L’era dei sensori indossabili: dai cerotti registra-ECG e lattati, alla pelle bionica che ‘sente’ i tumori
di Maria Rita Montebelli
E’ una nuova generazione di sensori, talmente sottili e miniaturizzati da poter essere indossati come un cerotto o una seconda pelle e in grado di comunicare autonomamente con un qualsiasi cellulare o computer per trasmettere al medico di riferimento informazioni su una serie di parametri chimici e fisici di un individuo
26 MAG - Si avvicina a grandi passi l’era dei sensori ‘indossabili’ quelli che permettono di monitorare in tempo reale i segnali elettrici e biochimici dell’organismo o di rilevare la presenza di varie malattie, tumori compresi. Ci si lavora in tutto il mondo come dimostrano due recenti ricerche, una americana della
University of California San Diego, l’altra giapponese.
I bioingegneri californiani hanno messo a punto un
device flessibile e indossabile, capace di rilevare segnali elettrici, come l’elettrocardiogramma, e biochimici, come i livelli di lattato. Il mini-
device è pensato per essere ‘indossato’ sulla superficie anteriore del torace, alla base dello sterno, da dove invia le sue rilevazioni in modalità
wireless o
bluetooth ad uno
smartphone o a un computer. Potrà essere utilizzato sia dagli atleti durante gli allenamenti, che dai cardiopatici collegati ‘senza filo’ al loro cardiologo. Questi sensori potrebbero essere ad esempio di grande utilità al mondo della medicina dello sport come strumento per ottimizzare i regimi di allenamento degli atleti, ma potrebbero aprire anche a nuove modalità di prevenzione e di gestione delle cardiopatie
Il cerotto ‘Chem-Phys’ è stato messo a punto da un
team di nanoingegneri e di bioingegneri del
Center for Wearable Sensors di San Diego, che hanno pubblicato i risultati del loro lavoro su
Nature Communications.
“Il nostro
device – spiega
Patrick Mercier della Jacobs
School of Engineering dell’Università di San Diego - è una sorta di
tricoder indossabile che può misurare simultaneamente analisi chimiche e segnali elettrofisiologici ventiquatt’ore al giorno”. La maggior parte dei sensori indossabili attualmente in commercio è in grado di rilevare un unico segnale per volta, come il numero dei passi fatti o il battito cardiaco. Quasi nessuno è in grado di misurare segnali chimici, come i lattati. Un gap questo che il lavoro dei bioingegneri californiani ha cercato di colmare. Il risultato è una specie di cerotto con stampato al centro un sensore per i lattati, circondato da due elettrodi per il rilevamento dell’ECG. Il cerotto è stato testato su tre soggetti sottoposti a 30 minuti di attività fisica intensa su una
cyclette e i risultati ottenuti sono definiti del tutto affidabili. La prossima sfida sarà di aggiungere altri sensori al ‘cerotto’, quali quelli per la misurazione del potassio e del magnesio.
Viene invece dal Giappone una ‘pelle’ bionica (la
e-skin) in grado di ‘sentire’ i tumori. Chi la indossa acquisisce dei super poteri degni di un X-man. L’idea di
Takao Someya, lo scienziato dell’Università di Tokyo che ha messo a punto la
e-skin è quella di dotare i medici del futuro di speciali guanti fatti di pelle bionica in grado di potenziare all’infinito le capacità sensoriali e di sentire ad esempio un nodulo tumorale minuscolo a livello di una mammella, rilevando la differenza di densità rispetto al tessuto sano. La pelle elettronica potrebbe essere indossata come un guanto o altro indumento, ma anche ‘tatuata’ nel corpo o addirittura inserita intorno ad un organo per monitorarne le funzioni ‘da dentro’, come i livelli di ossigenazione durante un intervento chirurgico; oltre a potenziare le capacità diagnostiche dei medici,potrebbe essere indossata dai pazienti per monitorare una serie di parametri.
Le potenzialità della
e-skin sono insomma infinite. Soprattutto da quando i materiali utilizzati sono sempre più flessibili ed estensibili; e ormai si guarda anche a quelli biodegradabili. Gli scienziati giapponesi, scrivono su
Science Advances, di essere riusciti a mettere a punto una
e-skin di ultima generazione super sottile, spessa meno di 2 micrometri (due millesimi di millimetro), alla quale sono stati fatti aderire degli elettrodi trasparenti ITO (
indium tin oxide). Partendo da questi ‘ingredienti’ i giapponesi sono riusciti a realizzare dei LED polimerici spessi tre micrometri (PLED
polymer light-emitting diodes) e dei fotodetettori organici (OPD), sufficientemente sottili da poter essere applicati alla pelle e così flessibili da adattarsi ai movimenti del corpo. Un tecnologia che si presta ad esempio a mostrare ‘in diretta’, grazie alla loro capacità di emettere una radiazione luminosa, i livelli di ossigeno nel sangue o la frequenza cardiaca.
“L’avvento dei cellulari – ricorda Someya – ha rivoluzionato il nostro modo di comunicare. Ma questi strumenti di comunicazione, per quanto sempre più piccoli, restano tuttavia sufficientemente ‘ingombranti’ da dover essere portati con noi. Cosa succederebbe se avessimo a disposizione dei
display in grado di aderire al nostro corpo e magari capaci di mostrare le nostre emozioni, il nostro livello di stress o di disagio? Oltre ad eliminare il ‘fastidio’ di doverci portare dietro il cellulare, questo migliorerebbe le nostre capacità di interazione con le persone che ci circondano e aggiungerebbe nuove dimensioni al modo di comunicare”.
Maria Rita Montebelli
26 maggio 2016
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