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Psoriasi e artrite psoriasica. Progetto Brigde/2. Pdta e più Hta per migliorare il percorso di cura del paziente


Ma anche favorire l’integrazione tra Centri di riferimenti e territorio. Ed anche informare e formare i Mmg per sensibilizzarli sulla patologia. Clinici, farmacisti, farmaco economisti e decisori che si sono confrontati nel corso della tavola rotonda “Gestire la complessità della malattia psoriasica”

22 SET - Una definizione precoce del Percorso diagnostico terapeutico per migliorare la vita del paziente, velocizzare le diagnosi, l’accesso a specialisti, opzioni farmacologiche e trattamenti più efficaci, e anche per ottimizzare i costi. Favorire l’integrazione tra Centri di riferimenti e territorio. E ancora, incentivare l’utilizzo degli strumenti di Hta. Soprattutto informare e formare i Medici di medicina generale per sensibilizzarli sulla patologia, sui percorsi da attivare e sulle nuove opzioni farmacologiche disponibili.
 
Sono questi gli atout sui quali puntare, per gestire al meglio la vita dei due milioni e mezzi di italiani affetti da psoriasi e artrite psoriasica, indicati da clinici, farmacisti, farmaco economisti e decisori che si sono confrontati, nei giorni scorsi a Mestre, nel corso della tavola rotonda “Gestire la complessità della malattia psoriasica: Patient Journey e Hta due strumenti per un cambio di paradigma”. Una sorta di Leopolda 2.0 della psoriasi che ha visto gli esperti, muniti di i-pad, indicare, su quesiti specifici e in tempo reale, quali sono le carte da giocare per vincere la difficile sfida verso questa malattia cronica e invalidante.
Un confronto nato sotto l’egida del progetto Brigde realizzato per individuare il Patient Journey delle persone malate, ossia quel percorso che il paziente fa nel corso della sua malattia, la sua percezione conscia o subconscia della patologia, le criticità legate alla convivenza con questa e le ricadute sulla quotidianità. Il tutto con l’obiettivo di comprendere la complessità della gestione clinica, economica e assistenziale della malattia.
 
 “La psoriasi – ha ricordato Giampiero Girolomoni, Professore Ordinario di Dermatologia dell’Università di Verona e Presidente SideMaST (Società Italiana di Dermatologia) che ha condotto la tavola rotonda – è una malattia che dura tutta la vita. Ha, infatti, un andamento cronico recidivante che influisce sulla qualità di vita dei malati sotto diversi punti di vista, spesso soggettivi, con implicazioni psicologiche, lavorative ed economiche. Fino a 20 anni fa la malattia non era presa in considerazione, non esistevano cure specifiche e si puntava solo all’ospedalizzazione. Ora gli scenari sono cambiati – ha aggiunto – la ricerca scientifica ha fatto enormi passi avanti e le nuove terapie biotecnologiche consentono di ottenere risultati importanti in termini di efficacia e qualità della vita dei pazienti anche nei casi più gravi. Ma esistono ancora bisogni insoddisfatti e criticità a partire dal ritardo della diagnosi anche a causa di continui passaggi tra gli specialisti. Serve quindi un modello organizzativo più efficace che coinvolga anche i Medici di medicina generale e garantisca un buon collegamento fra la dermatologia territoriale e i centri di riferimento per la cura della psoriasi”.
 
Gli atout da giocare. Quali sono quindi le carte da calare sul tavolo per migliorare e semplificare la vita del paziente affetto da psoriasi ed anche quella dei clinici che ruotano intorno al suo percorso di cura? Per gli esperti occorre migliorare l’accesso agli specialisti per avere una diagnosi e una cura precoce, facilitare l’accesso a opzioni e trattamenti efficaci.  Coinvolgere i pazienti per aumentare la loro compliance. Soprattutto serve una definizione precoce del Percorso diagnostico terapeutico grazie al quale è possibile non solo aiutare il paziente, ma anche ridurre anche i costi. Anche perché - ad eccezione di alcune best practice realizzate in Veneto, Toscana, in alcune realtà del Lazio e a Perugia - sono ancora poche le realtà regionali che hanno avviato un Pdta strutturato in dermatologia.
Un ruolo fondamentale in questa partita è giocato anche dall’integrazione tra Centri specialistici e territorio. Un’integrazione, non ancora completamente realizzata, che chiama in causa oltre gli specialisti ambulatoriali, i Medici di medicina generale. “La malattia psoriasica ha un’incidenza sulla popolazione italiana di circa il 3 % – ha sottolineato Giovanna Malara, dermatologa dell’Azienda Ospedaliera Papardo di Messina – percentuali sicuramente sottostimate in quanto la malattia non viene diagnosticata o viene sottovalutata. È importante quindi in questo contesto che il medico di medicina generale, al qual il paziente si rivolge magari per una prima visita, venga informato e formato sulla malattia e sulle nuove terapie, più efficaci rispetto al passato, disponibili per la cura della malattia”. Alessandro D’Arpino, Farmacista Ospedaliero presso AO di Perugia, Segretario Regionale Sifo suggerisce unPdta scritto, magari pubblicato sul portale aziendale, che “renda visibile e consultabile il percorso che viene applicato”. “Avere percorsi codificati, sapere quali esami prescrivere e in quale situazione – ha detto –  rende tutto più agevole, omogeneo ed anche appropriato. Soprattutto consente di anticipare il trattamento”. 
 
