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Fibrosi cistica. Cittadini e operatori sanitari per il sì allo screening del portatore sano. Se ne discute all’Irccs Mario Negri


"Fare o non fare lo screening del portatore sano per la fibrosi cistica?". Per  l'87% dei cittadini e il 63% degli operatori sanitari che hanno partecipato all’indagine dell’Istituto  la risposta è favorevole. Domani convegno a Milano in cui saranno presentati i risultati del progetto ‘Fare o non fare lo screening del portatore sano per la fibrosi cistica? La voce dei cittadini e della comunità scientifica’.

17 SET - Sì agli screening del portatore sano per la fibrosi cistica. Questo il risultato di un'indagine dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri che ha coinvolto 900 persone, in maggioranza cittadini ma anche 341 operatori sanitari sull'opportunità o meno di fare lo screening ai portatori sani di fibrosi cistica. L'87% dei cittadini e il 63% degli operatori sanitari  si sono espressi per il si. Prima di questa indagine ne è stata effettuata un'altra utilizzando quelle che l'IRCCS (Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri) ha chiamato le "Giurie dei cittadini", prendendo a campione della popolazione di Verona, Pistoia e Palermo, e la risposta è stata la medesima: si allo screening.

E per approfondire la questione l’Istituto ha organizzato un convegno nella propria sede di Milano domani, 18 settembre dalle ore 10. Nell’occasione saranno anche presentati  i risultati del progetto “Fare o non fare lo screening del portatore sano per la fibrosi cistica? La voce dei cittadini e della comunità scientifica”, finanziato dalla Fondazione per la Ricerca sulla fibrosi cistica - Onlus.

 “Le giurie si sono espresse per il sì, fornendo un documento articolato con le motivazioni”, ha dichiarato Paolo Mosconi, Coordinatore del progetto e capo del Laboratorio di ricerca sul coinvolgimento dei cittadini in sanità del Mario Negri.
 “Lo screening del portatore prevede un esame genetico per individuare, tra gli adulti in età riproduttiva, i portatori sani – ricorda Carlo Castellani, del centro Fibrosi Cistica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona (e partner del progetto) - . Coloro che hanno una sola copia del gene mutato e quindi non sono malati, ma possono trasmettere la malattia a un figlio se anche l'altro genitore è portatore di una mutazione simile”.
“Dati pubblicati – prosegue Castellani - hanno dimostrato che nel Veneto, dove il test dagli anni Novanta è stato attivamente offerto ad ampi segmenti della popolazione generale, il numero di nuovi nati con fibrosi cistica si è gradualmente ridotto fino a livelli più di quattro volte inferiori a quelli misurati in precedenza”.

“In seguito alla pubblicazione di questi dati - spiega Roberto Satolli della società editoriale e giornalistica Zadig, partner del progetto - i cittadini coinvolti sono giunti a deliberare dopo aver ricevuto informazioni chiare ed esaurienti e averne discusso per più di un giorno con gli esperti del settore”.

Sulla consultazione di operatori sanitari e cittadini, Cinzia Colombo, ricercatrice del Laboratorio di ricerca sul coinvolgimento dei cittadini in sanità del Mario Negri, dichiara: “E’ partita all’inizio di febbraio un’indagine che ha visto una partecipazione straordinaria”.

17 settembre 2015
© Riproduzione riservata

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