i bambini che al test di screening del QFT presentano valori superiore a 4 UI/ml sono ad elevatissimo rischio di sviluppare una malattia conclamata e pertanto meritano di essere sottoposti ad accertamenti diagnostici approfonditi ed eventualmente a terapia tempestiva.
 
Maria Rita Montebelli

20 febbraio 2017
© Riproduzione riservata

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