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QS Edizioni - domenica 30 giugno 2024

Lettere al Direttore

La libera professione ‘capro espiatorio’ per le liste d’attesa

di Carlo Palermo e Costantino Troise
immagine 26 giugno - Gentile Direttore,
ora che le luci dell’ultima campagna elettorale si sono spente, e comincia l’iter di conversione del DL “liste di attesa”, è possibile re-intervenire sull’attività libero professionale intramoenia (ALPI) dei Medici dipendenti del SSN, fatta oggetto di attenzione particolare da parte del provvedimento legislativo. A causa, forse, del pregiudizio antico, che considera l’ALPI responsabile, o corresponsabile, delle liste di attesa per l’accesso alle cure pubbliche. Nessuna meraviglia. L’ALPI è stata malvista fin dalla sua istituzione, sia dalla politica di destra che da quella di sinistra, per ragioni spesso sovrapponibili.

I dati della Relazione del Ministero della Salute al Parlamento (2022), riferiti agli anni 2019, 2020 e 2021, mostrano una realtà con ricavi in calo. Si passa da 1,264 miliardi di € del 2010 a 1,152 miliardi del 2019 e 1,087 miliardi nel 2021, corrispondenti a una spesa pro-capite, calcolata sulla popolazione residente, di 21 €/anno per il 2010 e di 18,4 nel 2021. Parallelamente cala anche il numero di medici che la esercitano, arrivato nel 2021 al 38,6% del totale.

L’ALPI è una attività che rappresenta per le aziende sanitarie una apprezzabile fonte di finanziamento in un’epoca di vacche magre, alimentando i flussi di cassa con denaro fresco. La quota incassata dalle aziende è passata da 164 milioni di € nel 2010 a 235 milioni nel 2021 (+ 43%), pagando l’utilizzo di spazi destinati, altrimenti, a rimanere vuoti e contribuendo all’ammortamento degli investimenti con un maggiore utilizzo delle strutture e delle tecnologie, anche con quegli orari prolungati serali che il DL liste di attesa auspica. Cinquanta milioni vanno proprio a progetti di riduzione delle liste di attesa e altri 50 a favore dei medici che non possono svolgere libera professione, come quelli del PS. Dei 665 milioni residui, versati dalle aziende ai professionisti con ritardi che spesso superano i 6 mesi, il socio occulto rappresentato dall’Agenzia delle Entrate incassa, per tassazione Irpef, circa la metà. Ai cittadini l’ALPI permette l'accesso a prestazioni sanitarie sicure e di qualità, garantite dal SSN, a costi calmierati e imposizione fiscale certa.

Quanto al rapporto tra ALPI e attività istituzionale che tanti sospetti alimenta, nel 2020 i ricoveri in regime di libera professione sono stati circa 16.600 a fronte di 6.104.000 in regime ordinario o di day hospital e, nel 2021, 13.908 verso i 4.863.817 istituzionali. Meno dello 0,30% di tutti i ricoveri in strutture pubbliche. Un numero così piccolo può influenzare le importanti attese presenti attualmente nel nostro sistema sanitario, per esempio in tutta la chirurgia di bassa complessità o per l’impianto di protesi in campo ortopedico? Ai primi posti dei DRG più richiesti in regime di LPI troviamo, poi, il parto cesareo (1.656 ricoveri) e il parto per via vaginale (1.199 ricoveri), e riesce arduo comprendere come si possano determinare attese con queste particolari prestazioni.

Sul versante delle attività ambulatoriali, il rapporto tra regime libero professionale e istituzionale è del 7,3 %, per le 34 tipologie oggetto di monitoraggio. In vetta troviamo l’ecografia ginecologica (40%) e la visita ginecologica (30%), evidentemente perché la possibilità per la donna di scegliere un professionista di fiducia porta a preferire il regime libero professionale.

L’attività libero-professionale ha, come si vede, volumi molto lontani da quelli istituzionali e anche dai limiti massimi (100% delle prestazioni istituzionali) indicati dalle leggi e dai contratti e reiterati dal recente DL approvato dal Governo. Cittadinanza attiva (2024) ci dice che a fronte degli ostacoli attuali, solo il 12% dei cittadini sceglie l’ALPI contro il 41% che va nel privato puro e il 7% che rinuncia alle cure.

Il SSN offre i servizi, ma non può garantire la scelta del medico, per ovvi motivi organizzativi. La libera professione permette questa scelta, in una cornice di leggi, contratti, regolamenti e sentenze della Corte costituzionale che rendono l’istituto il più “normato” all’interno della pubblica amministrazione.

Invece di spingere per l’abolizione dell’ALPI, meglio agire sui veri determinanti dei tempi d’attesa, quali il pesante sotto finanziamento del SSN, la carenza di organici, i ritardi organizzativi e tecnologici, che rendono difficile reggere la pressione dei cambiamenti demografici, epidemiologici e sociologici che spingono la domanda di prestazioni sanitarie. Magari utilizzando quanto Stato e Regioni incassano ogni anno dall’ALPI (circa 600 milioni di €) per finanziare un ampio e duraturo programma di incremento delle assunzioni e dell’utilizzo orario degli ambulatori specialistici, delle attrezzature tecnologiche e delle sale operatorie, favorito dalla defiscalizzazione della remunerazione dei professionisti impegnati nelle attività aggiuntive prevista dal DL in conversione al Senato.

Carlo Palermo, Presidente Nazionale Anaao Assomed
Costantino Troise, Responsabile Centro Studi Nazionale Anaao Assomed
26 giugno 2024
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