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Cancro al seno: assolta la progranulina


Uno studio promosso dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna e realizzato dagli Ospedali Sacco di Milano e Fatebenefratelli di Brescia esclude il coinvolgimento del fattore di crescita nell’insorgenza del tumore del seno.

06 APR - Anche se il 25% delle donne con carcinoma mammario presenta un livello di progranulina inferiore rispetto alla norma, l’analisi genetica effettuata in queste pazienti ha escluso la presenza di alterazioni a carico del gene che codifica questa proteina. Pertanto, a dispetto di quanto precedentemente ipotizzato, questa proteina - che agisce come fattore di crescita ed è coinvolta in diversi processi biologici - con il cancro al seno ha poco da spartire. Almeno fino a ulteriore smentita.È questo il risultato emerso da una ricerca ancora in corso, promossa dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna e realizzata dagli Ospedali Sacco di Milano e Fatebenefratelli di Brescia grazie a un contributo della Regione Lombardia.
Uno degli obiettivi dello studio era proprio comprendere il ruolo che la progranulina svolge nell’insorgenza del tumore del seno. Recenti studi, infatti avevano evidenziato come mutazioni del suo gene fossero responsabili di una malattia neurodegenerativa, la demenza frontotemporale familiare, e sollevato il sospetto che fosse anche coinvolta anche nello sviluppo del tumore al seno.Ipotesi, per ora, smentita dallo studio che a coinvolto duecento donne con tumore del seno (arruolate dall’Ospedale Sacco di Milano) e altrettante con demenza frontotemporale familiare (arruolate dall’Ospedale Fatebenefratelli di Brescia). “Rispetto alla prima fase dello studio iniziata nel 2009 – ha spiega Giuliano Binetti direttore del Laboratorio di Neurobiogenetica dell’Ospedale Fatebenefratelli di Brescia – oggi possiamo vantare risultati su circa 400 pazienti. L’analisi genetica ha escluso la presenza di mutazioni potenzialmente responsabili della riduzione dei livelli di progranulina. Questo valore - ha aggiunto - si affianca anche alla presenza di vari polimorfismi non patogenetici, cioè variazioni e piccole anomalie a livello di DNA: la presenza di queste alterazioni non è tuttavia responsabile del calo di proteina. La frequenza di tali polimorfismi, inoltre, non si discosta da quella presente in pazienti affetti da demenza frontotemporale né da quella osservata nella popolazione controllo. Abbiamo osservato però un maggior arricchimento nella frequenza di entrambi i polimorfismi  tra le pazienti con carcinoma mammario con livelli bassi di progranulina che riportano familiarità per tumore. Risultati conclusivi si avranno solo quando l’analisi di tali polimorfismi sarà estesa all’intero campione arruolato”. 
La ricerca, infatti, ora passa alle sue ultime due fasi: la prima dovrà caratterizzare funzionalmente le mutazioni in progranulina identificate attraverso studi di biologia molecolare e cellulare, allo scopo di identificare meccanismi patogenetici comuni a demenza e cancro. La seconda dovrà studiare il ruolo fisiologico di progranulina nella proliferazione cellulare, evento chiave nella patogenesi sia di cancro che di demenza. Solo al termine sarà possibile confermare con certezza il ruolo di questa proteina.

06 aprile 2011
© Riproduzione riservata

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