Ma quali sono le barriere che si frappongono ad una efficace e appropriata gestione del paziente? Sul banco degli imputati sono finiti la scarsa informazione sulla malattia e le carenze dell’organizzazione sanitaria. Mentre la scarsità delle risorse, spada di Damocle del Ssn, non è stata considerata come un impedimento.
“In Italia non abbiamo tanti strumenti per aiutare i pazienti con psoriasi – ha evidenziato Silvio Capizzi, Direttore Sanitario presso il Presidio ospedaliero Villa dei Fiori ad Acerra (Na) puntando il dito verso le carenze dell’organizzazione sanitaria – basta pensare che esiste solo un codice di esenzione riferito alla cura della malattia che comprende l’emocromo, Ves, fototerapia, visita specialistica e l’Rx che tra l’altro serve a poco per arrivare a una diagnosi di artropatia. Una codifica non sufficiente a gestire interamente la continuità delle cure del paziente – ha aggiunto – e così per evitare che l’onere economico di alcune prestazioni pesi sui pazienti si ricorre al ricovero”.
Paradigmatici sono i prodotti per uso topico, ai quali gli psoriaci debbono fare ricorso. I prodotti disponibili in commercio sono cosmetici e non rientrano nella lista dei farmaci dispensati dal Ssn, hanno quindi costi particolarmente elevati che possono variare a seconda dell’azienda produttrice. “Sarebbe auspicabile – ha detto d’Arpino – un modello organizzativo che preveda la dispensazioni di questi presidi magari facendoli acquietare dalle Asl con gare centralizzate, senza caricarli sui pazienti”.
A rimarcare l’importanza dell’aspetto organizzativo nell’efficacia dei percorsi di cura è stato Luca Degli Esposti, Presidente CliCon Srl, ed esperto in Health, Economics & Outcome Research: “Formare la classe medica e i pazienti, creare un contesto organizzativo, eventualmente divulgare i Pdta ed anche monitorarli per vedere se effettivamente trovano applicazione nella pratica è sicuramente corretto. Ma, dalle indagini realizzate anche in altre aree terapeutiche è emerso con chiarezza come l’aspetto organizzativo sia fondamentale per migliorare la pratica clinica”.
 
Nel percorso di cura dei pazienti, la figura del farmacista gioca un ruolo importante. Per questo nel corso della tavola rotonda, sono stati chiamati in causa per capire quali sono gli strumenti più idonei per poter discutere con il decisore il prezzo del farmaco. Diverse le opzioni sul tappeto si va dagli studi clinici alla Hta, dalle delibere e regolamenti alle soluzioni condivise con i clinici.
I farmacisti hanno puntato con decisione su delibere e regolamenti. Anche se per Alessandro D’Arpino ogni opzione è di fatto importante. Soprattutto quando si è chiamati rispondere a esigenze di budget.  “Sono molte le strade da percorrere – ha spiegato –  si possono favorire farmaci a brevetto scaduto, i biosimilari, lavorare sul Pdta e non per risparmiare ma per utilizzare al meglio le risorse e permettere a più pazienti di essere trattati con ottimi risultati clinici. È anche importante avere report di Hta per capire quale tecnologia è conveniente e per quale patologie in termini di costo efficacia. Così come anche gli studi clinici hanno un peso specifico. Ma sicuramente avere delle delibere aiuta il lavoro dei farmacisti, danno una forza maggiore a chi li deve applicare”. Ma a patto che siano il frutto di un lavoro condiviso con clinici e farmacisti.
Sulla stessa linea Degli Esposti: “La delibera è anche uno strumento per chiarire e formalizzare quella che dovrebbe essere un’idea di percorso. Per formalizzare almeno in linea teorica quello che andrebbe fatto. Tenendo sempre presente che il medesimo comportamento prescrittivo non è così scontato possa essere applicato a tutti i pazienti. Credo che le delibere viste negli anni come strumenti di coercizione, se contenessero elementi clinici condivisi sarebbero molto utili. Si Avrebbe inoltre la possibilità di quantificare i costi dei percorsi raccomandati”.
 
Tra gli atout da giocare c’è poi l’Hta. Su questo strumento, la risposta di clinici, farmacisti e decisori, è stata unanime: sicuramente l’Hta è uno strumento utile. Peccato che non sia molto usato nel contesto italiano e, hanno evidenziato, non sempre riesce a soddisfare le esigenze clinico aziendali. “L’Hta è uno strumento che se correttamente sviluppato è molto utile – ha spiegato Degli Esposti – serve per ottenere elementi empirici, per decidere su un farmaco in arrivo, per verificare l’appropriatezza delle cure. Per costruire report di Hta dobbiamo pensarlo in maniera semplice considerando i dati di prevalenza per correlarli al costo del farmaco. Ma è importante la condivisione e la collaborazione di tutti gli attori. Tanto più i dati sono condivisi e robusti e più è possibile raggiungere gli obiettivi”.
Non ha avuto dubbi il Direttore sanitario Capizzi: “Per me è l’Hta uno strumento di riferimento. Un punto di partenza essenziale per fare in modo che il decisore decida in maniera informata. Può avere ricadute importanti su evidenze, efficacia e sicurezza del farmaco, ripercussioni organizzative ed anche aspetti medico legali etici e sociali che possono essere valutati e considerati grazie all’Hta”. (E.M.)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

22 settembre 2016
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