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Tumori. L’allarme di medici e pazienti: “Più della meta delle strutture è sotto standard per la chirurgia oncologica”. Il punto al congresso Sico


La mortalità post-operatoria diminuisce nelle neoplasie dello stomaco, colon retto e polmone se vengono rispettati i volumi di attività. Ma in Italia poche strutture sono in linea con questi criteri. “Le strutture ad alto rischio devono essere chiuse” chiedono insieme i chirurghi e i pazienti della Favo.

14 SET - Una struttura su due che esegue interventi di tumore fa pochi volumi e al di sotto degli standard. Risultati molto negativi e già evidenziati l’anno scorso nel Piano nazionale Esiti di Agenas. Ma il punto è che nonostante i dati parlino chiaro la situazione non cambia. L’occasione per denunciare questa criticità è stato il il XXXVIII Congresso SICO - Iª Conferenza Internazionale dell’Oncologia Chirurgica, organizzato dalla SICO che si è chiuso sabato a Napoli.
 
“La chirurgia – si legge in una nota - è il caposaldo dell’approccio multidisciplinare ai tumori solidi e, come ampiamente dimostrato dalla letteratura internazionale, è determinante per il successo globale del trattamento i cui risultati sono espressi in termini di morbilità e mortalità. Un’importante valutazione delle criticità in chirurgia oncologica è stata compiuta nell’ambito del Programma Nazionale Esiti di AGENAS - Ministero della Salute. “I risultati sono eclatanti - dichiara il Prof. Alfredo Garofalo, Past President Società Italiana di Chirurgia Oncologica (SICO) - per il colon retto, la mortalità post operatoria a 30 giorni passa dal 15% a meno del 5% quando il volume di attività raggiunge i 50/70 interventi l’anno; per lo stomaco, la mortalità post operatoria a 30 giorni si dimezza passando da più del 20% a meno del 10% quando il volume di attività raggiunge i 20/30 interventi l’anno; per il polmone la mortalità post operatoria a 30 giorni diminuisce decisamente dal 20 a circa il 5% quando il volume di attività raggiunge i 50/70 interventi annui; per la mammella - non potendosi attendere una mortalità operatoria da questo tipo di intervento - le linee guida internazionali dettate da EUSOMA identificano in 150 interventi annui la soglia minima di attività per definire la Breast Unit”.
 
Nel 2013 un Gruppo di Lavoro formato da esperti della SICO, della Federazione italiana della Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) e del Ministero della Salute ha individuato una metodologia rigorosa per stabilire, anche sulla base delle SDO, i volumi minimi teorici di attività per singola patologia oncologica, al di sopra dei quali le sole strutture chirurgiche che ne sono in possesso dovrebbero essere abilitate ad affrontare le patologie in oggetto. I risultati sono sfociati in www.oncoguida.it, il sito realizzato da AIMaC, Ministero della Salute e ISS, che consente a tutti gli utenti di individuare con rigore metodologico e facilità i Centri di Chirurga Oncologica i cui volumi di attività per tipo di neoplasia siano garanzia di prestazioni che garantiscano sicurezza e qualità. A testimonianza della validità del lavoro svolto, il raffronto tra i risultati ottenuti dal Gruppo di Lavoro FAVO – SICO – Ministero della Salute con i dati dell’AGENAS porta a conclusioni analoghe. “Oncoguida – dichiara il Prof. Francesco De Lorenzo, presidente FAVO - è lo strumento informativo per consentire al malato di cancro e ai familiari di scegliere i centri “ad alto volume di attività” che assicurino affidabilità ed adeguato standard assistenziale: più alto è il numero degli interventi eseguiti, maggiore è l’affidabilità del Centro”.
 
Significativi i dati della Campania
- su 98 centri che trattano chirurgicamente il cancro del colon retto, solo 8 superano la soglia di garanzia stabilita (80 casi per anno), mentre ben 25 centri hanno effettuato solamente da 1 a 10 interventi. 
- su 92 centri che trattano chirurgicamente il cancro della mammella, solo 8 superano la soglia (80 casi per anno) e ben 47 (il 51%) hanno effettuato solamente da 1 a 10 interventi 
- su 54 centri che trattano chirurgicamente il cancro del polmone, solo 7 superano la soglia (80 casi per anno) e ben 39 (il 72%) hanno effettuato solamente da 1 a 10 interventi 
- su 42 centri che trattano chirurgicamente il cancro della prostata, solo 6 superano la soglia (80 casi per anno) e 11 (il 26%) hanno effettuato solamente da 1 a 10 interventi 
- su 48 centri che trattano chirurgicamente il cancro del fegato, solo 8 superano la soglia (40 casi per anno) e 24 (il 52%) ne fanno meno di 5 
 
A preoccuparsi però non devono essere solo i cittadini della Campania. Non vi sono infatti sostanziali differenza tra nord e sud. “Ad esempio, con riferimento al trattamento del colon retto – aggiunge il Prof. Garofalo – soltanto in 9 regioni si supera il 20% di centri con un volume di attività uguale o superiore alla soglia minima stabilita (cut off) mentre in altre 9 regioni la percentuale di centri con un volume di attività uguale o superiore al cut off è molto più bassa; ne consegue che nella più favorevole delle ipotesi solo 1 centro su 5 tra quelli che trattano abitualmente il tumore del colon retto ha il volume di attività necessario ad assicurare buoni risultati e comunque il dato si registra solo in metà delle Regioni; dall’11 al 46% dei centri tratta meno di 10 casi per anno”.
 
Il processo di riorganizzazione delle reti ospedaliere, per quanto riguarda l’oncologia chirurgica, non può prescindere dai risultati degli studi AGENAS e FAVO-SICO, considerando i volumi minimi di attività chirurgica come cut off iniziale per individuare i relativi Centri di Riferimento per Patologia e procedere conseguentemente al ridimensionamento dei posti letto e delle risorse. Il problema dell’adeguatezza in chirurgia è cruciale per il buon esito del trattamento terapeutico dei malati di cancro. Il chirurgo oncologo deve essere in grado di esprimere performance adeguate in grado di ottenere i migliori risultati di sopravvivenza registrati in letteratura. 

Un intervento chirurgico non adeguato o una strategia integrata non applicata possono compromettere definitivamente l’esito delle cure, comportando ulteriore utilizzo di risorse con ricadute molto negative anche sulla spesa sanitaria, a causa di malati che andranno inevitabilmente in progressione di malattia, obbligando gli specialisti a tentativi terapeutici disperati o a interventi di salvataggio.
 
“Rispetto alle gravi inadempienze delle regioni a chiudere i centri che non assicurano risultati ottimali ai malati di cancro, con i rischi che ne derivano - conclude De Lorenzo - le associazioni dei pazienti chiedono a tutti coloro che devono affrontare un intervento di chirurgia oncologica di documentarsi attentamente su www.oncoguida.it scegliendo esclusivamente i centri a più alto volume di casi trattati. Ciò potrebbe comportare automaticamente, e anche senza alcun intervento da parte delle Istituzioni, la disattivazione dei centri a maggior rischio”.

14 settembre 2015
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